Welfare

Ruggiero e Borrelli Per la sinistra i soliti destri

Due uomini simbolo del potere liberale sono diventate bandiere. Per una opposizione davvero senza idee

di Ettore Colombo

Timeo Danaos et dona ferentes, diceva Catone, uno che Francesco Saverio Borrelli, al confronto, verrebbe considerato una sorta d?imboscato. Mi fanno paura, i Greci, anche quando arrivano carichi di regali. Identico concetto esprimeva Orazio: noi romani abbiamo conquistato la Grecia, la quale, però, a sua volta c?ha fregato. Con l?arte, la filosofia, la classe. La sinistra italiana soffre, da tempo, della stessa sindrome. Per liberarsi del complesso d?essere rozza, proletaria, cafona (in una parola ?comunista?) decise, tempo fa, d?entrare nel salotto buono. E di farlo dalla porta principale. Il posto, a tavola, è stato aggiunto. Ma la cena com?era? Modesta, a volte immangiabile. Renato Ruggiero, uno che i contestatori no global, quando era direttore generale del Wto, gli tiravano torte in faccia in quanto «lacché del capitale» (più che altro, trattasi di liberista thatcheriano e reaganiano convinto e mai pentito), è diventato l?ultima bandiera da issare, piazze comprese, in nome dell?Europa. «Morire per Ruggiero» è il nuovo, entusiasmante, slogan dell?Ulivo. Altro che Dini, quella ?faccia da rospo?, che pure al centrosinistra portò in dote il ribaltone. Vuoi mettere con Renato? Poi, che il raffinato ed elegante signore in questione sia ?uomo di Agnelli? non solo non spaventa nessuno, ma anzi rafforza il tifo. Cavoli, il senatore a vita, ?il Migliore?. C?ha fatto perdere le elezioni sostenendo Berlusconi e dicendo all?Europa medesima «l?Italia non è mica una repubblica delle banane». Ora è pronto a farcele ri-vincere, dicendo che la stessa Italia di sei mesi fa è diventata «la repubblica dei Fichi d?India». Evviva. D?altronde, di cosa stupirsi se l?Unità, quotidiano fondato da Antonio Gramsci, uno che le fabbriche della Fiat aveva il cattivo gusto di cercare di occuparle, dopo aver visto passare D?Alema e i suoi origami, Veltroni e le sue figurine, oggi è diretto dall?austero ed elegantissimo (nonché uomo Fiat negli Usa) Furio Colombo? Il giornale dei Ds ha non a caso deciso di lanciare una campagna di stampa per ?festeggiare? il 17 febbraio del 1992. Presa della Bastiglia? No, quella cade di 14 luglio. 25 aprile, Primo Maggio? Neppure. Trattasi dell?unica, vera (e accettabile) ?rivoluzione? che questi teorici di un pensiero debole, forse, ma unico e globale, conoscono, quella di Mani Pulite e Tangentopoli. Trattasi del giorno di Mario Chiesa. Parteciperanno, a celebrare con entusiasmo il lieto evento, i settimanali Diario e Avvenimenti, il mensile Micromega e la società civile che rantola, a volte, ma non muore mai. Soprattutto sulle prime pagine dei giornali. I promotori cercano l?appoggio dell?Ulivo, ma il loro azionista di riferimento, i Ds, come ogni buon re Travicello che si rispetti, tentenna, tergiversa. Fassino (e D?Alema, e Amato…) storcono il naso, vorrebbero il dialogo, la politica bipartisan, le riforme istituzionali. La maggioranza di governo di certo non li aiuta, nonostante i rimbrotti di Ferrara. Rutelli, Castagnetti e Di Pietro, invece, non vedono l?ora di scendere in piazza, come ai bei tempi, a fianco dei giudici e della Fiat, i nuovi alleati delle classi popolari. Borrelli, del resto, ha suonato la tromba: «Resistere, resistere, resistere». Persino i quotidiani ?comunisti? Liberazione e il manifesto non sono rimasti insensibili al grido di dolore. E Bertinotti? Ruggiero lo attacca, certo, ma Borrelli no, come si fa? Mancano solo i sindacati e i no global, dunque, per marciare, ché gli altri ci sono tutti. «Maestà, vi porto l?Italia di Vittorio Veneto», disse il generale Diaz al re soldato (lo stesso che aprì la strada al fascismo, col placet della Fiat). Eccola ?l?Italia del Piave?, versione Procura di Milano: una santa allenza tra le forze sane del Paese, un nuovo ?patto tra produttori?. Che poi gli industriali siano gli stessi lor signori che le crisi economiche le hanno fatte sempre pagare ai lavoratori e i giudici siano gli stessi che, negli anni 70, s?inventavano ?i teoremi? e mandavano in galera ?i compagni?, poco importa. L?acqua, sotto i ponti, è passata. Oggi, gli operai non esistono più e i padroncini del Nordest, come dice Rutelli, sono egoisti. I giudici, invece, sono così belli, eleganti, raffinati, sui loro cavalli, nelle loro grisaglie. Signori, la cena è servita.

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