Economia

XFarm, l’azienda agricola ecologica e sociale che fa onore al Salento

Cinquanta ettari di terreni sottratti alle mafie locali, affidati alla cooperativa sociale “Qualcosa di Diverso”. Tanti progetti che generano lavoro, benessere per la comunità e miglioramento dell’ecosistema. Con l'Orto Comune, i sostenitori partecipano alla pianificazione delle colture e coprono le spese di investimento e gestione della produzione attraverso il pre-acquisto del raccolto stagionale

di Luigi Alfonso

Trasformare le terre confiscate alla criminalità organizzata in un’impresa agroecologica e sociale. È l’obiettivo di “XFarm Agricoltura prossima”, la realtà che opera a San Vito dei Normanni, in provincia di Brindisi. Siamo nel cuore della Puglia, dove un gruppo di giovani lavora con dedizione e competenza 50 ettari di terreni sottratti dallo Stato alle mafie locali. Per intenderci, parliamo di una superficie che potrebbe ospitare 70 campi di calcio.

«Stiamo trasformando tutto questo in un’azienda agricola “manifesto” ecologica e sociale, capace di generare lavoro, benessere per la comunità e miglioramento dell’ecosistema», spiega Marco Notarnicola, presidente della cooperativa sociale “Qualcosa di Diverso”. «Rigeneriamo il suolo, nutriamo correttamente le piante, promuoviamo l’economia circolare, aumentiamo la biodiversità, offriamo prodotti agricoli di qualità, favoriamo inserimenti socio-lavorativi, gestiamo un orto comune, organizziamo eventi comunitari, sosteniamo la formazione tecnica e la ricerca scientifica, accompagniamo progetti agricoli promossi da giovani del nostro territorio. In tanti e tante stiamo costruendo un originale hub rurale che vuole contribuire allo sviluppo locale dell’Alto Salento».

All’interno dell’esperienza di XFarm, collaborano stabilmente 15 persone (che diventano 25-30 durante l’impegnativa raccolta dell’uva e delle olive) le quali si occupano di gestire e coltivare i terreni ma anche dell’amministrazione, della comunicazione, dello sviluppo e della ricerca. L’età media dei collaboratori è di 35 anni: sette di loro sono donne e sei di origine straniera.

«Siamo una cooperativa aperta e multiculturale al centro del Mediterraneo», sottolinea Roberto Covolo, socio fondatore della cooperativa. «Viviamo in provincia, lavoriamo per questa comunità ma siamo allergici ad ogni provincialismo. Siamo contro ogni razzismo, avversi al sovranismo, nemici dei respingimenti. Non ci importa da dove veniamo, ma dove vogliamo andare insieme. La nostra patria è il mondo intero».

In queste settimane è in avvio il progetto “Orto Comune”, un’evoluzione dell’esperienza dell’orto solidale nato durante la prima fase della pandemia Covid e gestito da un gruppo di volontari. Questa nuova idea, che affianca la produzione di olio e di uva, è nata dalla spinta alla creazione di lavoro e di incremento del reddito in agricoltura, sollecitata da alcuni soci della cooperativa. Il modello è semplice e già testato in altri territori, ma innovativo per questo contesto: si chiama Community Supported Agricolture e si sta diffondendo in tutta l’Italia, dalla storica esperienza di Arvaia (Bologna) alla CSA Veneto. Tutte queste esperienze hanno in comune un principio di base: i soci contribuiscono a finanziare la stagione agricola, partecipano alle scelte e dividono tra loro i prodotti dell’orto. In sostanza, le CSA sono un dispositivo di mutuo impegno tra gli agricoltori e una comunità di sostenitori per creare un collegamento diretto – e un reciproco vantaggio – tra produttori e consumatori di cibo.

Nei terreni di XFARM confiscati a San Vito dei Normanni, i primi 3.000 metri quadri al momento hanno come obiettivo il coinvolgimento di due agricoltori e 20 famiglie per la stagione primaverile-estiva 2021. I sostenitori dell’Orto Comune partecipano alla pianificazione delle colture e coprono le spese di investimento e gestione della produzione attraverso il pre-acquisto del raccolto stagionale, con un sistema di abbonamenti. In cambio gli agricoltori di XFARM garantiscono la fornitura periodica e regolare di ortaggi biologici, freschi e sani, la consegna dei prodotti e l’organizzazione di momenti sociali aperti a tutti.

Dopo il sequestro del 2004, le terre e le colture sono state abbandonate per anni. Soltanto nel 2015 i terreni sono stati consegnati al Comune di San Vito dei Normanni, che ne ha messo a bando la gestione nel 2017. In località Montemadre c’è un grande uliveto, suddiviso in due impianti (uno tradizionale e uno intensivo). A Paretone Piccolo ci sono un altro oliveto di 12 ettari e un vigneto di 10 ettari, coltivato a Lambrusco.

«Abbiamo in cantiere tanti progetti che ci permetteranno di trasformare questa azienda in un grande Parco Agricolo Pubblico», annuncia il presidente Notarnicola. «Tra questi un laboratorio di trasformazione agroalimentare in rete con gli agricoltori del territorio e un’agroforesta in grado di restituire diversità biologica, produttiva e sociale ai terreni impoveriti e a rischio desertificazione di questo territorio. Una volta che avremo sperimentato e capito cosa può funzionare, proveremo ad esportare il modello su tutto il territorio circostante, cercando di ricostruire un ecosistema biodiverso e flessibile a differenza del sistema monocolturale all’interno del quale siamo immersi».

C’è tanto da fare, ma non è da meno l’energia sprigionata da questo team composto principalmente da giovani pugliesi: un gruppo che ha scoperto prima di altri coetanei italiani una nuova modalità di vivere e lavorare negli anni Venti. In tempi di crisi economica e sociale, c’è da scommettere che questo buon esempio costituirà uno stimolo per tanti altri giovani.

Credits: foto Martina Leo

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