Welfare

Usa: Amnesty condanna un quarto di secolo di esecuzioni

Venticinque anni di pena capitale, riassunti in un dettagliato rapporto pubblicato in questi giorni dall'organizzazione

di Benedetta Verrini

Amnesty International punta il dito contro “un quarto di secolo di esecuzioni” negli Stati Uniti. L’organizzazione ricorda infatti che la Corte Suprema Usa reintrodusse la pena di morte nel 1976 e che le esecuzioni ricominciarono l’anno successivo con la fucilazione di Gary Gilmor nello stato dell’Utah.  In un rapporto intitolato “Arbitraria, discriminatoria e crudele: una memoria di 25 anni di assassini”, Amnesty ritorna su 200 casi “illustrativi” di uomini e donne giustiziati negli Stati Uniti dal 1977 a oggi, ricordando che mentre nello stesso periodo circa 60 Paesi hanno abolito la pena di morte, gli Stati Uniti “hanno usato il plotone di esecuzione, il gas, la sedia elettrica, l’impiccaggione  e l’iniezione letale su oltre 750 detenuti…”. I politici statunitensi devono dunque chiedersi che benefici ne ha tratto la società: le esecuzioni “non hanno contribuiuto in modo efficace all’impegno del Paese nella lotta contro il crimine violento e hanno causato un grave danno alla reputazioni internazionale” degli Stati Uniti.  Agli Stati Uniti, prosegue il rapporto, “piace presentarsi come difensore dei diritti umani. Ma il loro instancabile uso della pena di morte in un mondo che tende ad essere abolizionista dimostra che questa è una bugia”. E’ arrivato il momento, conclude Amnesty “che gli Stati Uniti finalmente si uniscano al mondo moderno e cancellino la pena di morte”. Per leggere il rapporto: www.amnesty.org


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