Mondo

Moschea di Nazareth: dai vescovi americani elogi a Sharon

Prime reazioni positive nel mondo alla decisione del governo Sharon di bloccare i lavori della moschea di Nazareth

di Redazione

I vescovi americani hanno espresso pieno apprezzamento per l’operato del Primo Ministro. Intanto si comincia a pensare all’impiego futuro dell’area in questione, per rafforzare il dialogo islamo-cristiano. Il 9 gennaio il Comitato Affari esteri e sicurezza del Consiglio dei ministri di Israele ha bloccato i lavori di costruzione della moschea, affidando l’esame della questione a una commissione ministeriale ad hoc. Il 13 gennaio Sharon ha ribadito la sua posizione, dichiarando in una conferenza stampa: “Sono totalmente contrario alla costruzione di una moschea vicino al Santuario cristiano dell’Annunciazione a Nazareth. Sarebbe una provocazione. La si può costruire altrove”. In un comunicato del 9 gennaio, firmato dal mons. Wilton Gregory, vescovo di Belleville e presidente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, i vescovi ricordano che la questione della moschea era motivo di grave preoccupazione per la Santa Sede e per i cristiani in tutto il mondo: “La decisione [del blocco], in accordo con la legge israeliana, riflette una comprensione del profondo significato religioso che la Basilica ha per i cristiani in tutto il mondo e ci rassicura sull’impegno del governo di Israele ad assumersi le sue responsabilità verso i luoghi santi, con particolare riguardo a garantire lo status quo”. Nel comunicato si legge: “Nazareth, come molti altri luoghi in Terra Santa, è importante per i credenti di tutte le fedi. Siamo particolarmente incoraggiati dal grande sostegno ricevuto da molti leader musulmani ed ebrei che hanno compreso che la costruzione di una moschea in quel luogo sarebbe un affronto ai cristiani e un impedimento all’armonia interreligiosa. Nessuno deve utilizzare questa decisione per continuare a fomentare contrasti politici e religiosi in Terrasanta. Piuttosto dev’essere un’occasione per alimentare comprensione più profonda fra credenti di tutte le fedi e fra le comunità religiose e il governo di Israele, al momento sfigurato da conflitti e violenza”. In un colloquio con Fides p. David Jaeger Ofm, francescano israeliano, ha ricordato che “dall’esito di questa vicenda dipende il futuro dell’intero tessuto dei rapporti ebraico-cristiani”. Secondo p. Raed Abusahlia, della segreteria del Patriarcato latino di Gerusalemme, occorre una soluzione che soddisfi entrambe le parti, perché “alla fine devono trionfare unità e fraternità fra cristiani e musulmani”. P. Abusahlia propone di costruire un centro studi per il dialogo interreligioso e di trasferire in una moschea il mausoleo della tomba di Shihab El-Din (capo musulmano che combatté contro le crociate, sepolto in quel luogo), dandogli la dignità che merita. Occasione per rafforzare i rapporti ecumenici e il dialogo interreligioso sarà la Giornata per la pace che il Papa vivrà in Assisi il 24 gennaio con i capi di tutte le religioni. La giornata è inserita nella Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani, che a Gerusalemme si celebra dal 20 al 27 gennaio con incontri in diverse sedi delle chiese cristiane. I cristiani affermano che la preghiera per l’unità sarà anche una preghiera per la pace in Terrasanta e nel mondo intero. (fides)


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