Formazione

Il futuro è qui? Scommessa verde e oro

Ridistribuzione del reddito, rinunzia ad alcune ricchezze da parte delle famiglie che le detengono e riforme sociali, sono le sfide del Brasile di Francesca Spinola

di Redazione

C?era una volta il Brasile Paese del samba e del carnevale, dove ballerine seminude danzavano dietro alle bandas acconciate con piume e lustrini colorati. C?era una volta il Brasile terra del cacao, del caffè e delle piantagioni di ananas, dove proprietari terrieri vestiti di bianco a un certo punto dicevano «sì» e la raccolta poteva iniziare. C?era una volta il Brasile dove il reddito era in mano a una oligarchia, dove i bambini crescevano per strada a milioni, dove i contadini senza terra si univano in un movimento ispirato ai sandinisti nicaraguensi e agli zapatisti messicani per levare alte le loro proteste. C?era ancora il Brasile degli Indios e degli Yanomami, i popoli invisibili dell?Amazzonia che, nudi, percorrevano le loro foreste fin dove il fuoco degli incendi non riusciva ad arrivare. C?era il Brasile della corsa all?oro e delle città coloniali, delle donne di Bahia e delle bambine sfruttate sessualmente di Recife e Fortaleza. Ci sono tanti Brasile quanti la storia ne ha saputi produrre e raccontare. Ora, forse per la prima volta, quei Brasile lì sono ancora qua ma ce ne sono altri da tenere in considerazione. Con l?aiuto di Filippo La Rosa, segretario commerciale dell?ambasciata italiana a Brasilia, dati ufficiali alla mano, frutto dell?ultimo studio dell?Istituto di statistica brasiliano, cerchiamo i punti oggettivi da cui ripartire. Perché il Brasile può essere considerato un Paese proiettato nel futuro? Perché questa volta può esserlo davvero, contrariamente a tutte le altre in cui si era affermato che avrebbe potuto esserlo e non ci era mai arrivato? Posta la domanda, i dati, che sono quelli legati alla grandezza di questo Paese, ci danno una prima risposta. Il Brasile è esteso 28 volte l?Italia e possiede il 42 per cento delle terre mondiali coltivabili. Quando parliamo di terre coltivabili togliamo dal conto le zone aride del Nordest e le zone amazzoniche le quali però, pur non coltivabili al momento, rappresentano un?incredibile ricchezza. L?Amazzonia possiede infatti la maggiore biodiversità del mondo. La popolazione brasiliana è di 170 milioni di abitanti. «Questi due dati», commenta Filippo La Rosa, «sono da soli una grandissima potenzialità e la rappresenteranno ancora di più nella misura in cui questo Paese riuscirà a dotarsi di riforme che potranno agire sulla distribuzione del reddito permettendo a quella parte, oggi molto elevata (circa 40 milioni di persone che non arrivano a quello che Banca mondiale e Nazioni unite considerano la soglia minima della povertà) di guadagnare più di un dollaro al giorno». Questi sono dati di fondo validi oggi come lo erano trent?anni fa, ma non è altrettanto uguale lo scenario politico che li racchiude. Dalla fine della dittatura militare, avvenuta nel 1985, dalle prime elezioni presidenziali democratiche dopo il colpo di stato militare che portarono Fernando Collor de Mellor a capo del Brasile nel 1989, il Paese ha vissuto un periodo di continuità democratica che ha portato molti frutti. Era il ?94 quando in Brasile l?allora ministro delle Finanze, successivamente presidente della Repubblica, Fernando Henrique Cardoso, prendeva la decisione di impiantare il Plano Real. Da allora e fino a oggi, agli sgoccioli del secondo mandato di Cardoso, il Paese si è dotato di un impianto normativo solido, moderno, in alcuni casi di primissimo piano come in quello della legislazione del lavoro, anche se in questo settore rimane poi da fare la distinzione fra la legge formale e la sua reale applicazione. Una legislazione nel complesso molto vicina a quella delle democrazie occidentali. Spesso il Parlamento ha preso ad esempio la legislazione italiana, dal caso della normativa del lavoro sino alle leggi sulla repressione dei reati mafiosi. Ancora dati alla mano, constatiamo che in 10 anni il gigante sudamericano ha visto crescere la produzione industriale e ha recuperato la crisi inflattiva. Nel ?94 l?inflazione era del 2.100 per cento; oggi, se sfogliamo i quotidiani brasiliani, si discute se l?inflazione sarà mezzo punto in più o mezzo punto in meno, ma ormai si ragiona su cifre quasi da criteri di Maastricht. Alcuni esempi di dove sia arrivato lo sviluppo brasiliano: volando con l?Alitalia, ci si può trovare su un aereo di fattura brasiliana; guidando un auto tedesca non si può immaginare che arrivi dal Paese del samba; parlando con un cellulare mai si penserebbe che potrebbe essere prodotto nella zona franca di Manaus. Oggi il Brasile del caffè e del cacao, all?Europa e agli Stati Uniti vende in ordine di grandezza: materiali da trasporto e componenti, prodotti metallurgici, soia, prodotti chimici e minerali, macchine e apparecchi per strumenti meccanici. Perché allora, come nota Mauro Marsili, diplomatico italiano responsabile della cooperazione in Brasile, «la Gazeta Mercantil, importante quotidiano economico brasiliano, del 20 settembre scorso, relativamente alla percentuale dei bambini senza tetto riporta ancora queste cifre: l?87,5 per cento nella sola Belem, più del 30 nell?intero Nordest, il 46,4 a Porto Alegre, il 50 a Curitiba?» Le risposte sono diverse. Innanzitutto, il processo di ristrutturazione e ammodernamento del quadro legislativo non è concluso. Poi, perché questa prima fase di continuità va considerata alla luce della realtà locale: «Va vista», commenta il segretario commerciale dell?ambasciata, «come un lenzuolo che cade su una realtà vasta dal punto di vista territoriale, grandissima da quello della popolazione e che pone delle disuguaglianze sociali di partenza enormi». «Si tratta», continua La Rosa, «di una questione di tempo e di una questione di riforme. Questo processo democratico non è ancora del tutto compiuto perché deve andare a intaccare i grandi privilegi del Brasile. La caratteristica principale di questo Paese, la concentrazione in pochissime mani (un 5 per cento della popolazione) di circa l?80-85 per cento delle ricchezze non è vero soltanto oggi, ma è stato vero sin dall?epoca precoloniale, cioè dalle cosiddette divisioni che la Corona portoghese fece, nel 1600, del Brasile: distribuito fra le grandi Capitanerie, pochissime famiglie cui è andato un territorio enorme». La ridistribuzione del reddito, la rinunzia illuminata ad alcune ricchezze da parte delle poche famiglie che le detengono e le riforme sociali, in campo sanitario ed educativo, sono le grandi sfide del Brasile futuro. Il primo passo è fatto ma dieci anni, per una terra vasta come gli Usa senza l?Alaska, forse non sono sufficienti.


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