Politica
Draghi, governo in bilico
Dopo che i ministri grillini avevano guidato l'Aventino pentastellato, coi senatori che non avevano votato la fiducia al Decreto Aiuti, il premier Mario Draghi era salito al Quirinale per dimettersi. Il Capo dello Stato lo ha invitato a presentarsi alla Camera, il prossimo mercoledì. Un commento da La Versione di Banfi
Crisi di nervi, oltre che di governo. L’esecutivo ha ricevuto la fiducia in Senato ma i 5 Stelle non hanno partecipato al voto.
Mario Draghi è salito al Quirinale e ha dato le dimissioni, non presentandole come gesto simbolico ma sostanziale. Sergio Mattarella le ha respinte invitando il premier a rifletterci ancora e lo ha rinviato alle Camere. Una giornata convulsa e drammatica che è finita con una “parlamentarizzazione” della crisi. L’ultima notizia della giornata è stata che Draghi parlerà mercoledì e spiegherà la sua decisione. Ci sarà un dibattito. Insomma la cosidetta “verifica di governo” avverrà nelle Aule. Difficile dire che cosa accadrà adesso. Certamente Sergio Mattarella ha messo il Parlamento di fronte alle sue responsabilità. Una maggioranza si è espressa, una fiducia c’è, anche se i componenti della coalizione sono cambiati. Non pare che la questione sia legata alla persona di Mario Draghi. Anzi.
A sentire il Pd, i partiti della maggioranza hanno cinque giorni per convincere il premier a restare. Altre ipotesi di altri esecutivi non ci sono. E tuttavia la maggioranza dei protagonisti (Giorgia Meloni in primis) e dei commentatori pensa che sia meglio andare a votare subito, invece che trascinarsi con lo stesso governo. In autunno si voterebbe prima di un inverno che già si annuncia segnato dallo scontento e dall’instabilità sociale.
Leader politici e commentatori si dividono dunque fra quelli che vorrebbero salvare l’esperienza di governo guidata da Mario Draghi e quelli che invece spingono per elezioni politiche anticipate da tenersi il prima possibile (il 25 settembre?). I mercati, ma non ci voleva un indovino per prevederlo, si sono subito schierati per la riconferma. E Dmitrij Medvedev da Mosca si è incaricato ancora una volta di fare il gioco sporco per il Cremlino celebrando la caduta di un altro premier occidentale. Ha ragione Avvenire: sembra il teatro dell’assurdo del grande Eugène Ionesco. Deprime pensare che il regista sia stato Giuseppe Conte.
Interessante il commento di Massimo Cacciari, secondo il quale Draghi deve restare.
(…)
Intervista di Andrea Malaguti per La Stampa a Cacciari, che dice: “Senza un governo europeista, l'Italia va in default. Persino i Cinque Stelle hanno già capito l'idiozia di cui sono stati capaci”.
«Professor Cacciari, Mario Draghi si è dimesso.
«Non me l'aspettavo. Ma di una cosa sono certo: a votare non andiamo. È pacifico».
Mi sfugge.
«Ma come fa Mattarella ad accettare il voto in queste condizioni? Non sono chiare le scadenze che ci attendono a ottobre e a novembre? Non è chiara la situazione drammatica nella quale stiamo vivendo?».
Dunque Draghi bara?
«No. Ma intanto Mattarella lo ha rimandato alle Camere. La maggioranza parlamentare c'è tutta. Ieri Draghi ha ottenuto la fiducia. Persino i 5 Stelle, che prima gettano il sasso e poi tirano indietro la mano arrampicandosi su mille specchi e specchietti, sono tornati sui loro passi, dimostrando ampiamente di avere capito l'idiozia di cui sono stati capaci».
Magari, semplicemente, Draghi non ne può più di questa fanghiglia ricattatoria?
«Dice, e mi scuso per il francesismo, che si è rotto i coglioni? Può essere. Oppure può essere che voglia un chiarimento definitivo».
Sarebbe il minimo sindacale.
«Certo che lo sarebbe. Ma allora lo dica. Dica che nel suo governo c'è un clima di sfiducia e di contraddizioni che non sono più tollerabili. Dica che così è impossibile affrontare la tormenta che ci aspetta in autunno, che è meglio votare prima. Provi a comunicare qualcosa che sia comprensibile per i cittadini. L'impressione è che proprio non gli passi per la mente».
Perché il premier dovrebbe restare?
«Non dico che questo governo sia la panacea per tutti i mali, ma almeno ha un leader con una credibilità internazionale decisamente forte e questa è l'unica cosa che ci può salvare da una crisi che pesa sull'Italia più che su qualunque altro Paese europeo. Siamo nelle mani di Mattarella. Se Draghi resta avrà una maggioranza piegata a ogni suo desiderio. Se si è stufato deve avere pronto un altro nome».
Da La Versione di Banfi, rassegna online.
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