Economia
Bad Bank, trovato l’accordo con la UE sulle sofferenze delle banche
Il conflitto tra Roma e Bruxelles ruotava intorno a due questioni: il prezzo di cessione dei crediti deteriorati e il livello della garanzia pubblica sulle eventuali perdite degli investitori. Ecco cosa prevede il progetto italiano
La vicenda della bad bank italiana sembra aver avuto un lieto fine. Il conflitto tra Roma e Bruxelles ruotava intorno a due questioni: il prezzo di cessione dei crediti deteriorati, pari a 350 miliardi circa di cui 200 miliardi composti da sofferenze, e il livello della garanzia pubblica sulle eventuali perdite degli investitori. L’accordo prevede che il valore della garanzia richiesta dalle banche che cartolarizzano e cedono i crediti in sofferenza, sarà valutata a prezzi di mercato, in modo da evitare distorsione della concorrenza. Dal 1° gennaio 2016 con la nuova direttiva europea BRRD, nel caso di gravi crisi bancarie non è infatti più concesso ricorrere ad aiuti pubblici. Un prezzo troppo basso della garanzia avrebbe potuto mascherare un aiuto di stato, poiché le banche avrebbero ceduto i crediti deteriorati a un prezzo maggiore, con conseguenze per i contribuenti e per le altre banche prive di sostegno pubblico. Al contrario, un prezzo troppo alto avrebbe reso non conveniente per la banca il trasferimento dei crediti non performing alla bad bank.
Con l’accordo tornano in auge le cartolarizzazioni, uno strumento finanziario che le vicende più recenti vedono come tra i principali protagonisti della crisi finanziaria esplosa nel 2008. Si tratta quindi di una garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze (Gacs) che non prevede aiuti di Stato. Ogni banca potrà infatti far confluire i crediti in sofferenza a società veicolo create ad hoc, (bad bank), con il compito di “impacchettare” i crediti non performing, in obbligazioni strutturate da collocare sul mercato. Ma le sofferenze non sono tutte uguali. Al fine di agevolare la loro collocazione nel mercato, lo Stato garantirà soltanto le tranche senior delle cartolarizzazioni, cioè quelle più sicure, che sopportano per ultime le eventuali perdite derivanti da recuperi sui crediti inferiori alle attese. L’obiettivo è quello di creare pacchetti di titoli composti da crediti deteriorati con un alto rating da destinare agli investitori istituzionali. Mentre le tranches senza garanzie, vale a dire le obbligazioni junior e mezzanine, non molti diversi dai mutui sub prime americani, potrebbero trasformarsi in perdite per le banche e in rischi per i risparmiatori.
In ogni caso, secondo il Ministero dell’Economia e delle Finanze, l'intervento non genererà oneri per il bilancio dello Stato. Questo perché anche nell’ipotesi in cui la garanzia pubblica dovesse essere utilizzata a copertura della differenza tra prezzo di conferimento della sofferenza alla bad bank e il prezzo effettivo di realizzo delle sofferenze, non ci sarebbe alcun esborso di soldi pubblici, perché la garanzia è a pagamento.
Rimane quindi il problema di fissare un prezzo della garanzia che metta al sicuro il denaro dei contribuenti. Secondo l’accordo, il costo della garanzia sarà determinato sulla base dei prezzi dei CDS, credit default swap, che è in effetti come una polizza di assicurazione, degli emittenti italiani con un profilo di rischio simile a quello dei titoli garantiti. Il fatto è che il valore della garanzia fa riferimento ad un mercato, quello appunto dei CDS, non regolamentato e poco trasparente.
Nel frattempo è pronto anche il decreto contro i debitori morosi, perché accorciare i tempi con cui le banche riescono a recuperare una garanzia su crediti, aumenta il valore di mercato dei non performing loans. Ma Pier Carlo Padoan va oltre e prevede addirittura che le commissioni incassate siano superiori ai costi, e che possa essere pertanto un'entrata netta positiva.
Infine per evitare che singole bad bank possano incidere sulla concorrenza, la Commissione ha deciso di istituire un organo che vigili sulla corretta applicazione dell’accordo ed assicurare che sia libero da aiuti di Stato.
A forza di dire che è colpa dei crediti deteriorati se l’economia italiana non è ripartita, qualcuno ci ha creduto davvero. Nel mirino anche le nuove regole di capitale che la Banca centrale impone agli istituti di credito. I vincoli patrimoniali sono responsabili non solo di aver ostacolato la ripresa dell’erogazione del credito a imprese e famiglie ma anche ridotto l’impatto positivo del tanto atteso quantitative easing. Eppure Roma e Bruxelles sono convinti che la soluzione delle bad bank, insieme ad altre riforme messe in campo dall'Italia, dovrebbe migliorare l'abilità delle banche di concedere prestiti all'economia reale.
Ma c’è una cosa che bisogna chiarire. Il progetto di bad bank porta con sé il rischio di riprodurre molti errori del passato, ma anche del presente, e non risolvere i problemi che stanno alla base delle inefficienze del sistema creditizio.
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