Welfare

Droga: nasce la prima “comunità di Stato”

Via libera alla "colonia agricola" che ospiterà i detenuti tossicodipendenti. Avrà sede a Castelfranco, il progetto affidato a San Patrignano

di Redazione

Mentre all?interno di governo e maggioranza si dibatte sull?opportunità di concedere alternative alla detenzione, il ministro Castelli ha dato il via a un progetto di sperimentazione per far uscire dalle celle i detenuti tossicodipendenti. Una sorta di “comunità di recupero” che per la prima volta in Italia sarà gestita direttamente dallo Stato. Il programma sarà operativo entro qualche mese. E? stata scelta la struttura, siglato l?accordo con la comunità di San Patrignano e sono state messe a punto regole e obiettivi della “colonia agricola” che consentirà il reinserimento nella realtà sociale e lavorativa di alcuni reclusi. Lo studio è stato avviato da Castelli poco dopo la sua nomina a ministro della Giustizia. L?idea era quella di trovare misure diverse dal carcere per chi fa uso di droga. Una strada con due finalità: consentire a queste persone una possibile riabilitazione e decongestionare i penitenziari, visto che secondo le ultime stime il 40 per cento dei detenuti è tossicodipendente, 20 mila tossicodipendenti su 57 mila detenuti. Il modello da seguire, secondo le indicazioni date da Castelli, era proprio quello studiato da Muccioli e così gli esperti del Dap, il dipartimento dell?amministrazione penitenziaria, hanno preso contatto con i responsabili di San Patrignano. Ci sono state diverse riunioni – comprese quelle relative alla copertura finanziaria da parte del governo – e alla fine il progetto ha ottenuto il via libera. La “colonia” avrà sede in un carcere dismesso che si trova vicino a Castelfranco, in Emilia-Romagna. Qualche mese fa è cominciata la ristrutturazione dell?edificio che all?interno disporrà anche di un centro clinico. Si tratterà di una struttura “aperta”, cioè senza controlli o limitazioni, se non quella di non poter uscire. Chi sarà ammesso al programma dovrà lavorare la terra e compiere tutte quelle attività agricole e artigianali che, così come avviene a San Patrignano, possanno essere poi legate a un progetto di distribuzione commerciale. Restano da stabilire i criteri di scelta dei detenuti che potranno accedere alla sperimentazione, ma è presumibile che saranno individuati tra coloro che hanno pene minime da scontare e che potrebbero già godere dei benefici concessi dalla legge. Una “selezione” che verrà fatta attraverso i tribunali di sorveglianza e con l?avallo delle direzioni delle carceri, così come avviene normalmente per chi chiede di poter beneficiare delle pene alternative. Al ministero spiegano che si tratta di un “esperimento”, sottolineano che non c?è alcun provvedimento legislativo, ma non negano che, se ci saranno buoni risultati, saranno create altre strutture simili in diverse parti d?Italia. “Castelli – spiegano i suoi collaboratori – crede molto nel?opportunità di far lavorare i detenuti per ottenere il loro reinserimento e ritiene che sia proprio questa la strada da percorrere per la creazione di circuiti alternativi alla detenzione”. E? proprio la soluzione prospettata da Giovanardi che ha già provocato la netta opposizione di Alleanza Nazionale.


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