Volontariato

India e Pakistan comprano armi dall’Italia

Lo si rileva dai dati ufficiali contenuti nella relazione che il governo ha predisposto per il Parlamento sul commercio di armi

di Gabriella Meroni

India e Pakistan, ormai da tempo sull?orlo di un conflitto, sono fra i principali clienti dell?industria bellica italiana. Lo si rileva dai dati ufficiali contenuti nella relazione che il governo ha predisposto per il Parlamento sul commercio di armi. A New Delhi nel 2000 sono stati autorizzati 39 nuovi contratti per 149 miliardi, che collocano l?India al quarto posto assoluto. Le consegne, invece, sono state pari a 5 miliardi di lire. Pur con le note difficoltà, in quanto la relazione non consente di incrociare i dati delle armi vendute con il Paese acquirente “per tutelare la riservatezza commerciale”, i contratti stipulati riguarderebbero in particolare, secondo Chiara Bonaiuti ricercatrice dell?Osservatorio contro il commercio degli armamenti (Oscar) di Firenze, munizioni per l?artiglieria. Nel 1999 i nuovi contratti erano stati pari a 8 miliardi e a 10 miliardi nel 1998, mentre le armi consegnate nel 1999 sono state pari a un valore di 40,5 miliardi. L?Italia ha ratificato, inoltre, con la legge 103 del 1998 il memorandum d?intesa italo-indiano sulla cooperazione nel campo dei materiali per la difesa, firmato nel 1994. Tale accordo è finalizzato a sostenere la cooperazione industriale fra le aziende dei due Paesi nel settore degli armamenti e la cooperazione tecnica nel campo della ricerca e sviluppo. Prevede inoltre l?individuazione di programmi di collaborazione per l?acquisto di equipaggiamenti e per l?assistenza addestrativa e tecnica. Nel 2000 anche il Pakistan è stato uno dei maggiori clienti dell?industria militare italiana. Con 110 miliardi di lire, Islamabad è al secondo posto assoluto per quanto riguarda le armi consegnate e al dodicesimo per i nuovi contratti, con 31 miliardi. E? da evidenziare che “la relativa minore tensione sulla linea di controllo fra India e Pakistan ha comportato ? si legge nella relazione dell?Esecutivo – una ripresa della concessione delle autorizzazioni all?esportazione verso quei due paesi, il cui rilascio era stato sospeso a titolo cautelativo nel 1999 durante la fase più acuta della crisi nel Kashmir. Nel corso del 2000 si sono potute così sbloccare, in base ad un esame caso per caso delle tipologie d?armamento in questione, alcune delle pendenze in sofferenza dall?anno precedente”. Tali vendite, secondo l?Osservatorio sul commercio delle armi di Firenze (Oscar) dovrebbero concernere radar aerei ed autocarri. Va ricordato che in base alla legge 185 del 1990 che regolamenta il commercio delle armi legge è sancito il divieto all?esportazione di armi verso Paesi belligeranti o i cui governi siano responsabili di accertate violazioni delle convenzioni sui diritti umani. “Tra Italia e Pakistan esiste una più che soddisfacente collaborazione ? si legge in un comunicato diffuso al termine della visita nel Paese asiatico del capo di stato maggiore della difesa, generale Arpino, avvenuta alla fine del 2000 ? che si pensa di sviluppare ulteriormente in altri settori tra i quali, in particolare, lo scambio di giovani ufficiali per la frequenza di corsi di addestramento.” Nello stesso comunicato si citava l?esistenza di contatti tra industrie italiane e forze armate pachistane per la fornitura di materiale. Nel periodo 1994-1999 sono stati autorizzati nuovi contratti per circa 300 miliardi di lire, di cui quasi la metà nel solo 1998 e nello stesso periodo sono state consegnate armi italiane per un centinaio di miliardi. Sempre secondo l?Oscar in passato sono stati venduti radar per gli aerei Mirage, in grado anche di trasportare ordigni nucleari. Durante il dibattito parlamentare su una mozione dei senatori De Luca (Verdi) e Salvi (Ds) connessa ai test atomici indiani e pachistani, l?allora ministro degli esteri Lamberto Dini ha affermato nel 1998 che il governo è favorevole a limitare le esportazioni di armi in Paesi che effettuano esperimenti nucleari, come India e Pakistan. Anche in questo caso non si tratta di agire in base a discrezionalità politica, bensì di applicare i principi sanciti dalla legge 185 del 1990, norma che nella sostanza non sembra essere stata applicata. (di Luciano Bertozzi, Misna)


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