Domenicano, Adrien Candiard vive al Cairo, in Egitto, dal 2012. Tra i più raffinati conoscitori del mondo arabo-islamico, ha da poco pubblicato un libro dedicato alla speranza. Spiazzante e controcorrente fin dal titolo: La speranza non è ottimismo. Note di fiducia per cristiani disorientati (Emi, 2021)
Che cos’è la speranza, se non è ottimismo?
Partiamo da una constatazione: la speranza non è una nozione preconcetta, tanto meno è un partito preso sul mondo. La speranza richiede realismo.
Quasi sempre, però, proprio il confronto con la realtà comporta disorientamento, se non disillusione…
A cadere, allora, non è la speranza, ma l’ottimismo. Anzi: il facile ottimismo. Per questo lo distinguo dalla speranza — che è sempre muoversi nell’incerto. L’ottimismo è un velo sulla realtà. Al contrario, la speranza è l’amore della realtà, è l’amore di ciò che è. Ciò che è, il reale, è tale perché è ciò che Dio fa esistere. La speranza dunque non è un pregiudizio contro il mondo. Per questa ragione i cristiani sono sempre stati incoraggiati a guardare il mondo così com’è. Mondo creato buono, ma al contempo segnato e attraversato dal peccato.
Potremmo usare anche il termine complessità: il mondo non è bianco o nero, ma complesso…
Condivido l’uso del termine complessità. Ma aggiungo: è una complessità che dobbiamo amare. Per questo, pur davanti alla complessità del mondo, la formula della speranza è molto semplice: dobbiamo amare la realtà. Operando in essa.
La speranza diventa, quindi, vettore di cambiamento?
Proprio per questa ragione la speranza cristiana non richiede ottimismo, ma coraggio. In particolare, il coraggio è necessario per la speranza perché per poter sperare, per sperare veramente, dobbiamo accettare di rinunciare all’illusione, alle false speranze. A tutte le false speranze. Questa rinuncia può essere particolarmente dolorosa, ma non di meno è necessaria. Senza rinunciare alle false speranze, senza coraggio non c’è né ci sarà cambiamento.
Eppure, il nostro mondo sembra pervaso da una crisi di speranza…
Quando il mondo intorno a noi ci spaventa, la speranza cristiana non ci dice di stare a lamentarci perché tutto va male, né ci invita a sorridere stupidamente perché tutto va bene. Nemmeno invita ad attendere sorridendo stupidamente perché tutto, domani, andrà meglio. La speranza non ci invita ad aspettare che giunga la fine e Dio distrugga questo mondo per costruirne un altro che auspichiamo migliore. No!
La speranza è la tensione che, partendo dal reale, pone a noi tutti una grande domanda: come possiamo trasformare tutto questo (paura, dolore, panico, sofferenza) in un’opportunità per amare ancora, per amare di più?
Possiamo considerare la speranza come un movimento trasformativo. Una vera prova di accoglienza e fiducia?
Tutti i giorni guardiamo la televisione, leggiamo sul nostro smartphone, consultiamo un giornale: notizie buone e cattive ci arrivano da ogni parte del mondo. Che farne? Come trasformare gli eventi in altrettante opportunità? Opportunità non d’odio o disillusione, ma d’amore. La speranza è tutto ciò.
Nel suo libro parla del miracolo di Cana, dove l’acqua viene trasformata in vino. Un miracolo compiuto nel quotidiano, nelle cose piccole. È così che possiamo sperare di cambiare anche quelle grandi?
Dobbiamo far nostra l’abitudine di agire nel quotidiano. I piccoli eventi, trasformati dalla speranza, possono gradualmente influenzare i grandi eventi. Il messaggio della speranza è proprio questo: cambia le cose ora, partendo da ciò che puoi cambiare. Non attendere che il cambiamento arrivi chissà come e chissà quando. Se ci esercitiamo sui piccoli eventi, poi sarà più facile cambiare anche quelli più grandi.
La speranza è anche un modo per dar senso a eventi apparentemente senza senso…
Sperare è qualcosa di molto concreto. Sperare è credere che Dio ci rende capaci di atti eterni. Sperare è capire che quando amiamo, quell’amore non è solo un bel sentimento in una marea di assurdità destinata alla morte, ma una finestra che apriamo sull’eternità.
Perché questi atti eterni, questi atti che possiamo fare e il cui frutto è eterno, sono naturalmente gli atti d’amore, gli unici che contano. Sono quelli che costruiscono, già nel nostro mondo, l’eternità, il Regno di Dio.
Il mondo disorientato ha dunque bisogno, ora più che mai, di speranza e di questo sguardo sull’eternità?
Il mondo si aspetta che viviamo per l’eternità, che viviamo per ciò che conta davvero e che non passerà mai.
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