Cultura

Ti voglio bene Eugenio: prime reazioni

A Foggia una proiezione organizzata dall'Associazione per l'integrazione dei disabili. Parla il presidente

di Mara Mundi

«Mi auguro che questo film contribuisca a modificare l?atteggiamento nei confronti delle persone affette dalla sindrome di down». Sul grande schermo, nella sala ?Falso Movimento? di Foggia, scorrono ancora i titoli di coda di ?Ti voglio bene Eugenio?, l?ultimo lavoro di Francisco José Fernandez, girato interamente nella città pugliese. La gente in platea applaude, un vivace brusìo, i primi commenti. Costanzo Mastrangelo, responsabile dell?Assori, l?associazione foggiana per l?integrazione dei disabili, sceglie con cura le parole giuste: ringrazia, si complimenta, batte di nuovo le mani. Marco, suo figlio down, è un bravo pittore: diverse le mostre che ha allestito con successo. Anche Giancarlo Giannini interpreta il ruolo di un down adulto, con la voglia di vivere, la propria indipendenza, il desiderio di donare agli altri il suo tempo, le sue energie, il coraggio dei suoi giorni, in apparenza tutti uguali. Un personaggio vincente, che, a dispetto della sua malattia, saprà sempre insegnare agli altri: all?amica di un tempo, Giuliana De Sio, amata in silenzio vent?anni prima e poi di colpo ritrovata; alla figlia di lei, coinvolta in un brutto incidente stradale con il fidanzato drogato; alle parole di desolazione che raccontano una brutta storia di incesto; alla signora indecisa se far nascere o no quel bimbo down che porta in grembo. Down, come il secondo genito del regista, un ragazzino di dodici anni. «Crescendo con lui, ho avuto la conferma di quello che in fondo già sapevo: dietro alle difficoltà di imparare, di esprimersi, di parlare, di camminare, di vivere insomma, e al di là dei grandi occhi a mandorla, dietro il cuore malato e nel mezzo di un modo di fare, a volte assai strano, c?era una grandissima, assoluta normalità. Normalità di desideri: crescere, conoscere, fare amicizia, amare ed essere amati» sottolinea Fernandez. «Quella normalità che mio figlio, ed ogni persona down, ha ricevuto alla nascita e continuerà ad avere per tutta la vita». Insomma, tra situazioni reali e finzione, storie che s?intrecciano, esperienze vissute ed immaginate che si somigliano. Le storie di chi ha voglia di combattere finiscono nel mondo della celluloide.


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