Cultura

Pistoletto: «La Venere degli Stracci bruciata dice che la vita è sempre in mezzo alla vita degli altri»

L'artista commenta l'incendio che all'alba, a Napoli, ha distrutto la sua opera. «D'altronde era un'opera pensata come "indifesa". Alla base c'era quella fiducia negli altri che ciascuno di noi ha quando esce per strada, quando mettiamo la nostra vita in mezzo alla vita degli altri. Se i napoletani mi aiutano, si può rifare», dice Michelangelo Pistoletto

di Sara De Carli

Una Venere volutamente non protetta, indifesa. Un’opera che «era quasi una vita in mezzo alla vita degli altri». Non se lo aspettava, ma «il rischio c’era». Michelangelo Pistoletto, nato sotto il Monte Rosa nel 1933, da genitori artisti che decisero di chiamarlo Michelangelo come il grande pittore della Cappella Sistina, non nasconde una certa emozione dinanzi al rogo – verosimilmente doloso – che questa mattina all’alba a Napoli ha distrutto la sua Venere degli Stracci. Un’opera installata in piazza Municipio e inaugurata solo pochi giorni fa, il 28 giugno. Alta circa dieci metri, più grande delle quattro versioni originali di Pistoletto del 1967 (sono conservate al Museo Madre di Napoli, alla Fondazione Pistoletto, alla Tate Gallery e al Castello di Tivoli), la Venere degli Stracci aveva assunto dimensioni crescenti proprio per raccontare «l’aumento delle miserie del mondo, simboleggiate dagli stracci».

Cosa ha pensato nel cuore quando ha saputo dell’incendio, verosimilmente doloso?

Io sono molto razionale, ma non nascondo una certa emozione. Non mi aspettavo che accadesse. Però l’opera non era stata realizzata per esser protetta e difesa, l’opera era stata realizzata con molta fiducia verso il prossimo, quella stessa fiducia negli altri che ha una persona – ciascuno di noi – quando esce per strada, quando mettiamo la nostra vita in mezzo alla vita degli altri. Anche quest’opera era quasi una vita in mezzo alla vita degli altri.

Cosa rappresentava l’istallazione, in queste dimensioni più grandi di altre volte?

La Venere è qualcosa che portiamo dentro tutti, è l’idea stessa della bellezza. Da Venere viene la parola venerare, venerabilità, c’è dentro un senso religioso. La Venere raccoglie le miserie del mondo: gli stracci rappresentano l’invasione dei rifiuti della società consumistica, rifiuti che stanno invadendo il mondo. Non parlo solo di vestiti ma della plastica, dei fumi, della Co2… siamo sul dirupo, in prossimità di una caduta verticale… Gli stracci sono questo. Ma in fondo, mi viene da pensare oggi, rappresentano anche le persone che danno fato fuoco all’opera, che distruggendola ne fanno parte. Negli stracci c'è anche la loro incapacità di uscire dalla propria sofferenza, attraverso il rapporto umano, il dialogo, l’incontro. Negli stracci c’è tutta la violenza del mondo, che esiste e che continuerà ad esistere. È il male che brucia se stesso e insieme brucia la bellezza e quindi diventa autolesionista. La Venere è lì per raccontare a tutti cosa dobbiamo fare: trovare un equilibrio.

Perché distruggere un’opera d’arte? La bellezza non parla (ancora) a tutti?

È un peccato che l’arte sia rimasta così lontana dalla gente, in una dimensione di “osservazione a distanza”. L’arte invece, come capacità di creare e di assumersi una responsabilità creativa, è una salvezza per tutti. L’arte deve esser partecipata e credo che questa Venere abbia saputo parlare alle persone, si sia avvicinata tantissimo alle persone. Proprio per questo ha suscitato reazioni.

Che succederà ora? Il sindaco Gaetano Manfredi ha parlato di una raccolta fondi per ricostruire l’opera.

Se i napoletani, che hanno dimostrato grande interesse per questo lavoro, mi aiutano, la possiamo rifare. Ci sono mille modi per aiutre, per esempio anche portando i loro vecchi abiti.


Foto di apertura, agenzia Sintesi. Per la foto dell'istallazione si ringrazia l'ufficio stampa della Fondazione Pistoletto


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