Valerio Neri

Al Terzo settore serve più competenza

di Riccardo Bonacina

Lo scorso 31 dicembre ha lasciato dopo 14 anni la direzione generale di Save the Children. Da 35 anni è uno dei manager più stimati del Terzo settore italiano, il suo è uno sguardo prospettico ed interessante. Gli attacchi alle Ong? «Una cosa orrenda perché ha spento nella gente normale quella speranza che avevano in organizzazioni come le nostre, nella loro capacità di cambiare le cose in meglio»

Una laurea in Filosofia del linguaggio, classe 1951, Valerio Neri è da 35 anni uno dei manager più stimati del Terzo settore italiano. Il 31 dicembre ha lasciato l’incarico che ricopriva da 14 anni, quello di direttore generale di Save the Children. Dal 1984 al 1995 fu direttore generale del WWF, poi un breve passaggio a Telefono Azzurro, una parentesi nel mondo delle imprese pubbliche e dal 2006 l’approdo a Save the Children Italia.

«Sono stati per me 14 anni stupefacenti, connotati sia da grandi risultati nei progetti di Missione, in Italia e all’estero, sia dal coinvolgimento di un numero crescente di pubblico e donatori» con queste parole Valerio Neri ha salutato la squadra di Save the Children Italia. Quattordici anni in cui l’organizzazione è cresciuta in maniera esponenziale: Save Italia nel 2006, pur essendo in un network internazionale, era una piccola organizzazione con un bilancio di 6 milioni e con circa 100mila donatori. Oggi Save raccoglie 114 milioni e ha 450mila donatori.

Il suo sguardo sul Terzo settore è uno sguardo con una profondità prospettica rara (35 anni di impegno in posizioni apicali), inevitabile confrontarsi con lui sui cambiamenti della cittadinanza attiva e del settore non profit.

Valerio Neri: Quando ho cominciato a Save, l’idea che i bambini non fossero solo della famiglia ma prima di tutto cittadini portatori di propri diritti era del tutto assurda. Il diritto dei bambini coincideva col diritto della famiglia; oggi, un bambino è se stesso ed è portatore di diritti, e il primo diritto di un bambino è avere una famiglia ma non viceversa. Questa, forse, è stata una delle innovazioni più importanti di questi 14 anni. Un’innovazione conquistata grazie al Terzo settore e all’impegno di tante ong nel loro ruolo di advocacy di chi non ha voce. E sicuramente Save the Children ha svolto una funzione trainante. Credo di poter affermare che oggi Save è un’organizzazione imprescindibile nel quadro nazionale della difesa dei diritti di bambini e ragazze. I Garanti per l’Infanzia mica c’erano 14 anni fa, neppure il monitoraggio dell'attuazione della Convenzione sui diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza (CRC) che dal 2011 è divenuta più frequente.

Save the Children è stata forse la prima ong ha orientare in maniera decisa il suo impegno sul territorio italiano.

Valerio Neri: Quando arrivai a Save era essenzialmente una succursale di una grande organizzazione internazionale che aveva il compito di raccogliere fondi per i bambini più poveri in assoluto, ma mi sono accorto quasi subito che bisognava fare qualcosa per i troppi bambini italiani nel bisogno ed era assurdo che un’organizzazione dedicasse la giusta attenzione al mondo senza guardare al territorio in cui operava. Così, abbiamo promosso via via un programma italiano che oggi ha sempre più bisogno di esistere perché sia la povertà economica (1,2 milioni di minori italiani vivono in condizioni di povertà assoluta, senza i beni necessari per condurre una vita accettabile, un numero più che triplicato negli ultimi dieci anni) che la povertà educativa (tra l’altro, una nostra definizione) sono aumentate. I Punti Luce, hub educativi rivolti ai minori e ai loro genitori e aperto alle realtà presenti sul territorio, sono oggi 24 e nascono sia per dare supporto scolastico sia per lavorare sullo sviluppo delle doti educative nei minori. Oggi il programma Italia è molto importante. Su 300 colleghi almeno 130 sono impegnati nel Programma Italia: Punti luce, migranti, ect. in partnership con tantissime organizzazioni sul territorio. Mi sono sempre detto, non reinventiamo la ruota, ci sono tante piccole organizzazioni in Italia, bravissime, fantastiche che fanno un lavoro straordinario, allora aiutiamo loro a fare di più quello che già fanno bene. I Punti luce gestititi direttamente non sono più di 3, gli altri sono gestiti da altre organizzazioni, noi diamo know how, il modello, il supporto economico. E questo, credo, sia un’indicazione di metodo importante per tutto il Terzo settore italiano; è sempre più necessaria la capacità di partnership e di alleanza.

Altre innovazioni in questi 14 anni?

Valerio Neri: Una cosa di cui sono particolarmente orgoglioso è l’introduzione della cosidetta CSP Child Safeguarding Policy. Che cosa è? Chiunque lavora con i bambini e adolescenti dovrebbe avere una policy che permetta ai minori di segnalare in maniera corretta comportamenti scorretti nei loro confronti. Queste policies erano già in vigore nel programma internazionale di Save the Children, ma nessuno si era posto il problema del perché in Italia non si erano diffuse, pensiamo alle polisportive, alle squadre, alla scuola. Per questo abbiamo cominciato a sviluppare queste pratiche (policy di autoconsapevolezza del comportamento che gli adulti devono avere nei confronti di tutti i bambini) e adesso si stanno diffondendo. Le ha adottate la Caritas, le ha adottate la Juventus per le squadre giovanili. Ecco di questa innovazione vado davvero orgoglioso e spero che tra 10 anni anche la scuola pubblica avrà processi di questo tipo. Abbiamo iniziato 10 anni fa ma solo ultimamente sta prendendo piede.

Qual è il tuo giudizio sul Terzo settore oggi?

Valerio Neri: Riguardo al terzo settore italiano non si può soprassedere agli incredibili attacchi che nei due anni appena passati sono stati rivolti non a Save ma all’intero settore, in particolare alle Ong. Questa è stata una cosa orrenda perché ha spento nella gente normale quella speranza che avevano in organizzazioni come le nostre, nella loro capacità di cambiare le cose in meglio. Li ha spaventati, raffreddati. Sono stati attacchi brutti, volgari, senza ragione alcuna come hanno dimostrato procure e accademie (leggi qui), che hanno fatto male prima ancora che alle ong, alla fede della gente, alla loro speranza di fare qualcosa per un mondo più giusto. È stato un danno incomparabile e non per qualche flessione nelle raccolte fondi che in qualche caso c’è stata, ma dal punto di vista sociale, antropologico. La gente si è sentita dire che di organizzazioni di un certo tipo era meglio non fidarsi perché avevano certamente qualcosa di losco, si è sentita dire che chi fa le cose per un’ideale probabilmente nasconde qualcosa. Tutto il desiderio di credere e di partecipare si è raffreddato. Per questo quando nel discorso di fine anno 2018 ho sentito Mattarella fare un ode a questo pezzo d’Italia, io che sono nel Terzo settore da una vita mi sono davvero commosso.
Poi, però, mi dico anche che spesso le crisi sono utili perché in 14 anni di storia di Save ho visto che il terzo settore ha ancora ha una mentalità inadeguata rispetto al ruolo sociale che oggi potrebbe avere e già ha. Se c’è una cosa in cui credo è che il nostro settore ha un ruolo sociale enorme e crescente e in futuro lo avrà ancor di più, ci sarà ancor più bisogno di riconoscerci. Ma più aumenta il bisogno sociale più le organizzazioni devono crescere in competenza, know how, capacità di gestione.

Perché lasciare proprio ora?

Valerio Neri: Una Missione come la nostra, un impegno come quello nel Terzo settore non può aver tregua. È essenziale che il rinnovamento coinvolga, al momento giusto e con la giusta preparazione, anche il management apicale. Ho sentito dunque che è giunto il tempo di fare un passo indietro e di aprirmi a nuove sfide. Organizzazioni come queste devono sempre dare il massimo, ma cosa è il massimo? È l’innovazione che possiamo dare partendo dalla nostra esperienza, ma l’innovazione più innovativa è quella dei più giovani, è un’innovazione diversa dalla mia, generazionalmente diversa, capace di innestare una novità su una storia coerente. Credo poi che la capacità di lasciar andare sia anche un modo per restare giovane

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.