Mondo
Argentina: a Rosario finisce l’insulina
La testimonianza di un farmacista alle prese con una clientela sempre più disperata
di Paolo Manzo
“La situazione in Argentina è critica ma ce la faremo…se Dio vuole”, parla con calma Eugenio Fermín proprietario di una farmacia a Rosario, ridente città bagnata dal Rio Paraná. Dosa le parole.
Il problema maggiore per lui è la carenza dei farmaci salvavita, “molti entrano e, disperati, cercano l’insulina. Non ne ricevo da più di una settimana e non so più a che santo votarmi. I fornitori mi dicono che è finita”.
La notizia che ne sia arrivata dal Brasile a Rosario non cambia molto. “Qui non l’hanno ancora inviata. Speriamo che non finisca nelle mani dei soliti especuladores corrotti.
Già, e proprio gli speculatori sono l’altra faccia della crisi argentina. Quelli che, nel marasma generale, cercano di lucrare. “Queste…persone”, continua il signor Fermín, “dovrebbero finire in carcere. Stanno sfruttando la svalutazione del 50% del peso per aumentare anche il prezzo dei prodotti non importati”.
Proprio così e, per rendersene conto è sufficiente entrare in un supermercato. Il latte è aumentato del 10%, per esempio. L’assurdo è che se uno legge sulla bottiglia vede che è prodotto nella zona di Rafaela, provincia di Santa Fé. In una parola è prodotto nella stessa “pampa gringa” in cui è adagiata Rosario.
Ancor più assurdo il fatto che, nel decennio del “peso forte” erano proprio gli imprenditori del settore zootecnico e caseario ad accusare il governo centrale che, con quella quotazione valutaria, stava “uccidendo” i loro prodotti sui mercati internazionali.
Adesso, invece di sfruttare la svalutazione per riappropriarsi di fette di mercato estero (leggi Brasile e, latu sensu, Mercosur) aumentano i prezzi. Richiamando lo spettro dell’iperinflazione che già sconvolse il Paese a fine anni ottanta.
Sul fronte valutario il governo sta cercando di sostituire il currency board legato al dollaro ad uno più “sostenibile” legato ad un paniere di monete tra cui anche il real brasiliano e l’euro. Vedremo.
Per il momento continuano le restrizioni al ritiro dai depositi bancari (non più di 1500 pesos al mese) e la valuta nazionale è cambiata ufficialmente ad 1,40 contro il dollaro ma sul mercato nero parallelo è già scambiata ad 1,50.
“E’ la gente che deve dimostrare maturità”, conclude Fermín, “non acquistando i prodotti non importati che abbiano prezzi maggiorati. E poi il governo deve vigilare e…mandarmi l’insulina”. Speriamo presto.
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