Economia

A Bologna inizia il futuro delle Cooperative di Comunità

Oggi è si conclude la seconda edizione della scuola delle cooperative di comunità organizzata dall’Alleanza delle cooperative italiane. «Dopo aver osservato “buone pratiche”, tipologie e modelli è davvero il tempo di passare all’azione»

di Paolo Venturi e Flaviano Zandonai

Il futuro è azione. È questo il messaggio – semplice e forte insieme – che emerge dalla seconda edizione della scuola delle cooperative di comunità organizzata dall’Alleanza delle cooperative italiane di Reggio Emilia nel bel mezzo dell’Appennino Tosco-Emiliano. Dopo averla tanto evocata – forse qualcuno ricorderà la “voglia di comunità” che intitolava un fortunato libro di Zygmunt Bauman – e dopo averla osservata attraverso “buone pratiche” e sezionata in tipologie, modelli e forme è davvero il tempo di passare all’azione per generare un impatto che da localizzato diventi sistemico. Una comunità che non sia solo il sacrario di matrici culturali o il cenacolo di attivisti, ricercatori, policy maker “illuminati”, ma piuttosto un modus operandi diffuso in diversi ambiti. Un cammino già avanzato, anche lungo sentieri che delle dimensioni fondative delle comunità naturali se ne fanno ben poco: sono comunità senza spazio fisico e che coltivano, consapevolmente, la diversità, a partire da elementi di interesse collettivo ben definiti e misurabili e non da dichiarazioni di valore che invece si sostanziano “in corso d'opera”.

Ecco forse è dai pragmatici che dobbiamo imparare. Da quelli che, a Succiso, Cerreto Alpi e in altre “aree interne”, si rimboccano le maniche per rispondere a shock ambientali e sociali che rompono le routine della vita quotidiana ma sprigionano anche nuove energie per rigenerare risorse compromesse, abbandonate, sottoutilizzate. Oppure dai social strategist come Alessandro @alekone Minnino per cui le comunità si possono costruire artificialmente “partendo da zero” e pescando, in modo mirato, nel mare magnum del web.

Che cosa ci insegnano dunque? In primo luogo a coltivare il carattere conversazionale, sia quello spontaneo sia quello che scaturisce da un qualche “piano editoriale” che propone contenuti e stimoli. Senza questo sottofondo è inutile baloccarsi con questioni di natura giuridica e tassonomie scientifiche. Un lavoro di moderazione, come ricordava Luigi Nardacchione il fondatore della ormai mitica social street di via Fondazza a Bologna che mischia competenza e leadership legata alla manutenzione del sistema relazionale. In secondo luogo il pragmatismo comunitario ricerca, altrettanto intenzionalmente, una relazione extralocale come hanno fatto a Esino Lario, un paesino di 760 abitanti in provincia di Como che battendo fior di metropoli è riuscito ad aggiudicarsi la sede del prossimo meeting mondiale di quella che può essere considerata una delle community globali più influenti: wikipedia. Infine l’economia. Che nelle comunità si genera – come ricorda Giovanni Teneggi, uno degli animatori della scuola reggiana – come in un hub, ovvero alimentando non solo il conto economico dell’impresa comunitaria, ma anche e soprattutto quello di altri attori che usufruiscono e al tempo stesso manutengono risorse di uso comune. In uno slogan: community as a common.

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