Innovazione sociale

«Noi, i pirati della Scuola Open Source»

di Anna Spena

Una comunità di artigiani digitali, maker, artisti, designer, programmatori, progettisti, sognatori e innovatori che lavora per sperimentare nuovi modelli; pratiche di ricerca; didattica; mentoring e co-living. Un luogo dove cultura e tecnologia non possano essere separate: «è la storia dell’umanità a dimostrarlo, del resto. Non è possibile immaginare un'innovazione tecnologica che non nasca da un’esigenza, una passione o una curiosità umana. E quando l’innovazione è solo tecnologica, e non sociale, spesso diventa “speculazione sull’ignoranza degli altri”»

L’associazione è composta da 13 soci, perciò alle domande si risponde sempre insieme. Non esiste un interlocutore specifico perchè: « Ci piace definirci “pirati”»…

Come nasce La Scuola Open Source?
Come molti, avvertiamo che le condizioni culturali, sociali ed economiche in cui ci muoviamo sono cambiate, ma che le risposte che vengono fornite aderiscono ancora a modelli passati. I percorsi formativi sono standardizzati e sterili, producono – spesso – figure professionali obsolete, con hanno grandi difficoltà ad inserirsi nel “mondo del lavoro”.
L’idea che dovrebbero essere gli studenti a decidere cosa studiare e con chi ci ha sempre affascinato. Crediamo che apprendimento in situazione, osmosi tra discipline diverse e non linearità dei percorsi siano fondamentali. 
Per questo ci siamo interrogati su quale direzione dare al progetto e abbiamo immaginato uno spazio di innovazione sociale e tecnologica aperto – in tutti i sensi – e attraversato da influenze diverse e progetti condivisi. 
Non bastava rinnovare i contenuti, però: era evidente che anche le modalità di creazione, trasmissione e fruizione andavano innovate, per questo ci siamo spinti verso forme educative co-partecipate, recuperando il modello platonico e ricombinandolo con la cultura hacker. 
Alla fine del 2015, tutto questo si è concretizzato nella Scuola Open Source, grazie all’opportunità offerta dal bando CheFare, che l’ha finanziata. 


A quale bisogno vuole rispondere e che obiettivo ha?
Siamo convinti che per determinare il futuro occorra educare il presente, per questo le attività di formazione ed i laboratori della SOS si propongono di fornire stimoli, competenze, strumenti per generare e formare nuove professioni o aggiornare quelle che si trovano a dover far fronte al mondo che cambia. Un artigiano, ad esempio, può trovare nella SOS nuova linfa per le sue creazioni, grazie alle competenze in materia di manifattura digitale e coding, ma anche di design e storia delle arti decorative e applicate. Spesso per rispondere a questa domanda citiamo l’esempio della Bauhaus: all’inizio del ‘900 Gropius intuì che per rispondere ai cambiamenti economici e sociali in atto (per via della rivoluzione industriale), fosse necessario creare un nuovo tipo di formazione, che tenesse assieme, miscelandoli, elementi della progettualità (provenienti dalla facoltà di architettura), elementi tecnici (provenienti da un istituto tecnico) ed elementi artistici (provenienti da una scuola d’arte). Il risultato di questa visione fu la scuola che “inventò il designer” in senso moderno. Lo stesso “designer” che nel 2015 Carlo Ratti, in una chiacchierata , descrive così: “il designer diventa quello che, in biologia, è definito ‘mutageno’ – un agente che produce mutazioni”.

Quante e che tipologie di realtà aggrega?
Tutti: ragazzi, studenti, professionisti, disoccupati, imprese e PA. Basterebbe indicare la varietà dei background dei nostri 13 soci fondatori per avere un indizio di quanti input diversi contribuiscono alla SOS. Attualmente intorno alla Scuola gravitano artigiani, maker, innovatori culturali, designer, ricercatori, comunicatori e artisti, ma non ci poniamo limiti.

Il mix tra cultura e tecnologia può essere la carta vincente per far “ripartire il futuro”?

Riteniamo che cultura e tecnologia non possano essere separate, è la storia dell’umanità a dimostrarlo, del resto. Non è possibile immaginare una innovazione tecnologica che non nasca da un’esigenza, una passione o una curiosità umana. E quando l’innovazione è solo tecnologica, e non sociale, spesso diventa “speculazione sull’ignoranza degli altri”, che non hanno accesso alla vera innovazione, ma solo a un prodotto o un servizio “chiusi”. Nel pratico lo vediamo in chi si avvicina alle attività della SOS: chi vuole approfondire una competenza tecnica lo fa soprattutto per trovare una forma d’espressione e di connessione con la società, per partecipare al cambiamento, non semplicemente per acquisire un'abilità in più.

La conoscenza, per voi, passa attraverso il "learning by doing". Una risposta alle tecniche d'insegnamento troppo teoriche e obsolete delle università italiane?
Apprendere facendo, assieme ad altri, utilizzando il metodo dialogico e favorendo l’osmosi naturale delle competenze, ci sembra restituisca un ruolo centrale alle dinamiche sociali nell’apprendimento, e quindi per noi è di primaria importanza.

Qual è lo scopo del laboratorio XYZ?
L’anno scorso dal laboratorio di co-progettazione XYZ abbiamo gettato le basi per il primo anno della SOS. Stavolta il laboratorio torna con il sottotitolo “Problemi comuni, soluzioni connettive”, focalizzandosi sulle questioni che tutti i centri indipendenti di produzione culturale affrontano, continuando a lavorare alla definizione di obiettivi condivisi e a progettare e testare applicazioni di innovazione tecnologica associate a processi d’innovazione sociale.

Come mai questo nome?
X, Y e Z sono tre variabili. Metafora della precarietà in cui viviamo, ma anche della meravigliosa capacità che abbiamo, come esseri umani, di sorprenderci e interagire tra di noi. Assieme creano uno spazio, che va immaginato, progettato, riempito, animato e vissuto. Questo è il laboratorio XYZ, un grande incontro, gratuito e aperto a tutti, di co-progettazione e ricerca, multidisciplinare e cooperativo, che affronta problemi comuni per generare soluzioni connettive.

Chi saranno i partecipanti?
I partecipanti di XYZ sono prevalentemente studenti, neo-laureati e professionisti, tra i 23 e i 35 anni, provengono da tutta Italia e da diversi ambiti di studio (design del prodotto o della comunicazione, coding, elettronica, scienze sociali e politiche, design dei processi, per dirne alcune…) lavoro e interesse. Selezionare i partecipanti, con un numero ristretto (circa 50) è stata dura per noi, ma purtroppo dobbiamo tenere conto degli spazi fisici e lavorare con ciò che abbiamo.

Mozilla un partner d'eccellenza…
La proposta della Fondazione Mozilla di fare fronte comune è stata una magnifica sorpresa anche per noi! Mozilla lotta da tempo per un Internet vitale, libero sul fronte della tutela e della diffusione dell’openess. Viaggiavamo già da tempo su binari paralleli. Poi un giorno ci hanno scritto e ci hanno detto che volevano lavorare assieme a noi. Di qui, il resto è storia nota: ci siamo alleati, e la prima attività comune sarà la campagna #ChangeCopyright.

In cosa consiste la campagna #ChangeCopyright?
Siamo promotori (con Mozilla e molti altri partner internazionali) della Campagna contro la Riforma del Copyright in discussione presso le Commissioni del Parlamento Europeo. Allo stato attuale, la Riforma causerebbe ricadute rilevanti per tutti i piccoli/medio attori che utilizzano il web come strumento educativo, di ricerca, di promozione della creatività e dell’innovazione. Per questo motivo, Mozilla ha deciso di portare l’azione Advocacy fuori dai Palazzi di Bruxelles, coinvolgendo attivamente le comunità che subiranno maggiori danni dalle normative europee in discussione.

Obiettivi per il prossimo futuro?
Allargare la nostra audience, abbassando l'età minima e cercando di arrivare ai pensionati, che al momento ci sfuggono ancora; aprire, inaugurandolo ufficialmente, il fablab(che già è al lavoro); lanciare una campagna di tesseramento/membership; lanciare dei corsi annuali(simile a un master tematico) la cui prima 
attività, assieme ai partecipanti, sarà co-progettare tutta la 
didattica e il piano d’investimento dei 12 mesi, in modo che gli stessi partecipanti diventino protagonisti e progettisti della propria formazione, affiancati dallo staff di SOS; attivare i primi 2 progetti di ricerca entro la fine dell’anno, il primo forse già a settembre, in materia di co-housing sociale e co-progettazione.

L'Italia può ripartire dal Sud?
Attraverso la SOS, siamo in contatto e collaboriamo con diverse realtà attive sull’intero territorio italiano e sappiamo bene quanto tutte siano impegnate in un rinnovamento concreto. Crediamo che la ripartenza , come ogni cambiamento, debba essere condivisa: nessuno può spingere da solo gli altri e nessuno può lasciarsi spingere. Il Sud non esiste, è un topos dell’immaginario collettivo, e come tale, strumento e funzione di operazioni di manipolazione. Noi vogliamo riscrivere il significato della parola Sud, in modo tale che quando questa venga pronunciata si pensi alla bellezza e all’ingegno, invece che all’incuria e all’arretratezza. 


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