Mondo

Le inutili barricate della vecchia Europa

L’editoriale di Riccardo Bonacina sul numero di Vita in edicola da venerdì 4 marzo. Un magazine per guardare 
in faccia la realtà e per cambiare prospettiva mentre «di fronte a 60 milioni di migranti forzati in fuga da guerre e fame l’Europa reinstalla confini 
e innalza muri»

di Riccardo Bonacina

Di fronte alla realtà dell’immigrazione con tutto il suo carico di dolore, il dolore delle decine di migliaia di siriani in fuga, e con loro le migliaia di afghani, iracheni, africani, è giusto partire da noi, è giusto che ognuno interroghi se stesso. I migranti, infatti, non sbucano dal nulla ma ci ricordano le sciagurate guerre dell’Occidente in Somalia, Afghanistan, Iraq, Libia, Mali, e la guerra civile in Siria incoraggiata dai Paesi occidentali che in quasi in cinque anni conta più di 200mila morti e oltre 4 milioni di profughi. Ci ricordano le iniquità prodotte dal nostro stile di vita, i nostri peccati di omissione, gli accordi sottoscritti e mai attuati sull’aiuto allo sviluppo. Ci ricordano che invece dello sviluppo si è preferito esportare democrazia con le armi e le bombe e si è continuato a fare business sulla pelle dei più poveri. Aveva ragione Mauro Magatti quando più di un mese fa, di fronte all’ennesimo naufragio nell’Egeo con la morte di bambini, scriveva su Vita.it: “Oggi non voglio puntare il dito contro qualcuno e dire «la colpa è sua». Il punto è cosa rimarrà della mia coscienza dopo questi fatti. Come dice Papa Francesco ci stiamo abituando all’indifferenza. Quindi l’unica domanda da farsi è: cosa rimane della mia coscienza?

Ogni cittadino europeo se la ponga. Ognuno di noi si chieda da dove viene questo nostro vuoto, lo scollamento che viviamo tra realtà e coscienza. Dobbiamo porci questa domanda e lasciarla risuonare sin dentro le nostre ferite e i nostri spaesamenti”.

È giusto partire da questa domanda personale, da questo interrogare la nostra coscienza provando a guardare in faccia questo dolore migrante. Gianfranco Rosi, regista di Fuocoammare il docufilm che ha vinto l’Orso d’oro al recente Festival di Berlino, l’ha fatto, ha scelto di stare un anno a Lampedusa per guardare in faccia l’Africa scrutando il mare insieme agli abitanti dell’isola. Ha scrutato il mare con il piccolo Samuele con il suo “occhio pigro”, potente metafora della nostra distrazione, ha guardato ai migranti con gli occhi dei marinai della Marina nelle operazioni di salvataggio e di recupero dei corpi, e con gli occhi di Pietro Bartolo, il medico dell’isola chiamato a certificare i decessi e far nascere bambini dai ventri di donne stremate e disidratate. «Speriamo che il nostro film svegli le coscienze e l’Europa» hanno detto Rosi e Bartolo da Berlino.

Già l’Europa, l’Ue che qualcuno ha già rinominato “Unione degli Egoismi”, l’Europa in cui sorgono nuovi muri di mattoni o di filo spinato, in cui vengono ripristinate le frontiere (i Paesi che hanno sospeso Schengen sono ormai la maggioranza), guardate la nostra infografica nelle pagine interne. «C’è il rischio che l’intero sistema collassi» ha detto il commissario europeo Dimitris Avramopoulos al termine dell’ultimo vertice Ue sul tema migranti, il consiglio dei ministri degli Interni Ue del 25 febbraio scorso. Ed è proprio così, il sogno di un’Europa senza frontiere sta andando in frantumi per implosione, per paura, per egoismo, per la pressione di centinaia di migliaia di uomini e donne in fuga dalla fame, dalla sottrazione di terre, dai disastri climatici, da 33 conflitti in corso nel 2015. Sono quasi 60 milioni oggi i migranti forzati che abbandonano la loro casa, quasi 43mila persone al giorno in fuga. Il sogno di un’Europa capace di politiche migratorie comuni improntate ad uno spirito di solidarietà tra Paesi e con il mondo, sogno nato appena un anno e mezzo fa quando l’agenda migranti divenne tema dell’Unione e non più dei singoli Paesi è già al tramonto. Non si è riusciti neppure a realizzare le piccolissime decisioni prese nell’ultimo anno, come quella del ricollocamento tra Paesi Ue di 160mila profughi con diritto alla protezione internazionale. «Di questo passo la ricollocazione di 160mila persone decisa dalla Ue sarà completata il primo gennaio 2101» si è sfogato Junker. Intanto la realtà corre, il numero di migranti e rifugiati arrivati in Grecia e in Italia nel 2016 è già arrivato a 110.054 (102.547 arrivi nella sola Grecia), ma i muri che si levano sulle rotte orientali potrebbero presto dirottare le rotte ancora una volta verso l’Italia. Nel 2015, gli arrivi di migranti avevano superato la soglia dei 100.000 in luglio. Nel 2016 già 413 migranti e rifugiati hanno perso la vita nel Mediterraneo. Da settembre 2015 ad oggi in media due bambini al giorno hanno perso la vita in mare nel tentativo di attraversare con le loro famiglie il Mediterraneo orientale; 340 bambini annegati.

La realtà preme e le burocrazie europee girano la testa dall’altra parte sperando che il fenomeno si quieti. La politica, da parte sua, risponde alle sfide delle migrazioni guardandosi alle spalle con scelte patetiche e regressive: reinstallare i confini e costruire muri sui vecchi confini. Una soluzione patetica e inefficace.

Le soluzioni di cui avremmo bisogno dovrebbero includere e comprendere ciò che sta accadendo nelle aree di origine e provenienza dei migranti. Che senso, per esempio, ha dare 3 miliardi alla Turchia per l’assistenza ai migranti e investire solo 81 milioni in Siria e 1,8 miliardi per 23 Paesi africani da cui i migranti fuggono? «La storia non sarà tenera con i responsabili delle politiche europee», dice in questo numero Saskia Sassen.

La storia non sarà tenera e presenterà il conto se non proveremo a guardare, innanzitutto a guardare, il fenomeno delle migrazioni forzate come la più grande sfida che la nostra epoca pone a noi stessi e a chi ci governa. Bisogna cambiare presto prospettiva, bisogna considerare tutti i fattori in gioco, dal nostro declino demografico alla crisi dei sistemi di welfare che vivono un enorme paradosso: senza i migranti e il loro apporto alle nostre economie sono destinati a crollare, ma nello stesso tempo, a medio termine, sono destinati a non reggere l’impatto di centinaia di migliaia di nuovi arrivi. Bisogna cambiare in fretta il welfare, le politiche e il nostro sguardo. Il numero di Vita che avete tra le mani prova a fornirvi tutti i numeri e materiali per una riflessione seria sul tema. E vi propone le buone pratiche che sui territori continuano a fiorire anche se la politica non riesce ancora a valorizzarle. Una pagina interessante è quella dedicata alla rivolta degli artisti, una rivolta morale contro gli egoismi che interpella il nostro immaginario: da Ai Weiwei ad Adrian Paci, da Corrado Levi ad Alfredo Jaar che intervistiamo.

AVVISO. Questo numero, con la monografia sulle migrazioni e l’Europa, ci avvicina anche al grande cambiamento che abbiamo programmato per il prossimo mese: ad aprile, infatti, troverete una rivista completamente rinnovata, nelle sue caratteristiche cartotecniche e nelle sue modalità narrative. Il magazine si trasformerà un bookazine, ovvero un ibrido tra una rivista, con la sua grafica accattivante e curata, con la sua attenzione a ciò che succede, e un libro che offra ogni mese un grande approfondimento capace di durare nel tempo offrendo al lettore non solo un’informazione puntuale e delle opinioni ma anche tutti gli strumenti per capire e giudicare. Nell’epoca del digitale che anche noi attraversiamo con numeri da record per i nostri canali web, abbiamo deciso di investire ancor di più sulla carta, ma una carta che vinca la sfida della qualità e della durata. Una carta che aiuti a pensare e ad agire. Non perdetevi l’appuntamento con il prossimo numero.

Nella foto di apertura il memoriale temporaneo di Ai Weiwei realizzato alla Konzerthaus in occasione della Berlinale

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.