Era il 18 agosto 2018 quando è stato presentato per la prima volta un disegno di legge passato alla storia come ddl Pillon. Il disegno di legge, formalmente ddl n.735 (qui il testo) prende il nome del senatore che lo ha firmato per primo, il leghista Simone Pillon. Bi-genitorialità, mediatore familiare, abolizione dell’assegno di mantenimento. Ma cosa significano realmente queste proposte? E concretamente quali saranno le conseguenze sulla vita dei minori e soprattutto delle donne?
Abbiamo intervistato l’avvocata Manuela Ulivi, presidente della casa delle donne maltrattate di Milano: «Questo disegno di legge è scritto da uomini che vogliono dominare le donne, controllarle. È a tutti gli effetti una violenza psicologica ed economica. E come se volessero dire loro: “se ti separi da me non avrai più niente”. Ed è anche insensata da punto di vista giuridico. Lo stanno discutendo in Senato, speriamo che non passi mai e che lo buttino via».
Perché introdurre la figura di un mediatore familiare? Chi stabilirà chi è la figura da scegliere?
La mediazione è una scelta alternativa al giudizio che normalmente deve essere decisa e approvata tra le parti che decidono consapevolmente di fare un percorso alternativo alla giustizia. La mediazione non ha lo scopo di decidere quello che succederà in futuro ma di parlarsi. Cioè di riuscire a comunicare in modo civile fra i genitori ed ottenere per il futuro una relazione migliore. La mediazione così com’è intesa in questo disegno di legge di fatto delegittima la giustizia e ne propone un’alternativa obbligatoria. È come se si dicesse “andiamo da una giustizia privata” che non farebbe altro che allungare i tempi.
Bi-genitorialità perfetta e doppio domicilio. E se invece della parità portasse solo confusione per i minori? Come sarà gestito dal punto di vista giuridico?
Nella realtà e dal punto di vista statuale questo concetto non esiste. In Italia, purtroppo, c’è una divisione di ruolo e di genere ancora molto forte. Le scelte che fanno le donne sono di principale accudimento per i figli, questo anche per un dato biologico. Li allattano quando nascono, li seguono con assiduità per i primi anni, e oggettivamente in Italia sono una rarità i padri che si sostituiscono alla madre. Basti prestare attenzione ai dati Inps. Quanti padri hanno scelto il congedo di paternità facoltativo? In Italia esiste questa possibilità, ma non è stata accolta. Quindi quello che mi sento di dire è che è inutile parlare di cose inesistenti: tutti vorremmo un mondo libero, alla pari, ma attualmente non è cosi. Allora si impone un concetto di parità ideale dove non si riconosce tutto quelle che le donne fanno e hanno fatto nel corso del rapporto a due.
Quindi il ddl Pillon di fatto vuole imporre una condizione inesistente e fare un’affermazione di principio della parità contro la realtà. Ma questo cosa comporta?
Il primo fatto concreto è il ricatto sull’assegno di mantenimento. Se si afferma che entrambi i genitori fanno la stessa cosa non c’è più un assegno di compensazione. È evidente che questo disegno di legge sia stato scritto da uomini che vogliono dominare le loro compagne, controllarle, minacciarle “lasciami e non avrai più niente”. È tutta una propaganda ideologica contro le donne e la loro libertà di organizzazione della vita.
E i minori?
L’idea di dividere il tempo esattamente a metà tra due case è sbagliato. Ognuno ha bisogno di un luogo d’elezione, un punto di riferimento dove essere sereni, tranquilli.
Qual è la sua esperienza alla luce dei tanti anni di volontariato alla casa delle donne maltrattate di Milano?
La casa è un osservatorio dove ho potuto vedere centinaia di casi di donne che sono state condizionate dalla minaccia di una violenza non solo fisica ma anche e soprattutto psicologica ed economica. Ma le donne sono forti e trovano sempre una strada per uscirne. La libertà, e questo lo sappiamo bene, non ha prezzo. Se il ddl Pillon diventerà legge spazzerà via tutto e farà malissimo alle donne maltrattate creando situazioni di maggior contrasto e toglierà la libertà di scegliere percorsi alternativi. Questo disegno di legge porta con sé tanti germi di negatività. Mette insieme miti falsi.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.