Welfare

A Giffoni Next Generation il corto dedicato alla Sma

Famiglie Sma e Osservatorio delle Malattie Rare, in collaborazione con Giffoni Innovation Hub hanno presentato il cortometraggio “Hai mai visto un unicorno?”, uno spaccato sulla vita quotidiana di due famiglie che convivono con l'atrofia muscolare spinale, raccontando la disabilità attraverso la prospettiva unica e personale di ognuno. L’intreccio emotivo passa per la preoccupazione e la speranza, senza tralasciare la scienza e il suo impatto sul futuro dei protagonisti

di Redazione

Presentato durante Giffoni Next Generation, rassegna di Giffoni Innovation Hub il cortometraggio “Hai mai visto un unicorno?” prodotto da Famiglie Sma, Osservatorio Malattie Rare (OMaR) e GoGo Frames, con la regia di Antonella Sabatino e Stefano Blasi. Sotto i riflettori su due famiglie che convivono con l’atrofia muscolare spinale (Sma), una patologia genetica rara che indebolisce progressivamente le capacità motorie. Alla proiezione e al dibattito hanno partecipato circa 200 ragazzi, che si sono confrontati con i relatori su diversi temi, tra cui la disabilità e le difficoltà quotidiane da affrontare, il linguaggio corretto per parlarne e l’importanza della scienza, di come questa sia in grado di cambiare radicalmente la storia della malattia e la vita di chi ne è affetto. Il film è stato realizzato con il contributo non condizionante di Novartis Gene Therapies.

I piccoli protagonisti del cortometraggio sono Aurora e Antonio con Sma di tipo 1, la forma più severa della patologia. Il film si divide nel raccontare la loro storia, tra Milano e Bari: Aurora con il padre Antonio, in partenza per un fine settimana padre-figlia sul Lago Maggiore; e Antonio con i genitori Tiziana e Nicola, nella loro quotidianità.
Le storie si intrecciano senza incontrarsi mai, tra visite e fisioterapia, ma anche giostrine, picnic e un momento di relax in riva al lago. Si alternano i sentimenti di preoccupazione, speranza e amore; c’è la presenza di una malattia, ma anche molti momenti di evasione, i giochi che riempiono la vita di ogni bambino. Aspetti che spingono lo spettatore a identificarsi, riflettendo sulle inevitabili diversità e somiglianze di chi convive con la Sma. Coprotagonista silenziosa la scienza, che negli ultimi anni è riuscita a cambiare la storia di una patologia che fino al 2017 non aveva terapie, e oggi può contare su diverse opzioni efficaci. Le voci (e i volti) scientifici che ne parlano sono il dottor Emilio Albamonte e la dottoressa Marika Pane.


Far conoscere al pubblico la Sma, ma anche sensibilizzare su ciò che la disabilità significa nella vita di tutti i giorni e modificarne la percezione nella società, questi gli obiettivi del documentario (in alto il trailer). Dalla difficoltà nel percorrere una strada, anche breve, per i limiti imposti dalle barriere architettoniche, alla necessità di trovare il giusto linguaggio per parlarne Aurora e Antonio – con i genitori – accompagnano lo spettatore in questo mondo, mostrando quali siano i loro limiti, ma anche tutte le straordinarie risorse per superarli e conviverci.
«All’interno della nostra comunità la speranza sta conquistando sempre più terreno rispetto alla paura. Lo dobbiamo alla ricerca, già da qualche anno assistiamo a cambiamenti epocali» afferma Anita Pallara, presidente di Famiglie Sma. «Quello di cui abbiamo bisogno ora è che la stessa energia e positività si rifletta all’interno della nostra società. I nostri problemi sono sì diversi, ma anche simili, a quelli di chiunque altro. Un cortometraggio che ci racconti, e l’opportunità di presentarlo al pubblico di Giffoni, è un passo importante verso questa direzione».

L’atrofia muscolare spinale è una malattia genetica rara che colpisce un neonato ogni 10mila e si stima che in Italia nascano circa 40/50 bambini affetti da Sma ogni anno. A fronte di questa definizione e dei dati, la percezione è che riguardi poche persone. La prospettiva però cambia se guardata attraverso la lente delle malattie rare in generale: nel nostro Paese, i malati rari sono compresi tra 2 e 3.5 milioni, di cui il 70% sono bambini.
«Negli ultimi anni come Osservatorio Malattie Rare abbiamo cercato di cambiare lo storytelling sulla disabilità, fornendo un punto di vista diverso sulle malattie rare. Abbiamo messo al centro le persone, le loro storie, la loro quotidianità», spiega Francesca Gasbarri, Digital and Social Media di Osservatorio Malattie Rare. «Oggi al centro del nostro racconto ci sono due bambini di nome Antonio e Aurora, i sogni e le speranze di due famiglie e i nuovi orizzonti di vita resi possibili dai progressi della scienza».

In particolare, la Sma di tipo 1, di cui sono affetti Aurora e Antonio, è la forma più severa della patologia: prima dell’avvento dei trattamenti terapeutici i bambini non sopravvivevano oltre l’anno e mezzo circa di età, ricorda una nota. I due protagonisti dimostrano quindi gli incredibili passi avanti della ricerca: con una diagnosi eseguita tempestivamente dopo la nascita, è possibile accedere a terapie capaci di modificare il decorso naturale della malattia. Aurora e Antonio hanno avuto accesso alla terapia genica e il loro futuro sarà molto diverso da quanto lo sarebbe stato fino a pochi anni fa.

«La ricerca sulla Sma negli ultimi anni sta cambiando la storia naturale della patologia e per i nostri piccoli, come Antonio e Aurora, significa affrontarla con risorse nuove», afferma Emilio Albamonte, Neuropsichiatra infantile del Centro Clinico NeMO di Milano. «Essere al loro fianco con una presa in carico mirata che li accompagni nella loro crescita è un privilegio. Ed è una ricchezza condividere con le famiglie le paure e le speranze quotidiane, per crescere insieme a loro, come professionista e come uomo!.

Infine, Filippo Giordano, General Manager di Novartis Gene Therapies osserva: «La terapia genica per la Sma è fondamentale per i piccoli pazienti affetti da questa patologia gravissima. Aver avuto l’opportunità di supportare la produzione di ‘Hai mai visto un unicorno?’ e di condividere la storia di Aurora e Antonio, mostrando al pubblico quello che la scienza e la medicina sono in grado di fare, è motivo di grande orgoglio per noi».

In apertura immagine della presentazione del documentario – foto da ufficio stampa

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