Non profit

Il non profit impari cos’è la trasparenza

Telethon è uno dei fiori all’occhiello del non profit italiano

di Francesco Maggio

È ormai a tutti gli effetti una case history. Un caso da manuale. Con dodici maratone televisive, 139 milioni di euro di fondi assegnati alla ricerca, 1.250 progetti, 2mila ricercatori, 300 borse di studio, 90 scoperte scientifiche, Telethon è uno dei fiori all?occhiello del non profit italiano. Una macchina organizzativa perfetta per raccogliere fondi, trattenere ?cervelli?, sostenere un settore ricco di intelligenze ma povero di risorse come quello della lotta alle malattie genetiche (circa 6mila), coinvolgere in una gara di solidarietà cittadini, mondo dello spettacolo, dell?impresa, della finanza. L?edizione appena conclusa, poi, si è rivelata quella dei record. In tema di fund raising, oltre 21 milioni di euro (41,243 mld di lire) di raccolta, a fronte dei poco più di 20 dello scorso anno (40,087). E di questi 12,75 intercettati dalle agenzie della Banca nazionale del lavoro (da dieci anni ?amica? di Telethon), quasi il 10% in più del 2000. Sul fronte dei nuovi compagni di viaggio: Omnitel Vodafone, che ha sfoggiato un?inedita (e ancor più bella) Megan Gale in uno spot efficace; la rete degli Autogrill, che ha portato a casa quasi un milione di euro (1,76 mld di lire); i donatori Avis (250 mila euro). E poi ancora l?annuncio della costituzione, nel 2002, dell?Istituto virtuale Renato Dulbecco per selezionare i ricercatori che rimarranno in Italia grazie al Progetto Carriere. Infine, i ringraziamenti di Ciampi. Insomma, ogni più rosea previsione è stata superata. Al punto che viene spontaneo chiedersi: perché Telethon vince? Come è possibile che in Italia, mentre molte organizzazioni non profit combattono una battaglia per la ?sopravvivenza?, ci siano storie di eccellenza di questo tipo? Qual è la formula magica? Proviamo a rispondere partendo da questa domanda: non c?è nessuna formula magica. Il successo di Telethon viene da lontano, è frutto di un mix di managerialità e spontaneismo, valori e concretezza, vision e mission, direbbero gli aziendalisti. E di alcune scelte nette. Tre in particolare: il coinvolgimento delle imprese (nell?ultimo anno le donazioni aziendali sono aumentate del 43%); un messaggio chiaro al mondo politico (la richiesta di defiscalizzazione completa delle donazioni alle onlus); la trasparenza (l?elaborazione e sottoscrizione della Carta della donazione) suggellata da un riconoscimento forte come l?Oscar del bilancio, assegnato con l?eloquente motivazione di «aver improntato la propria azione alla massima trasparenza ed efficienza e redatto il bilancio d?esercizio in modo completo, chiaro, con rigore in tutte le sue componenti». Oggi il Terzo settore su questi fronti come è messo? Sicuramente ha avviato un dialogo con le imprese. Lo dimostra il diffondersi del cause related marketing, il marketing, cioè, abbinato a una buona causa. Avanzato è lo stadio di interlocuzione con il mondo politico. Manca, invece, una presa di posizione diffusa a favore della trasparenza. Le imprese profit hanno cominciato a capire che è un fattore strategico di successo. Addirittura, lo sta comprendendo il sistema bancario. A quando la volta del non profit?


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