Economia

Le dieci professioni più richieste dalla Pubblica Amministrazione

È l’assistente sociale la professione più ricercate dalle Pubbliche Amministrazioni, seguita dall'esperto in progettazione europea e dall'addetto alla produzione e gestione di contenuti web. Lo dice una ricerca inserita dal Cnel nella sua annuale Relazione al Parlamento sulla qualità dei servizi offerti dalle PA

di Redazione

C’è l’assistente sociale in cima alle professioni più ricercate dalle Pubbliche Amministrazioni, secondo gli amministratori pubblici. La classifica delle professioni più necessarie oggi nei Comuni, negli enti locali e nelle Pubbliche Amministrazioni è stata stilata all’interno della “Relazione 2020 al Parlamento e al Governo sui livelli e la qualità dei servizi offerti dalle Pubbliche Amministrazioni centrali e locali alle imprese e ai cittadini”, presentata ieri dal CNEL.

I dieci profili professionali più richiesti sono questi: assistente sociale (85%), esperto in fondi europei e progettazione europea (79%), addetto alla produzione e gestione di contenuti web (59%), ingegnere progettista (58%), addetto alla gestione delle risorse umane (54%), responsabile della gestione documentale, della conservazione e del protocollo informatico (52%), agente di polizia locale (46%), esperto di sviluppo delle imprese e dei settori produttivi (45%), istrutture amministrativo-contabile (44%) e esperto di appalti digitali (44%). Se allarghiamo lo sguardo alle prime 20 professionalità ricercate, vediamo chiaramente emergere alcune aree precise di sviluppo: l’area della transizione digitale con i profili di addetto alla produzione e gestione di contenuti web (59%), responsabile della gestione documentale e del protocollo informatico (52%), esperto appalti digitali (44%), esperto in gestione e sviluppo sistemi informatici (39%), responsabile della transizione digitale (36%). Una seconda area è quella relativa allo sviluppo sistemico dell’economia locale, con profili quali: esperto in promozione e sviluppo delle imprese industriali, dei settori produttivi, del commercio, dell’artigianato, delle attività finanziarie, dei servizi e delle libere professioni (45%), esperto SUAP – sportello unico attività produttive (39%), esperto in formazione e aggiornamento sul lavoro (42%) ed esperto in marketing della cultura e del territorio (41%). Permane anche un’area tradizionale per coprire i vuoti e le carenze che si sono create in questi anni per profili quali quello di agente di polizia locale (46%), istruttore amministrativo-contabile (44%), architetto (38%), istruttore tecnico (38%).

«Questo corposo lavoro di analisi dice qual è la priorità per le amministrazioni e indica la nostra figura professionale tra quelle protagoniste della ripartenza del Paese. Veniamo prima degli esperti nei fondi europei, prima dei gestori di contenuti web, prima degli ingegneri progettisti…», commenta il presidente del Cnoas, Gianmario Gazzi. «L'avvio di percorsi di strutturazione del servizio sociale professionale previsto dalla legge di Bilancio deve essere quindi accelerato e deve aiutare quei territori, specialmente del Sud, che ancora sono lontani dal livello essenziale previsto per legge».

Più forza ai servizi sociali territoriali

I territori e gli enti locali sono i luoghi nei quali si gioca la partita per il miglioramento concreto della qualità della vita delle persone, attraverso politiche innovative e sostenibili sotto il profilo ambientale, economico e sociale. Molti enti locali hanno già intrapreso interessanti percorsi di innovazione sociale, basati su nuove modalità di governance degli attori sociali territoriali e sull’attivazione e valorizzazione delle risorse disponibili sui territori. Le richieste di professionalità che emergono dalla ricerca sembrano rafforzare questa tendenza e operare in una direzione di welfare comunitario, con l’intento di affermare un sistema integrato di interventi e servizi sociali, all’interno di una rete interconnessa tra soggetti pubblici, privati e reti informali. Gli ambiti in cui le amministrazioni avverto il maggior bisogno di rafforzamenti professionali, nell’area dei servizi socio-sanitari sono molteplici. Dal punto di vista delle professionalità, in vetta alla classifica troviamo gli assistenti sociali (85%), seguiti dagli operatori socio-assistenziali (37%), dagli specialisti nell’educazione e nella formazione di soggetti diversamente abili (26%), dagli esperti nello studio, nella gestione e nel controllo dei fenomeni sociali (26%) e dai tecnici del reinserimento e dell’integrazione sociale (15%).

Le amministrazioni locali vedono la necessità di investire nei servizi sociali territoriali (59%), in quelli per anziani (56%), su famiglie (56%), minori (56%), disabilità (44%), sostegno del reddito (41%). In modo particolare c’è l’esigenza di intervenire sulla violenza sulle donne, anche a fronte della crescita delle violenze avvenuta nel periodo del Covid (oltre 49mila le donne nel 2020 hanno cercato aiuto a causa di violenze subite, il 13,6% in più rispetto al 2017): le amministrazioni locali stanno cercando di creare nuovi servizi a sostegno delle donne e nuove professionalità in grado di affrontare l’emergenza della violenza di genere (37%). Ulteriori servizi che i comuni intendono potenziare sono quelli per l’immigrazione (26%), per la sanità (19%) e la casa (19%).

Best practices, un segnale positivo

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l’ANCI, con il supporto della Banca Mondiale, attraverso una rilevazione aperta a tutti i Comuni, hanno voluto raccogliere esperienze e buone prassi avviate dai Comuni, in maniera spontanea, per dare risposta all’emergenza sociale che ha seguito quella sanitaria. L’8 maggio 2020 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha inviato una Lettera agli Ambiti territoriali e ai servizi sociali dei Comuni. Sono state realizzate nuove forme di vicinanza alle persone, alle famiglie, in alcuni casi coinvolgendo attivamente la comunità locale. L’87% delle attività descritte (pari a 433 su 495) si concentri in 7 tipologie di servizi ed interventi:

• consegna pasti, farmaci e beni di prima necessità (il 23% pari a 115);

• ascolto, counselling e supporto psicologico (il 22% pari a 108);

• sostegno educativo e altre attività educative (il 13% pari a 65);

• buoni spesa (il 10% pari a 50)

• assistenza domiciliare (9% pari a 44);

• segretariato sociale telefonico/servizi informativi (il 7% pari 36);

• erogazione di contributi economici (3% pari a 15);

• il restante 12% (pari a 62 pratiche) afferisce a servizi di diversa natura.

Seppur il campione delle pratiche volontariamente segnalate non sia rappresentativo della totalità dei servizi attivati, si nota una “risposta” del servizio sociale coerente con la “domanda” di bisogno della popolazione durante la prima emergenza, tra gli altri il bisogno di compagnia e supporto psicologico: chi ha attivato ex novo servizi di ascolto, counselling e supporto psicologico, lo ha fatto a seguito di segnalazioni da parte di altri attori facenti parte della rete territoriale come accaduto nel Distretto sanitario di Fano, nelle Marche, che ha attivato un servizio telefonico di sostegno psicologico per le persone anziane senza una rete parentale «a seguito delle segnalazioni dei volontari della Protezione Civile che, portando loro cibo e medicine, hanno avuto modo di ascoltare il loro bisogno di vicinanza per contrastare sentimenti di solitudine e di paura». L’attivarsi per dare vicinanza e fare compagnia, per offrire informazioni, supporto e indirizzare verso servizi adeguati in risposta alle necessità personali, da parte dei servizi sociali, ne confermano così il ruolo primario di sentinelle del territorio, dei bisogni individuali e familiari e di accompagnamento della persona, che si è rivelato ancor più importante nel periodo. Nel caso di rafforzamento di servizi pre-esistenti, c’è stato un allargamento rispetto all’utenza, a favore di nuovi nuclei familiari non seguiti precedentemente o a favore di categorie specifiche, come anziani e disabili.

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