Formazione

Panda 4×4, il progetto che unisce Torino al Madagascar

Dalle campagne cuneesi fino a Ivato (Madagascar), per portare agli allievi della scuola professionale “Notre Dame de Clairvaux” un rifornimento di strumenti di lavoro insieme con il messaggio di amicizia dei loro coetanei del Centro di Formazione Professionale “Rebaudengo” di Torino. 6200 chilometri in linea d’aria, attraversando la nostra penisola e il Mediterraneo, scavalcando l’Africa orientale e il Canale del Mozambico, così è nato Panda 4x4”, il progetto di Missioni don Bosco

di Antonio Labanca

Una vecchia Fiat Panda ha compiuto a giugno 2022 il suo viaggio (virtuale) più lungo, dalle campagne cuneesi fino a Ivato (Madagascar), per portare agli allievi della locale scuola professionale “Notre Dame de Clairvaux” un rifornimento di strumenti di lavoro insieme con il messaggio di amicizia dei loro coetanei del Centro di Formazione Professionale “Rebaudengo” di Torino. 6200 chilometri in linea d’aria, attraversando la nostra penisola e il Mediterraneo, scavalcando l’Africa orientale e il Canale del Mozambico, per dare esito all’operazione “Panda 4 mission”.

“È un esempio di economia circolare” commenta don Daniel Antúnez, presidente di Missioni Don Bosco di Torino, l’organismo che ha fatto da tramite fra l’Italia e don Erminio De Santis, salesiano di Borgo Velino in provincia di Rieti, da quarantadue anni missionario a Ivato nel circondario della capitale Antananarivo. L’operazione si è rivelata un prototipo di cooperazione internazionale che ha coinvolto entità molto diverse fra loro per natura e obiettivi, le quali sono riuscite a convergere su un obiettivo comune, certamente raggiunto.

A dare il “la” è stato Francesco Joly, imprenditore appassionato di automobili storiche, tesoriere dell’associazione “Torino Heritage” che ha per finalità la salvaguardia del bello e del buono della cultura automobilistica nella quale la Città della Mole si è distinta nella sua storia. Una “Fiat Panda 4×4”, negli Anni Ottanta icona di un fuoristrada a portata di tutti, giaceva in un cortile contadino dopo aver affrontato strade impervie, inverni gelidi ed estati torride. Joly l’ha prelevata e portata al CFP Rebaudengo proponendo una “sfida” per insegnanti e allievi: farla tornare nuova, operando su una carrozzeria mangiata dal sale sparso per sciogliere il ghiaccio e su un motore da rifare in molte parti per via dell’usura. Dopo si sarebbe potuto proporla ai collezionisti di auto storiche.

Il direttore del Centro di formazione salesiano, Fabrizio Berta, ha percepito le potenzialità di questa sfida: affrontare con i ragazzi un caso concreto di restauro sia nel reparto di carrozzeria sia in quello di meccanica. “Anziché montare e smontare un motore funzionante o le parti di un veicolo standard, affrontare la rimessa in funzione di un’auto abbandonata” ha spiegato Mauro Teruggi, il nuovo direttore al Rebaudengo subentrato in corso di restauro; e, da analista degli sbocchi occupazionali, ha aggiunto: “c’è un filone in fase di sviluppo nel settore automotive che è proprio quello della manutenzione di veicoli storici e da collezione”.

Fin qui un insolito ma ammissibile programma di formazione per una scuola professionale che ancor prima che finiscano i corsi riceve dall’industria e dagli artigiani richieste di segnalazioni di operatori specializzati. A far compiere un salto in avanti del progetto “Panda 4×4” l’interpretazione del numero “4” all’inglese: “per”. L’istituto Rebaudengo nacque nel 1930 con una esplicita finalità missionaria: preparare i salesiani che sarebbero andati nel mondo, a portare con sé una professione manuale da mettere in campo per autosostenersi e per generare capacità tecniche fra i ragazzi nei Paesi che chiedevano di svilupparsi nei settori dell’agricoltura e dell’artigianato. Il responsabile dell’Istituto, don Luca Barone, ha congiunto i fili e proposto che il restauro e la cessione dell’auto venissero finalizzati al sostegno di una analoga scuola professionale. È bastato scorrere i progetti che Missioni Don Bosco sostiene per individuare il partner giusto: il Centro Notre Dame di Clairvaux.


Con entusiasmo crescente, è stato coinvolto anche Giorgetto Giugiaro, il designer della Panda. A lui la scelta della selleria fra le proposte che hanno fatto gli allievi del Rebaudengo, con l’autorizzazione a usare la sua firma sul cruscotto: una preziosità in più per questo restauro “doc”, per il quale la Pirelli ha riesumato gli stampi e fornito gli pneumatici tassellati del modello originale. A mettere la ciliegina sulla torta una coincidenza: il veicolo fu immatricolato nel 1988, anno del centenario della morte di san Giovanni Bosco. Non c’era più motivo per non osare il salto successivo, quello di vendere la “Panda 4 mission” al miglior offerente fra i cultori di auto d’epoca.

A questo punto è entrata in campo la casa d’aste Bolaffi, una vera istituzione a Torino per la valorizzazione del collezionismo di alto livello, che ha accolto con curiosità – mantenendo lo sguardo professionale – l’intera operazione. Alla fine di un percorso di informazione reciproca sui diversi passaggi del progetto e delle regole da rispettare, il 10 giugno si è svolta l’asta che ha fatto staccare, a chi si è aggiudicato il lotto, un assegno da 13.250 euro già trasmessi alla missione.

Don Erminio può così acquistare oggi i macchinari aggiornati, le attrezzature mancanti e i materiali di consumo per l’officina dove si insegna meccanica. Al “Centre Notre Dame de Clairvaux” ci sono anche altre specializzazioni, come quella di muratore, che con sentono ai circa 200 giovani che escono dai percorsi formativi di trovare facilmente lavoro in un Paese che sta subendo il fuoco incrociato di un impoverimento generalizzato e di un avanzamento della desertificazione.

La tecnologia dell’automobile è andata molto avanti, “ma qui anche una Panda sarebbe per noi un mezzo attualissimo” ha commentato con un po’ di umorismo il missionario in un video-messaggio trasmesso al CFP di Torino il giorno in cui gli allievi hanno presentato il risultato del loro lavoro.

Il valore di questa operazione, che non è “aggiunto” ma ne è parte costituente, è stata la sensibilizzazione dei giovani allievi che hanno partecipato direttamente e indirettamente ad essa. Sono stati coinvolti passo passo non solo sul piano operativo ma anche su quello della comunicazione: hanno condiviso con gli insegnanti la programmazione e l’esecuzione degli interventi, ma hanno anche presentato in prima persona le fasi e il risultato del restauro, sempre considerandosi esponenti dell’intero corpo scolastico. Una decina di loro poi è stata presente all’anteprima dell’asta, godendo della presenza a sorpresa di Giugiaro dal quale hanno ascoltato alcuni aneddoti dell’origine della Panda e colto l’importanza delle capacità lavorative da essi acquisite al CFP. In più, come ha sottolineato don Antúnez, essi sono stati protagonisti di una apertura verso il mondo: “hanno trasceso la frontiera dei muri della loro scuola per essere attenti alla condizione dei loro coetanei, che hanno avuto in sorte di nascere in un Paese povero di mezzi materiali”. Di fatto è nato un gemellaggio fra i Centri di Torino e di Ivato che ha generato un primo appuntamento via Web a settembre, alla ripresa dei corsi di formazione.

*Antonio Labanca, ufficio stampa Missioni don Bosco

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