Volontariato

Immigrazione: la vittoria di Bossi? Qui comanda lui

Il primo scontro politico dell' anno è sulla nuova normativa sugli immigrati. La legge, voluta dal governo e dalla Lega, non piace a nessuno neanche agli industriali

di Gabriella Meroni

La Bossi-Fini? È come l?influenza: nessuno la vuole, ma tutti la prenderanno. Non c?è vaccino che tenga, la nuova legge sull?immigrazione del governo Berlusconi è sempre più vicina, dopo essersi trasformata nella nuova occasione per Umberto Bossi di puntare i piedi e far valere il proprio peso politico all?interno della maggioranza. Un Bossi più che mai deciso a portare fino in fondo il proprio progetto anti-immigrati, a costo di imporlo ad alleati e avversari, e che crede fermamente in questa legge «perché la gente non vuole l?immigrazione», come ha dichiarato il giorno dell?approvazione in Consiglio dei ministri. Opposizione disarmata Che importa se la nuova normativa non piace a nessuno? Le organizzazioni della società civile la contestano in piazza, l?opposizione ha cercato di bloccarla con una pioggia di emendamenti, le Regioni le hanno votato contro, i partiti di centro della maggioranza si sono esercitati nei distinguo e perfino industriali e Coldiretti hanno espresso pesanti riserve. Le norme restrittive sugli ingressi che contiene, hanno sottolineato molti padroncini e imprenditori agricoli del Nord, potrebbero avere ripercussioni anche sul mercato del lavoro, costringendo migliaia di immigrati a lasciare l?Italia non appena perso il posto e limitando il numero dei permessi in entrata. Eppure il testo va avanti, sospinto dagli ultimatum del senatùr che preme perché salti anche ?l?ostacolo? della commissione Affari costituzionali del Senato che lo sta esaminando, e avallato dalle dichiarazioni del ministro Maroni che lunedì 7 gennaio ha sentenziato: per la metà di febbraio sarà realtà. Con tanti saluti al dibattito parlamentare. Il dibattito infatti rischia di arenarsi ancora prima di cominciare. Presso la commissione Affari costituzionali del Senato, dove si trova, la nuova normativa è gravata da 1.100 emendamenti di cui 590 firmati dal capogruppo dei Verdi, Stefano Boco. Ma la discussione deve ancora iniziare. «La maggioranza sta facendo di tutto per portare il ddl direttamente in aula per approvarlo così com?è», conferma il senatore Boco, che aggiunge: «Il ministro Bossi l?ha anche detto: vuole saltare la commissione. Temo che dopo aver chiuso a suo favore il caso Ruggiero, la Lega voglia ribadire la propria centralità politica. Per fortuna i centristi del Polo si oppongono a questo colpo di mano. Ma non so quanto riusciranno a resistere alle pressioni dei compagni di maggioranza». Pochino, almeno a sentire il senatore Francesco d?Onofrio (Ccd), autorevole componente della commissione: «Il disegno di legge è di iniziativa governativa, quindi non possiamo che essere d?accordo con il suo impianto generale. Solo abbiamo chiesto che venga regolarizzata la posizione delle colf e delle assistenti familiari, e il ministro Maroni ha dato assicurazioni in questo senso». Quanto alle preoccupazioni, espresse anche dalla Chiesa, sulle espulsioni facili e la protezione dei richiedenti asilo, D?Onofrio taglia corto: «Abbiamo chiesto un incontro con Bossi e Fini per discutere di questi aspetti, che hanno anche rilevanza costituzionale. Ma credo che dovranno essere risolti caso per caso, in sede giudiziale». E che la strada della Bossi-Fini sia già spianata lo conferma anche un altro fatto politico: il silenzio ostinato di Guido Bolaffi, uno dei ?padri? della legge Turco-Napolitano attualmente in vigore, che il ministro Maroni ha deciso di riconfermare direttore generale del Welfare. «Taccio per ragioni di opportunità e perché sono impegnato nella riorganizzazione del ministero», ha detto a Vita . «Osservo solo che in Italia, nel settore immigrazione, il problema non è quasi mai il principio di una legge, ma la sua cattiva gestione. È stato così con la normativa attuale, rischiamo che lo stesso scenario si ripeta con quella futura». Davanti alla rassegnazione della politica, la società civile prova a mobilitarsi con iniziative e appelli. Il primo appuntamento è per il 19 gennaio a Roma con una manifestazione nazionale cui hanno aderito realtà come Arci, Mani Tese, Social Forum, Ics, Antigone, Opera Nomadi oltre ai sindacati, Verdi e Rifondazione, e perfino le comunità islamiche dell?Ucoii. A sostegno è arrivato anche un appello firmato, tra gli altri, da Marco Revelli, don Ciotti, Moni Ovadia, i vescovi Nogaro e Bettazzi. Non profit arrabbiato «La nostra speranza è quella di aprire un dibattito nel Paese», spiega Tom Benetollo, presidente dell?Arci. «Su questi temi c?è troppo silenzio ed è nel silenzio che si compiono le operazioni più sporche». Un esempio? Il silenziatore imposto alla Consulta per i problemi degli immigrati, organismo di consulenza formalmente ancora attivo presso il ministero del Welfare, e in cui siedono molte associazioni non profit italiane. «La Consulta è praticamente morta da un anno, anche se nessuno ha avuto il coraggio di sopprimerla con un atto esplicito, né di consultarla in vista del nuovo disegno di legge», afferma Soana Tortora, che vi siede in rappresentanza delle Acli. «Forse il governo sapeva già come ci saremmo espressi e ha preferito non convocarci più». Siete contro la nuova legge, quindi. «Come potremmo essere d?accordo? Non dice una parola sull?integrazione degli immigrati e affronta il problema solo a colpi di espulsioni». La Tortora è amareggiata anche per un altro tipo di silenzio: quello che è seguito all?audizione, in commissione Affari costituzionali, di 15 organizzazioni della società civile che si occupano di immigrazione, tra cui Acli, Caritas, Arci e Senza Confine, l?associazione presieduta da Dino Frisullo. «Ci hanno ascoltato con attenzione», ironizza Frisullo, «tanto è vero che il giorno dopo il relatore del ddl, Gabriele Boscetto, ha riaffermato che il testo non era modificabile. La verità è che basta un rutto di Bossi per vanificare ogni tentativo di dialogo». Non meno dura la posizione della Caritas, da sempre critica nei confronti della nuova legge e ultimamente amareggiata dalla debole opposizione di molti politici cattolici. Lo sa bene il direttore della Caritas di Vicenza che ha visto con i suoi occhi gli immigrati in fila per una notte intera davanti alla questura della città per ottenere un posto nel prossimo decreto sui flussi di ingresso (che ancora non si sa come e quando vedrà la luce). «Altro che espulsioni facili, l?Italia ha bisogno di più immigrati», dice don Giovanni Sandonà. «I politici invece continuano a demonizzarli, considerandoli una minaccia alla sicurezza e all?ordine pubblico. Così ha fatto il governo di centrosinistra l?anno scorso, quando ha aspettato che passassero le elezioni per emanare il decreto flussi, e così oggi fa quello di centrodestra, rifiutandosi di regolarizzare chi ha già un lavoro». I CINQUE NO>/B> Definitivamente approvato dal Consiglio dei ministri il 12 ottobre 2001, il disegno di legge n. 795, recante ?modifiche alla normativa in materia di immigrazione e di asilo?, si trova ora in discussione alla commissione Affari costituzionali del Senato (il relatore incaricato è il senatore Gabriele Boscetto, di Forza Italia). Vediamo quali sono i punti più discussi del provvedimento: 1. NO LAVORO, NO PERMESSO Si propone di legare la regolarità della permanenza in Italia degli stranieri a un contratto di lavoro, esclusivamente per il periodo della sua durata: il permesso per i lavori stagionali avrà una durata non superiore ai 9 mesi; per i contratti a tempo determinato non potrà superare i 12 mesi, mentre avrà durata biennale, e sarà rinnovabile, per i contratti di lavoro a tempo indeterminato. 2. ESPULSIONI FACILI Nel provvedimento vengono puniti la ?presenza clandestina sul territorio? o ?l?ingresso clandestino? criminalizzando un atto che, come fanno notare molte associazioni, è quasi sempre dovuto a ragioni di estrema gravità. Lo straniero espulso che tenta di rientrare è punito con una reclusione da 6 a 12 mesi ed é espulso con accompagnamento alle frontiere. Se è ancora recidivo, la pena sale a una reclusione da 1 a 4 anni. Lo straniero che viene condannato per un reato non grave, la cui pena cioè non supera i 2 anni, può chiedere di essere espulso anziché finire in carcere, sapendo che non potrà rientrare per i successivi 10 anni. 3. NIENTE SPONSOR Un?altra, discussa, proposta di modifica consiste nell?abolizione della possibilità di entrare in Italia con un visto di ingresso per ricerca di lavoro, attraverso la prestazione di idonee garanzie da parte di un cittadino italiano (o straniero già regolarmente residente) che funge da ?sponsor?. 4. DESTINO INCERTO PER LE COLF Nella stesura attuale, il ddl non dispone nulla a favore di quel sommerso costituito da circa 25mila collaboratrici domestiche (stime Caritas) che si trovano irregolarmente in Italia. Da più parti era stata richiesta una sanatoria per questa categoria di immigrate: il ministro Maroni ha annunciato che si farà, come chiede il Biancofiore. Si vedrà in Parlamento. 5. RICONGIUNGIMENTI ADDIO Il lavoratore potrà chiamare in Italia solo coniuge e figli minorenni. Il ricongiungimento con i genitori è ammesso solo se essi non hanno un sostentamento nel loro paese. Nessun altro parente è contemplato.


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