Welfare

Emergenze dimenticate, la Caritas c’

Turchia, India, Salvador, Balcani, Afghanistan... ecco dove la Caritas Italiana e in particolare quella vicentina continuano a operare

di Gabriella Meroni

Qualche giornale e qualche tv ricordano in questi giorni i più importanti avvenimenti del 2001. Fra questi, alcune emergenze umanitarie, dovute a guerre o a catastrofi naturali, che hanno provocato immani sofferenze a popolazioni il più delle volte già ai limiti della sopravvivenza. Emergenze dimenticate in fretta, troppo in fetta, quando le telecamere televisive hanno abbandonato quei luoghi. Eppure, per quelle popolazioni inizia proprio in quel momento il periodo più difficile: impossibile ricostruire senza la solidarietà e l’aiuto internazionale. Fra le tragedie che in questi giorni rischiamo di far passare nel dimenticatorio, il drammatico terremoto in India nel gennaio scorso e le inondazioni di luglio nella parte orientale del paese, il terremoto in Salvador in gennaio e febbraio, quello in Perù a giugno, senza contare il terremoto in Turchia e l’emergenza profughi nei Balcani nel ’99, fino ad arrivare all’emergenza profughi per la guerra in Afghanistan. “Occorre prestare molta attenzione – spiega don Giovanni Sandonà, direttore della Caritas vicentina – perché la beneficenza mordi e fuggi rischia di creare più danni che effetti positivi. Come Caritas Vicentina siamo stati presenti, grazie alla solidarietà di molti vicentini – nelle emergenze umanitarie sorte nel corso del 2001 e anche nelle attività di ricostruzione relative a emergenze degli anni precedenti, sempre con uno stile fondato sulla collaborazione con le Caritas locali e con uno spirito improntato più al fare con che al fare per”. Uno stile che per ogni emergenza prevede da parte della Caritas Italiana progetti di assistenza e sostegno alle popolazioni, dopo la fase della prima emergenza, per almeno 2-3 anni. Il bilancio della Caritas parla chiaro: nel corso dell’anno 2000 la Caritas ha raccolto offerte per emergenze straordinarie per un miliardo e 100 milioni, di questi ne sono stati utilizzati nel corso dello stesso anno più di 424 milioni: 83 milioni sono serviti per finalizzare gli interventi per emergenze dell’anno ’98 in Centro America, Campania e in favore del popolo curdo, per un totale di 83 milioni. Altri 240 sono serviti per sostenere le popolazioni di Turchia, Venezuela, Taiwan, Messico e Etiopia colpite da catastrofi naturali o carestie nel ’99. Infine, altri 102 milioni sono serviti per finanziare una prima e non conclusiva serie di interventi in Mozambico e Kosovo, il primo colpito nel ’99 da una terribile alluvione, il secondo dalla guerra. Se a questo bilancio aggiungiamo quello degli anni precedenti e quello del 2001, il quadro inizia ad essere più definito. Ecco di seguito un resoconto particolareggiato degli interventi effettuati dalla Caritas Vicentina nelle varie emergenze. Turchia Nell’agosto e nel novembre ’99 la Turchia è sconvolta da due terribili terremoti che colpiscono le regioni di Adapazari e Duzce. L’impegno della Caritas vicentina si concentra nella ricostruzione della scuola elementare di Akarca, distrutta da quell’evento e il cui nuovo edificio è stato ufficialmente inaugurato nel settembre 2001. Sono stati per primi proprio i vecchi e attuali allievi del Liceo Saint-Joseph, le rispettive famiglie, i Padri responsabili delle scuole Cristiane a lanciarsi un una generosa gara per la ricostruzione della scuola elementare di Akarca, località non lontana da uno degli epicentri del terremoto, Adapazari. Una mobilitazione con concerti, rappresentazioni teatrali, feste e altre attività di beneficenza. Un’operazione, quella della riedificazione della scuola, che è andata al di là della costruzione materiale dell’edificio, ma che ha permesso alla differente gente del posto (musulmani e cattolici) di conoscersi, di realizzare una reciproca accoglienza e sostegno spontanei. La ricostruzione è costata circa 1,75 miliardi di lire italiane, di cui a carico della Caritas Vicentina e di altre Caritas italiane sono stati circa 235 milioni. Balcani Dopo i bombardamenti della primavera del ’99, la tragedia dei profughi fuggiti in Albania e Macedonia, la Caritas Vicentina si è impegnata in Kosovo con le altre Caritas del Nord Est nella ricostruzione umana e materiale nella zona di Peje. In particolare, con un progetto che prevedeva la ricostruzione di 100 case distrutte durante la pulizia etnica e i bombardamenti, il sostegno per la ricostruzione e la sistemazione dell’ospedale di Peje in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera di Padova, la costruzione del Centro giovanile e degli spazi per la Caritas parrocchiale nella stessa città. Progetti che hanno comportato un impegno finanziario complessivo, per la Chiesa del Triveneto, di 2,6 miliardi di lire. Le case sono state ricostruite grazie a ditte del posto o con attività di autocostruzione da parte delle stesse famiglie kosovare. Il tentativo, riuscito, è stato quello anche in questo caso di attivare tutte le risorse disponibili sul posto, anche per mettere in moto l’economia locale così duramente provata dalla guerra. In molti casi si è partiti dalle fondamenta, si sono ricostruiti gli impianti, i serramenti, i sanitari, fino al tetto. La Caritas di Vicenza ha sostenuto questo sforzo con 332 milioni di lire, frutto della solidarietà che i vicentini hanno espresso ai popoli dell’altra costa dell’Adriatico nei tragici mesi dell’emergenza. Fondi che sono serviti subito per affrontare l’emergenza dei profughi, arrivati a migliaia anche a Lushnje (Albania), dove si sono concentrati gli sforzi della Chiesa vicentina, che ha agito in coordinamento con i padri dell’Istituto San Gaetano e delle Suore della Divina Volontà, presenti lì da sette anni. Subito furono comprate coperte, materassi, generi di prima necessità. Poi durante l’estate del ’99 furono realizzati progetti di animazione coi bambini. A medio termine, si sono avviati i succitati progetti legati al rientro dei profughi in Kosovo. L’Albania, che già era povera, ospitò, durante le tragiche settimane dell’emergenza-profughi, con grande senso di solidarietà i cugini kosovari. La sua situazione non è stata però dimenticata dalla Chiesa berica, che attraverso la Caritas si è impegnata per la costruzione a Lushnje di un centro di aggregazione giovanile. Così, dopo un centinaio di milioni donati nei momenti caldi dell’emergenza del ’99, successivamente, attraverso i missionari vicentini presenti sul posto, sono stati donati altri 50 milioni con i quali è stato realizzato un luogo di incontro e formazione alla interetnicità, all’interculturalità e interreligiosità nell’area balcanica. E’ in fase di realizzazione, grazie all’intervento del Vescovo Pietro Nonis, anche un luogo di culto intitolato ai santi Pietro e Paolo: sarà l’unico tempio cattolico in tutto il distretto di Lusnje, al quale fanno capo 150 mila albanesi. Sono molti i volontari vicentini che conoscono Lushnje per avervi operato. Un gruppo di questi ha costruito, all’ingresso del Centro della Comunità, una grande croce. “A Natale – racconta don Zeno Daniele dell’Istituto San Gaetano, presente lì da sette anni – i musulmani fanno con sincerità gli auguri ai cristiani”. India 26 gennaio 2001: apocalisse in India. Un terremoto dell’8° grado della scala Richter provoca oltre 20 mila vittime. L’epicentro è situato nello stato del Gujarat, al confine col Pakistan. La città di Rapar è interamente rasa al suolo. Al terremoto si aggiungono le tragiche ma purtroppo cicliche alluvioni di origine monsonica e che interessano il grande paese asiatico e che causano l’isolamento di centinaia di villaggi e la morte di decine di migliaia di persone. Nel 2001 le inondazioni nel periodo fra il 3 e il 25 luglio hanno sommerso la zona di Orissa con 2-4 metri di acqua. Quello di Orissa è uno dei 26 stati della Repubblica Indiana, conta 48 milioni di abitanti e sorge nella parte orientale del paese. E’ uno degli stati più poveri, dove sfruttamento e schiavitù sono ancora la norma, a causa di rapporti sociali basati sulla presenza di una minoranza di latifondisti appartenenti alla casta superiore dei Bramini (l’1% della popolazione) e tutto il resto della popolazione che dipende dai padroni dei terreni per il proprio sostentamento. Si tratta di una zona sottoposta alle regolari e tragiche inondazioni che hanno conseguenze drammatiche su questa popolazione già provata. La Caritas Vicentina nello Stato di Orissa sta seguendo, grazie alla preziosa collaborazione del padre verbita Joseph Sathiyaseelan, che vive a Vicenza, un progetto per la ricostruzione di 50 case per 60 famiglie che non ce l’hanno e di 22 pozzi per l’acqua potabile che serviranno 28 villaggi (tremila persone). Delle opere beneficieranno soprattutto l’82% dei fuori casta, i Dalit, appartenenti a minoranze etniche, le prime vittime delle inondazioni, persone che già sopravvivono con un dollaro al giorno. Il progetto che viene realizzato seguendo le indicazioni della chiesa locale e discutendone i contenuti con la gente del posto. Il costo totale si aggira sui 200 milioni, il 20% del quale è a carico locale. Il contributo della Caritas di Vicenza è di 4.232.000 rupie (92 mila dollari, ossia circa 185 milioni di lire). Salvador Il Salvador nel 2001, anche se nessuno se lo ricorda, è stato colpito da ben due terremoti: il primo il 13 gennaio 2001 (7,6 gradi della scala Richter: 110 mila famiglie colpite, 59 mila abitazioni distrutte), il secondo un mese esatto dopo (questa volta di 6,1 gradi della scala Richter: 283 morti, 3000 feriti, 168 mila disastrati, 3 mila abitazioni danneggiate e 31 mila distrutte). La Caritas vicentina partecipa ai progetti di prima assistenza e ricostruzione attraverso la Caritas Italiana, che fra l’ottobre 2001 e il dicembre 2003 prevede di stanziare 1.350.000 dollari, quasi 3 miliardi di lire. Si tratta di un piano triennale di ricostruzione e riabilitazione delle comunità rurali più povere, realizzato in coordinamento con Caritas El Salvador. Gli obiettivi sono quelli di offrire alle famiglie colpite una casa definitiva degna, formando professionalmente le famiglie alla costruzione delle opere in muratura, di carpenteria e altre mansioni necessarie. Si mira poi a favorire l’organizzazione comunitaria e la formazione dei leaders comunitari, per sviluppare processi di rappresentanza politica e di difesa di propri diritti, a promuovere la formazione negli ambiti della prevenzione, della protezione civile e dell’accompagnamento in situazioni di disastro. Infine, si tende a promuovere una salute integrale, con relative attività di formazione, e a creare occasioni e fonti di lavoro. Nella prima e seconda emergenza la Caritas Italiana aveva già provveduto all’invio di 410 milioni. Afghanistan E’ l’emergenza di questo momento: una lotta contro il tempo in Afghanistan per poter fornire aiuti adeguati a quanti si trovano stretti nella morsa del gelo invernale e delle conseguenze della guerra. L’azione della Caritas in favore di profughi e sfollati afghani si svolge in collaborazione con le Ong locali. Caritas Pakistan, dalle due basi di Peshawar e Quetta, grazie anche al sostegno di Caritas Italiana, attraverso cui agisce anche la Caritas berica, nei prossimi mesi continuerà a dare aiuti concreti a oltre 200.000 persone e a lavorare per favorire il dialogo, la riconciliazione, la pace. Per far fronte ai nuovi arrivi la Caritas ha intensificato la sua presenza a Lahore, Rawalpindi e Multan. Ufficialmente sono solo 2.000 i profughi finora tornati in Afghanistan. La maggior parte preferisce restare nei campi di accoglienza in Pakistan, in attesa della primavera. La grossa ondata di rientro è attesa dunque per maggio. Intanto la rete internazionale Caritas ha avviato progetti per rispondere ai bisogni più urgenti degli sfollati all’interno dell’Afghanistan, grazie anche alla conoscenza del terreno e alle possibilità logistiche di partners locali. Pochi giorni fa c’è stata una teleconferenza per concordare l’apertura di una sede a Kabul, come riferimento per tutte le operazioni della rete Caritas, grazie anche al sostegno logistico del CoAR (Co-ordination for Afghan Relief), che opera nel paese da 12 anni. È stato comunicato l’arrivo di un cargo di generi umanitari nella capitale afghana ed è stato ribadito l’impegno prioritario della Caritas per la riconciliazione e la pace. Su questo tema è stato convocato un incontro internazionale a Zurigo, per il 4 gennaio. Alla Conferenza internazionale dei Governi coinvolti nella ricostruzione in Afghanistan, che si è tenuto dieci giorni fa a Bruxelles, ha partecipato anche un rappresentante della Caritas. Ecco di seguito alcuni degli interventi già in atto. Dal 27 novembre 400 famiglie nei campi di “Makaki” e “Mile 46”, a Nimruz, lungo il confine iraniano, ricevono cibo e generi di prima necessità, grazie in particolare all’impegno di Cordaid-Caritas Olanda e dell’associazione afghana VARA (Voluntary Association for Rehabilitation of Afghanistan). Tutti i mesi ad ogni famiglia vengono consegnati 50 chili di farina, 10 chili di fagioli, 5 chili di olio, 5 kg di zucchero, 1 kg di tè, oltre a sapone in polvere, scarpe, coperte, teli di plastica, una stufa e 20 litri di cherosene. L’aiuto sarà esteso ad altre 2000 famiglie. Inoltre, insieme alla Ong afghana Bost Rehabilitation Organisation, nella provincia di Helmund, vicino Kandahar, la Caritas per ora sta fornendo cibo e coperte a 200 famiglie di sfollati, ai quali intende dare un’assistenza più completa. È anche in fase di studio un progetto per l’allestimento di un impianto di irrigazione che consentirebbe la ripresa delle attività produttive. Per sostenere gli interventi in atto (causale: “Profughi e vittime nuova guerra”) si possono inviare offerte alla Caritas Italiana tramite c/c postale n. 34 70 13 e c/c bancario n. 11113, ABI 5018 -Cab 12100 – Banca Popolare Etica, Piazzetta Forzatè, 2 – Padova, oppure c/c bancario n. 100807, ABI 03069 – CAB 05032 – Intesa Bci – p.le Gregorio VII, Roma, o con Cartasì (Visa, Mastercard) telefonando allo 06 541921 in orario d’ufficio.


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