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Più Pil e più giovani. Per fortuna ci sono i migranti
Gli stranieri garantiscono 3miliardi di saldo attivo ai conti pubblici. Tutti i numeri dell'impatto positivo dell'immigrazione sul nostro Paese sul numero del magazine in edicola da venerdì
Il fenomeno migratorio verso l’Italia ha conosciuto negli ultimi anni fasi diverse. La prima fase è stata quella del grande “assalto”, caratterizzato dall’arrivo di migranti singoli alla ricerca di un lavoro e di una possibilità di reddito, alla quale ne è seguita un’altra in cui i lavoratori si sono preoccupati di ricongiungersi alle loro famiglie, poi è arrivata la crisi che da un lato ha smorzato l’effetto-richiamo e dall’altra ha provocato uno spostamento dei lavoratori entrati in Italia verso altri Paesi europei o addirittura la decisione, da parte di alcuni, di rimandare in patria la famiglia e restare qui da soli a lavorare sperando in un fu- turo migliore. Ed è la fase 3, quella attuale. Se proviamo a riflettere su quello che accadrà da oggi in poi, la valutazione del fenomeno migratorio e del suo impatto sul nostro sistema economico, demografico, sociale e culturale presenta diverse dimensioni di analisi e lettura.
1. Una ricchezza demografica double face
La prima dimensione è quella demografica. Ebbene, l’impatto che la migrazione ha avuto sul nostro Paese da questo punto di vista è stato assolutamente positivo. La popolazione migrante arrivata in Italia è mediamente giovane, le famiglie hanno bambini piccoli, e nel complesso produce un saldo tra nati e morti di oltre 75mila unità in più l’anno, potendo contare su circa 80mila nati a fronte di circa 3mila morti. Se consideriamo che gli italiani – i numeri sono riferiti al 2015 – producono un saldo negativo di 165mila morti, la presenza immigrata diventa provvidenziale.
Certo se da un lato dunque esiste un indubbio effetto ringiovanimento della popolazione, tra 20 o 30 anni assisteremo a un “invecchiamento importato” che porterà ad avere ogni anno un numero significativo di signori e signore non nati in Italia che raggiungeranno i 65 anni di età e provocheranno inevitabilmente uno scossone al sistema previdenziale. Si tratterà infatti di persone che hanno diritto a ricevere la pensione, essendo invecchiati qui, ma molto probabilmente non avranno versato molti contributi, per varie ragioni: o perché hanno iniziato a lavorare tardi, o perché hanno vis- suto per molto tempo nell’ambito dell’economia sommersa. E non si tratterà di 5-6000 persone, ma anche di 200mila nuovi pensionati ogni anno. In conclusione, se i flussi migratori non possono che far bene dal punto di vista demografico nel breve e medio periodo, non risolvono certo il problema dell’invecchiamento nel lungo periodo, ma anzi lo aggravano. Non tutto è compromesso, chiaramente: abbiamo ancora davanti a noi un certo numero di anni in cui mette- re a fuoco il problema e intervenire. Non farlo però sarebbe miope e metterebbe a rischio un sistema già infragilito.
2. Un nuovo miracolo economico?
Esiste poi un aspetto economico mol- to importante. Ci sono diverse realtà che si sono esercitate nei calcoli, e i numeri del contributo economico apportato da- gli immigrati al nostro sistema sono ormai consolidati. In base a questi conteggi macro, parliamo di circa 16 miliardi di “versamenti” effettuati attraverso il pagamento delle imposte, i consumi, i con- tributi previdenziali, a fronte di circa 13 miliardi di costi per lo Stato in termini di welfare, scuola, assistenza sociale e con- tributi abitativi. La popolazione immigrata è giovane e attiva, e generalmente ha una gran voglia di realizzare il proprio progetto di vita quindi si dà da fare, lavora parecchie ore (si pensi solo alle badanti) e con un’altissima produttività. È un po’ quello che succedeva anche agli emigrati italiani all’estero, che facevano magari due o tre lavori senza risparmiarsi, e che quindi non a caso hanno determinato., 40 o 50 anni fa, il cosiddetto miracolo economico….
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