Welfare

Se la star fa amicizia con le malefemmine

Nel film di Fabio Conversi, Malefemmine, Giovanna Mezzogiorno è un’attrice che finisce in prigione.

di Antonio Autieri

Giovanna Mezzogiorno, l?attrice italiana più emergente del momento dopo il grande successo de L?ultimo bacio, è protagonista di un nuovo film attualmente in programmazione. Malefemmine è forse il primo film che parla della condizione carceraria dalla parte delle donne: in genere i ?prison movie?, soprattutto nella variante hollywoodiana, sono film d?azione dove il tema principale è la fuga. E anche quando c?è la volontà di un regista impegnato di parlare delle condizioni di vita in carcere, è difficile che al centro della storia ci siano delle donne. Il film del regista Fabio Conversi, invece, ci racconta la storia di Francesca, un?attrice che finisce in galera a Pozzuoli, nel Napoletano. Il suo errore, che paga a caro prezzo, è la passione per un uomo sbagliato. Dopo l?iniziale, drammatico impatto (accresciuto dalla sua condizione normale, borghese) con l?ambiente carcerario, la disperazione di Francesca si tramuta in curiosità. In prigione scopre, con sua sorpresa, l?umanità di donne coraggiose, capaci di vivere perfino con umorismo la loro particolare vita. E particolare diventa la sua amicizia con Nunzia, una donna appartenente alla Camorra, che l?attrarrà con i suoi racconti e la sua passionalità. Ma, oltre alla storia di una giovane donna, il film parla di diverse donne, chiamate, con riferimento alla famosa canzone di Totò, Malefemmene. Sono donne che hanno sbagliato e che pagano salato i loro sbagli: costrette a vivere per chissà quanto tempo negli stessi dieci metri quadrati, non si abbattono e cercano di conservare la carica della propria umanità. «Non ho avuto bisogno di parlare con delle detenute, per questo film», racconta Giovanna Mezzogiorno, «perché la mia Francesca non sa nulla del carcere, vi entra come entrerei io. Volevo restituire sullo schermo la sorpresa, la paura, l?iniziale disagio e il progressivo adattamento di Francesca alla nuova situazione carceraria. È stata un?esperienza molto importante, che non dimenticherò mai. I silenzi del mio personaggio? È un atteggiamento intelligente, non arrogante, di chi osserva per capire le cose». La pellicola ha un amaro sfondo autobiografico: l?esperienza carceraria di Gioia Scola, ex attrice oggi sceneggiatrice e produttrice, che ha ideato e fortemente voluto questo film. Nel giugno 1995, infatti, il suo nome finì in un?inchiesta che portò all?arresto di una cinquantina di persone per traffico di cocaina e affiliazione alla camorra. Accusata di essere un corriere di traffici illeciti, la Scola fu prosciolta anni dopo. «Il mio soggetto nasce dal disagio e dallo sgomento», spiega la Scola, «per quello che mi è accaduto allora, ma anche dall?emozione per le donne che ho incontrato in carcere. Per questo film, non mi interessava che Francesca giudicasse le colpevolezze vere o presunte di quelle donne. Quando sei dentro è meglio non giudicare, perché la tua morale avrebbe dei problemi ad accettare la convivenza con delle criminali». E, infatti, la protagonista, che in carcere conosce una donna forte e affascinante come Nunzia, ha delle perplessità quando, una volta uscita, deve aiutare l?amica di cella a far sparire le prove della sua complicità in un crimine. «Desidera dare la libertà a quella donna, anche se questo non è moralmente giusto, ma è un gesto istintivo, passionale», riprende Gioia Scola. Che conclude: «Dedico il film a quelle donne che, costrette a convivere in un momento difficile, rimangono vive. Dove c?è vita, c?è dolore ma anche allegria».


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA