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Save the Children in Grecia: «Profughi, punto di non ritorno»

Valerio Neri, assieme al responsabile comunicazione dell’ong Filippo Ungaro, è ad Atene dopo essere stato nei punti di sbarco dei profughi sulle isole e in procinto di andare a Idomeni, frontiera greco-macedone. «Anche la capitale è in enorme difficoltà, ci sono 10mila persone in cinque campi e molta gente, in particolare afghani, vaga per le strade dopo essere tornata dai confini chiusi negli ultimi giorni»

di Daniele Biella

«Vediamo migliaia di profughi qui ad Atene, come in tutta la Grecia, che non capiscono cosa succede alle frontiere europee e sono in preda a incertezza e disagio, non sapendo cosa aspetta loro nelle prossime ore. Nemmeno noi operatori, del resto, sappiamo quello che stanno facendo i rappresentanti dell’Unione Europea, impegnati in una partita a scacchi dove a perdere sono solo persone innocenti». Valerio Neri e Filippo Ungaro, rispettivamente presidente e responsabile comunicazione di Save the Children, sono in queste ore nella capitale greca. Nei giorni scorsi sono stati a Chios, Lesvos e altre isole che si affacciano verso la Turchia «e stanno registrando un incessante numero di sbarchi di profughi” – l’ultimo naufragio ieri, con cinque vittime tra cui un neonato – mentre oggi venerdì 11 marzo si recano a Idomeni, al confine chiuso greco-macedone, dove sono stipate 15mila persone, tra cui 5mila minori (in tutta la Grecia sono 300mila, di cui un terzo sotto i 18 anni), in un campo che ne dovrebbe contenere al massimo 1500 e dove anche Save the children è presente con i propri “spazi a misura di bambino» oltre a distribuire beni di prima necessità.

La situazione è tanto drammatica quanto senza prospettive positive: «Un vero e proprio punto di non ritorno, perché nonostante i confini chiusi e le recente assurda decisione dell’Unione europea di chiedere alla Turchia di riprendere i profughi, queste persone non si fermeranno nel loro viaggio di speranza verso una vita migliore. Voglio raggiungere parenti, conoscenti, luoghi dove sanno di potere ricominciare a vivere e non hanno più nulla da perdere», sottolinea Neri. “Chiediamo all’Unione europea di rispettare il diritto internazionale, non di andargli contro con decisioni lesive dei diritti umani”. Nella piazza più famosa di Atene, Victoria – assieme a Syntagma, una di quelle balzate negli ultimi anni alle cronache per le manifestazioni del popolo greco contro l’austerità – fino a martedì 9 marzo stazionavano almeno 300 migranti, in particolare dell’Afganistan, “prima di essere trasferiti nei centri o di avere trovato altre strade per continuare il proprio percorso”. Vie che conducono al tremendo business dei trafficanti di terra, pronti ad approfittare del caos e delle decisioni restrittive come la chiusura delle frontiere per aumentare volume e prezzi del proprio contrabbando di esseri umani, come sta già avvenendo, in base alla segnalazione di operatori umanitari, alla frontiera tra Serbia e Bulgaria.

“In tutto questo, la preoccupazione ovviamente sale quando ci troviamo davanti a famiglie con minori. Una scena che non dimenticheremo è quella di pochi giorni fa all’isola di Chios, quando è scesa in salvo da un gommone una madre siriana con i propri cinque figli, tra cui uno di poche settimane, senza altra figura adulta al fianco”, riprende il presidente di Save the children. “A rischio elevato sono in particolare i msna, minori stranieri non accompagnati: ne vediamo molti, cerchiamo di parlarci e capire come aiutarli, sulla base della nostra esperienza in Italia come altrove. Ma in questa situazione di emergenza è tutto molto difficile, soprattutto al pensiero che ci siano dietro l’angolo persone criminali pronte a inserirli nel giro dello sfruttamento, se non addirittura della prostituzione”, denuncia Neri. Che ribadisce: “Basta egoismi tra Stati europei e decisioni miopi, si trovi una risposta comune che dia dignità a queste persone, che non lasci i bambini nella vulnerabilità. Non c’è più tempo da perdere”.

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