Delphine Moralis

«La filantropia ha un ruolo vitale per affrontare la crisi»

di Cristina Barbetta

Intervista con Delphine Moralis, nominata Ceo di EFC-European Foundation Centre, organizzazione con sede a Bruxelles che riunisce più di 240 tra le più importanti istituzioni filantropiche internazionali. Delphine Moralis, prima donna a ricoprire l'incarico di Ceo di EFC, ha molti anni di esperienza internazionale alla guida di associazioni e organizzazioni paneuropee

«Il ruolo della filantropia in questi tempi difficili è accettare le sfide, e non tirarsi indietro di fronte a esse, indipendentemente da quanto dure possano essere. (…) Siamo di fronte a crisi trasversali che sono simultaneamente attuali e di lungo periodo. La filantropia può affrontare entrambi questi aspetti grazie alla sua indipendenza e alle sue radici locali e comunitarie. Il nostro ruolo è anche riconoscere che non possiamo affrontare da soli queste sfide e che soltanto lavorando insieme avremo la meglio. Abbiamo bisogno di un approccio davvero olistico per affrontare queste sfide che vanno oltre i settori e le geografie individuali». Così Delphine Moralis, che è stata nominata nuovo Ceo di EFC lo scorso luglio ed è entrata in carica alla fine di settembre. Moralis è la prima donna a ricoprire la posizione di Ceo a EFC, e succede a Gerry Salole, che è andato in pensione alla fine di luglio, dopo essere stato alla guida dell'organizzazione per 15 anni. Delphine Moralis ha molti anni di esperienza internazionale nella creazione e nella guida di associazioni e organizzazioni paneuropee, tra cui Terre des Hommes International Federation, Missing Children Europe, Child Focus e Cable Europe. È membro del consiglio di amministrazione e consulente di Concord, la confederazione europea delle ong di emergenza e sviluppo.

EFC-European Foundation Centre, che ha sede a Bruxelles, è la piattaforma leader per la filantropia in Europa. Ha come obiettivo di rafforzare e diffondere la filantropia istituzionale, straordinario mezzo di cambiamento. Fondato nel 1989, EFC conta 246 membri e partner affiliati, che hanno sede in più di 30 Paesi in Europa e nel mondo. Delphine Moralis ha parlato a Vita delle sfide di EFC e del suo nuovo ruolo.

Pensa che la sua posizione come Ceo di EFC- European Foundation Centre sarà un’importante opportunità in questi tempi difficili?
Penso che sarà un’opportunità cruciale, in un momento in cui le questioni al centro del lavoro dei nostri membri sono state accelerate dalla pandemia. Disuguaglianze, cambiamenti climatici, democrazia, e salute, tutte queste questioni comportano un'urgente chiamata all’azione per il settore filantropico, per prendere la situazione in mano e lavorare con gli altri stakeholder per trovare soluzioni. Questo è il momento di allineare gli scopi della filantropia con quelli del mondo esterno, specialmente dal momento che rimangono 10 anni per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Inoltre non possiamo permetterci di perdere le opportunità che emergono a livello europeo con la nuova Commissione e con le priorità della Presidente Von der Leyen che riflettono in modo così vicino quelle del nostro settore. È tempo di guardare all’esterno, lavorando in partnership e vedendo come possiamo essere parte di soluzioni più ampie e più olistiche. Mentre c’è davvero bisogno che facciamo un passo avanti e ci sono certamente le opportunità per farlo, non dovremmo perdere di vista il fatto che le voci critiche nei confronti del nostro settore stanno aumentando. Quando si presentano le critiche dobbiamo essere abbastanza aperti e sicuri per discuterle, per imparare da esse e usarle per migliorare ulteriormente il modello filantropico. Uno dei requisiti che EFC richiede ai suoi membri è di firmare gli EFC Principles of Good Practice, che promuovono i valori fondamentali che riteniamo ogni organizzazione filantropica dovrebbe aspirare ad abbracciare. Dovremmo sempre impegnarci per fare le cose meglio.

Come sta cambiando la filantropia in questo periodo di crisi dovuta al Covid?
La filantropia ha dovuto reagire velocemente alla pandemia- per mitigarla, per supportare le persone più a rischio, e per adattare la sue operazioni e le comunicazioni ai dipendenti durante il lockdown, attraverso il telelavoro, e così via. Citando Einstein “nel mezzo di ogni crisi, c’è una grande opportunità”, e questa crisi è stata un catalizzatore per il settore della filantropia per pensare e lavorare in modo più collaborativo e creativo. Il sondaggio di EFC realizzato all’inizio di quest’anno sulla risposta dei suoi membri alla pandemia di Covid-19, ha mostrato che quasi l’80% dei membri ha lanciato nuove iniziative, inclusi fondi di emergenza, fondi per mitigare le conseguenze economiche post emergenza, e nuovi progetti di ricerca inclusi, naturalmente, la ricerca di un vaccino. È stato anche un periodo per mostrare che la filantropia è molto più che dare soltanto dei soldi- abbiamo visto fantastici esempi da parte dei nostri membri che hanno fatto volontariato dedicando spazio e tempo, condividendo risorse e competenze, e altri sforzi non monetari. Ma mentre la filantropia ha accettato e risposto alla sfida reagendo alla crisi, lo stesso settore sta anche soffrendo dell’impatto della crisi. In molti casi questo è stato grave: circa il 70% di coloro che hanno risposto hanno detto che i programmi/le iniziative che portano avanti sarebbero più difficili da implementare alla luce della situazione presente. Le organizzazioni filantropiche – e i loro beneficiari- stanno già navigando in una tempesta economica che ci si aspetta che peggiori prima che possa migliorare.

Qual è il ruolo della filantropia in questi tempi difficili?
Questa risposta è la continuazione di quella precedente. Il ruolo della filantropia in questi momenti difficili è accettare le sfide, e non tirarsi indietro di fronte a esse, indipendentemente da quanto dure possano essere. Quando si considerano le spirali a livello globale per quanto riguarda le disuguaglianze, la salute, la chiusura dello spazio democratico, la polarizzazione politica, il cambiamento climatico, e così via, è chiaro che queste sono questioni su cui la filantropia ha lavorato per un lungo periodo. Ma allo stesso tempo, quando si considera l’urgenza di alcune di queste questioni- per esempio il Covid-19 e l’attivismo dei Black Lives Matter – si capisce che questo bisogno non è mai stato così grande, nè così urgente. Siamo di fronte a crisi trasversali che sono simultaneamente attuali e di lungo periodo. La filantropia, come spesso diciamo, può affrontare entrambi questi aspetti grazie alla sua indipendenza e alle sue radici locali e comunitarie. Il nostro ruolo è anche riconoscere che non possiamo affrontare queste sfide da soli, e che soltanto lavorando assieme avremo la meglio. Abbiamo bisogno di un approccio davvero olistico per far fronte a queste sfide che vanno oltre i settori e le geografie individuali. Questo approccio è applicabile a ogni livello, dalla coesione necessaria tra le organizzazioni filantropiche, agli enti e a quegli stakeholder al di fuori del settore che lavorano insieme per il bene comune. Una buona idea sarebbe aggiungere una 4a 'P' alle attuali 3P che stanno per: Partnership Pubblico-Privato, includendo 'Philanthropy'. Questo costituirebbe una forza davvero potente per affrontare le grandi sfide di oggi e di domani. Di nuovo, la collaborazione è la chiave.

In che modo stanno cambiando le priorità degli interventi di EFC in questo periodo?
I nostri membri hanno la responsabilità di trovare soluzioni ad alcune delle sfide più complesse e critiche che il nostro mondo sta affrontando – dall’aumento delle diseguaglianze alla diminuzione della giustizia sociale, per non parlare del cambiamento climatico e della migrazione. La nostra priorità complessiva è sempre sostenere i nostri membri nel lavoro che fanno, e dal momento che le loro priorità cambiano, dobbiamo essere flessibili e reagire in modo da rispondere a questo cambiamento, e i migliori esempi di quest’anno sono stati il Covid 19 e il movimento Black Lives Matter. Quindi direi che abbiamo tre priorità. In primo luogo, dare l'opportunità ai nostri membri di fare più e meglio insieme attraverso il peer learning, attraverso piattaforme collaborative e così via. In secondo luogo, costruire relazioni più forti con altri soggetti al di fuori dal settore- in particolare l’Ue- perché i valori filantropici sono valori europei. Molti altri stakeholder stanno lavorando sulla salute, sul cambiamento climatico, sulle disuguaglianze e sulla giustizia sociale, e questo si armonizza con l’agenda europea della filantropia, quindi dobbiamo assicurarci che la filantropia sia parte di una coalizione più ampia. In terzo luogo, rappresentare il settore nel quale crediamo così fortemente, priorità questa che si lega strettamente alla prima, che è di evidenziare il contributo dei nostri membri. Ci impegneremo per portare coraggio, umiltà, e un approccio collaborativo aperto a tutte le tre aree.

Quali sono i settori su cui EFC si focalizzerrà in modo particolare durante il suo mandato? Dal momento che lei ha lavorato nel campo dello sviluppo e dei diritti umani, tra le priorità di EFC ci saranno i temi legati alla migrazione e lo sviluppo in Africa, così come i diritti dei bambini?
Questi temi mi sono certamente sempre stati a cuore e, come lei dice, sono stati una parte centrale della mia carriera finora. Quindi sono felice che così tante tra le più importanti organizzazioni filantropiche che lavorano in queste aree siano membri di EFC. Ma mentre stiamo già lavorando su queste tematiche- e continueremo a farlo- sono anche entusiasta del mandato più ampio che comporta l’essere alla guida di EFC, l’opportunità di occuparsi di così tante aree diverse importanti per la nostra membership, il nostro settore e i cittadini e i governi di tutto il mondo, come per esempio la ricerca, l’ambiente e la sostenibilità, l’arte & la cultura, e così via. Credo anche che questi settori non operino necessariamente isolatamente, e che l'interazione e lo scambio possano contribuire al raggiungimento degli scopi rispettivi dei nostri diversi membri. Infatti questo è ciò’ di cui EFC si occupa: lavorare in modo collaborativo con un’azione congiunta.

Come ritiene che sia possibile rafforzare il ruolo della filantropia in Europa?
Penso che ci sia una serie di cose che devono essere implementate per fare sì che la filantropia abbia un ruolo più forte. Un elemento chiave sono le infrastrutture; dobbiamo fare sì che la filantropia europea parli con una voce unica e chiara al mondo esterno, perché ciò assicura che siamo i rappresentanti di un intero settore, e dobbiamo anche far sì che che la nostra voce abbia una migliore possibilità di essere sentita e, cosa ancora più importante, di essere ascoltata. Un altro elemento chiave, come ho detto prima, è di connetterci meglio con quel mondo esterno, avere un maggior coinvolgimento nelle agende dell’Ue e in quelle nazionali, e affrontare temi sia a livello europeo, sia a livello nazionale, perché queste tematiche sono troppo grandi perchè qualunque settore le possa affrontare da solo. E infine, vorrei dire che diversità non significa divisione- come settore possiamo parlare chiaramente con una voce unica su tematiche essenziali, ma questo non significa che non possiamo imparare l’uno dall’altro e celebrare la forza che viene dalla diversità. Si tratta di mettere sul tavolo le nostre diverse forze per affrontare le sfide più grandi, e mentre prima parlavamo dei benefici di lavorare insieme, ora parliamo di assoluta necessità.

Che cosa pensa della filantropia in Italia? Qual è il ruolo della partecipazione delle fondazioni italiane in EFC?
La filantropia italiana ha una storia lunga e ricca, alcune delle sue organizzazioni risalgono al Medioevo. Dalla legge Amato, 30 anni fa, le fondazioni italiane di origine bancaria hanno fatto un percorso di crescita, così come lo hanno fatto le fondazioni familiari, corporate e comunitarie. È stato un viaggio di sviluppo, di evoluzione, e di aumentata capacità e innovazione. Si potrebbe dire che hanno contribuito in maniera significativa a costruire il settore della filantropia in Europa, e la loro affermazione è andata di pari passo con il cammino di EFC, dal momento che è stato fondato nel 1989. Certamente tra i nostri membri la componente italiana è di vitale importanza- non solo è il più grande gruppo per Paese (con 35 organizzazioni) ma è anche fortemente coinvolta nei nostri Thematic Networks e peer learning Communities of Practice. Oltre a questo la componente italiana è storicamente una parte essenziale della leadership e della governance di EFC, così come di programmi come TIEPOLO. I nostri membri italiani danno un enorme contributo, finanziario e non, al continuo lavoro di ECF e contribuiscono molto a renderlo ciò che è oggi.

Foto per gentile concessione di EFC

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