Fabrizio Marano

“Ask the boy”: la sfida educativa del neo Capo Scout d’Italia

di Antonietta Nembri

Arriva da Catanzaro e riceve il testimone da Fabrizio Coccetti. Nella sua esperienza l’idea di “partire dai giovani” non è una teoria, ma una pratica perseguita negli anni. A casa gli zaini pronti sono quattro: l’esperienza in Agesci è infatti condivisa dalla moglie e dai due figli

Quella del nuovo Capo Scout d’Italia dell’Agesci, Fabrizio Marano è una famiglia “in cammino”, come si dice in gergo scout. L’esperienza nell’associazione delle Guide e Scout d’Italia è un percorso famigliare: i due figli Alfredo e Marisa, sono rispettivamente nel Noviziato e in reparto, mentre la moglie Anna è Akela (termine per indicare il capo di lupetti e coccinelle).
56 anni di Catanzaro, Marano nella vita è un amministrativo dell’Istituto Teologico Calabro, sede aggregata alla Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale. Un ambiente che definisce «molto stimolante per l’incrocio di saperi ma soprattutto per la presenza di tanti giovani in formazione». Eletto al termine dell’ultimo Consiglio generale (ne avevamo scritto qui ) che per la prima volta ha visto la partecipazione di una delegazione di 40 Rover e Scolte (giovani tra i 16 e i 21 anni), rappresentati di tutte le regioni d’Italia. Nella tradizionale diarchia dell’Agesci Marano lavorerà con la Capo Guida d’Italia, Daniela Ferrara (qui una sua intervista).

Nel gergo scout si sente spesso dire “essere in cammino”, ma cosa significa veramente?
Lo scautismo è un’opportunità, per ragazzi e adulti, che non ti permette di vivere di rendita, sei sempre chiamato a chiederti perché lo fai? Devi abbandonare ogni rigidità e rimetterti in discussione. Sono tante le cose che interpellandoti, ti dicono “rimettiti lo zaino in spalla e cerca nuove sfide”. Anche sul piano educativo, le stesse Comunità capi (il nucleo degli educatori presente in ciascun gruppo) modellano continuamente la proposta educativa sulla base dei bisogni dei loro ragazzi, lasciandosi interpellare dai territori in cui operano. La sfida è quella di trasformare ogni situazione in un’opportunità, individuando le risorse su cui fare leva. È quanto accaduto anche nella mia esperienza personale e comunitaria. Ed è nei territori, nell’abitarli, con un’identità solida ma aperta, che è più forte la messa in discussione della proposta educativa in un modo che sia capace di cogliere e accogliere le sfide che si hanno davanti.

Quali i cambiamenti più sfidanti oggi?
Le comunità presenti nei piccoli e grandi centri dei nostri territori cambiano continuamente fisionomia in relazione ai flussi migratori, in arrivo e in partenza, dettati dalla ricerca di migliori opportunità di studio, di lavoro, insomma di benessere per sé e per i propri cari. Ci sono porzioni del nostro paese soggette ad un’emorragia giovanile continua verso realtà lontane, ma al tempo stesso è consolidato il cambiamento della popolazione, avvenuto nelle piccole e grandi città, dai centri storici alle periferie, dettato dall’arrivo di nuove etnie. Sono cambiamenti che non si possono rincorrere, ma chiedono di porsi al loro fianco, al loro passo. La posto in gioco è alta: il senso di cittadinanza del domani. Crediamo di poter affrontare tutto ciò in forza dell’esempio che ci proviene dai gruppi scout e che fanno aprire strade nuove alla proposta educativa dell’associazione.

L’esperienza in pandemia ci ha aiutato a valorizzare i linguaggi dei ragazzi, ci hanno insegnato ad utilizzarli e a comprendere un mondo che criticavamo.

Fabrizio Marano

Dopo i due anni di emergenza pandemica si parla sempre più spesso di “emergenza educativa”. Come vi siete attrezzati ad affrontarla?
Se guardo ai mesi passati trovo incoraggiante il fatto che abbiamo avuto la capacità di attraversare questo tempo, non ci siamo fermati. Il periodo della pandemia può aver bloccato qualcosa, ma allo stesso tempo l’averla affrontata ha permesso di suscitare speranze e trovare risorse su cui fare leva. Basti pensare a tutte le Comunità capi che nei 1.900 gruppi hanno perseverato, in ogni modo, nel mantenere un rapporto e un incontro reciproco con i ragazzi. Anche online abbiamo vissuto momenti ricchi di amore che spesso ha coinvolto le famiglie. Attraversare quei momenti ha comportato un investimento sull’adultità di cui beneficiamo oggi.

Ora si ricomincia…
Più che un ricominciare è un “proseguire”. L’esperienza in pandemia ci ha aiutato a valorizzare i linguaggi dei ragazzi, ci hanno insegnato ad utilizzarli e a comprendere un mondo che criticavamo. Devo dire che i ragazzi e i giovani sono stati i più valorosi, più di tutti, hanno sopportato tante difficoltà acuite dall’impossibilità di esprimere l’energia che portano dentro. Hanno fatto i loro sacrifici, rendendo sacro il loro tempo, adesso sta a noi adulti saper ascoltare le scelte che hanno maturato.

… andando ad abitare i territori e le periferie seguiamo la Chiesa in uscita di Francesco con uno “scautismo in uscita”

Fabrizio Marano

In che senso?
Le sfide educative ci interpellano, chiedono modifiche su alcuni piani, soprattutto nella formazione do noi adulti e in questo l’ultimo Consiglio generale dell’Agesci è stato un laboratorio importante. Basti pensare al documento redatto insieme dai rover e dalle scolte (17-21 anni) rappresentanti delle 20 regioni d’Italia, con 40 capi. È il segno di una comunità aperta. Un documento che si integra alle Strategie Nazionali di Intervento dell’Agesci. Ci aiuta a elevare il pensiero e soprattutto per noi adulti è un invito a lasciarci interpellare dai giovani che ci mostrano dove andare. In fondo il motto di Baden Powell “Ask the boy”, chiedi al ragazzo, è sempre attuale.

I primi impegni da Capo Scout d’Italia?
Innanzitutto incontrare le realtà territoriali. Con me ovviamente c’è Daniela Ferrara, la Capo Guida d’Italia. È importante recarsi nei luoghi dove la proposta scout si incarna allo scopo di conoscere da vicino tante buone prassi e ascoltare capi e ragazzi. Dove necessario si tratta di incoraggiare ad andare avanti. Non è da trascurare il fatto che nei piccoli centri e nelle periferie stanno venendo meno alcuni presidi educativi, anche nelle chiese non sempre c’è un parroco e questo rappresenta un impoverimento per le comunità. Lo scautismo da sempre abita capillarmente il territorio portando la proposta scout lì dove ci sono più esigenze. E in questo momento occorre andare a cercare luoghi e spazi in cui portare una proposta educativa. È una sfida alta, adottando territori e periferie e lì creare qualcosa insieme, scout e comunità locali, la modalità è un po’ quella della missionarietà. Non cerchiamo uno sviluppo numerico ma andando ad abitare i territori e le periferie seguiamo la Chiesa in uscita di Francesco con uno “scautismo in uscita” e la richiesta che ci arriva in questa direzione è molto forte.


Nell'immagine in apertura Fabrizio Marano – Foto ©Giacomo Bindi

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