Welfare
60mila italiani senza amministratore di sostegno, appello ai volontari
In Italia in 11 anni sono stati attivati 160mila amministratori di sostegno. Altre 60mila persone però sono state interdette. Pordenone sta 5 volte sopra la media nazionale grazie a un modello che coinvolge i volontari. L'associazione nazionale degli amministratori di sostegno solidali, appena nata, vuole esportare il modello. Con un'assicurazione ad hoc
Poco più di 11 anni fa, dopo quasi vent’anni di discussioni, il Parlamento approvava la Legge n. 6/2004, che istitutiva ex novo l’Amministrazione di Sostegno, il nuovo istituto di protezione degli incapaci. In questi 11 anni le persone “prive in tutto o in parte di autonomia” che hanno trovato un amministratore di sostegno per accompagnarle nel loro percorso sono state 160mila. Per altre 60mila, nonostante la legge, c’è stata ancora l’interdizione, ovvero la dichiarazione di essere incapaci di provvedere ai propri interessi: non si è trovato nessuno che facesse da amministratore di sostegno. In questo contesto nasce AIASS-Associazione Italiana Amministratori di Sostegno Solidali. Ha uffici a Pordenone e a Roma e il presidente è Sergio Silvestre. La onlus, gestita da volontari, fornirà supporto, assistenza e formazione sia agli amministratori di sostegno volontari che alle associazioni che svolgono tale funzione non come una professione ma come un “servizio” nei confronti di soggetti deboli, privi in tutto o in parte di autonomia, su tutto il territorio nazionale.
Quali sono oggi le criticità legate all’amministratore di sostegno?
La legge ha un’applicazione a macchia di leopardo. Il primo candidato a fare l’amministratore di sostegno della persone con disabilità ovviamente è un suo familiare. Quando la famiglia non c’è o al suo interno non vi è nessuno in grado di svolgere questo ruolo, solitamente i Tribunali si rivolgono a dei professionisti, commercialisti o avvocati, perché tra i compiti dell’amministratore di sostegno c’è quello della gestione e amministrazione del patrimonio della persona con disabilità. Questo è un pezzo della responsabilità, perché poi c’è tutta la gestione ordinaria della persona, non nel senso dell’assistenza quotidiana, ma nel senso che l’amministratore deve garantire il benessere della persona disabile, con cui si crea un rapporto quasi di cordone ombelicale. Comprensibilmente accade che i professionisti siano disposti a fare l’amministratore di sostegno ove ci sia un patrimonio consistente da amministrare, meno quando questo patrimonio non c’è e il compito dell’amministratore è soprattutto quello di garantire che si diano risposte alle esigenze della persona con disabilità. Per questo motivo per 60mila persone, in questi anni, è stata comunque dichiarata l’interdizione.
C’è un compenso per l’amministratore di sostegno?
Secondo la legge il ruolo è gratuito, ma è previsto un “giusto indennizzo”. I giudici lo stabiliscono all’atto della nomina. Sia chiaro, il problema non sono i professionisti – che anzi sono una risorsa importante quando ci sono patrimoni e responsabilità importanti, non c’è “concorrenza” – ma il fatto che per ancora troppe persone si debba ricorrere all’interdizione, mentre con una buona formazione qualche persona disposta a fare l’amministratore di sostegno volontario si potrebbe avere. Quindi da un lato l’associazione vuole promuovere e valorizzare la figura dell’Amministratore di Sostegno volontario, dall’altro vuole dare un contributo per creare professionisti in grado di gestire le situazioni più delicate, che in questo momento sono quelle psichiatriche, dove la famiglia spesso non ce la fa. Per questo all’Università di Trieste è in corso, in via sperimentale, un corso di specializzazione post universitario per educatori che vogliano formarsi sull’amministrazione di sostegno. Ha una trentina di iscritti e anche i docenti lo stanno facendo a titolo volontario.
Quindi cosa serve?
In Italia in questi 11 anni abbiamo avuto 160mila amministratori di sostegno, di cui 8mila sono in Friuli Venezia Giulia, di cui 4mila solo a Pordenone. Il tribunale di Pordenone, in rapporto ai suoi abitanti, ha 5 volte più amministratori di sostegno della media. Perché? Perché fin dal 2004 sono state create le condizioni per mettere insieme tutti i soggetti coinvolti: aziende sanitarie, comuni, terzo settore. A Pordenone c’è una legge regionale che riconosce il ruolo o le responsabilità dell’amministratore di sostegno volontario, esiste un albo di volontari formati, le associazioni curano uno sportello che supporta i volontari nell’attività dell’amministratore di sostegno. Funziona: ci sono risultati positivi, altrove non sanno come raccapezzarsi. La nuova onlus, gestita da volontari, fornirà supporto, assistenza e formazione sia agli amministratori di sostegno che alle associazioni che svolgono tale funzione non come una professione ma come volontariato
Nelle altre regioni non c’è nulla di simile?
Oltre al Friuli Venezia Giulia solo Emilia Romagna e Liguria hanno leggi in materia, anche se quest’ultima non affronta il tema dei volontari. È un’esigenza forte, altre regioni ci stanno lavorando e Lazio e Toscana hanno avuto contatti con il Friuli Venezia Giulia, per quel modello. Un aspetto importante dell’attività dell’associazione riguarderà la messa in rete delle esperienze già esistenti, al fine di avviare, tramite convenzioni, protocolli d’intesa o accordi, rapporti istituzionali con lo Stato, le Regioni, i Tribunali e gli enti locali competenti, anche tramite la gestione di eventuali servizi affidati o delegati direttamente all’associazione nazionale o alle associazioni ad essa collegate.
Dinanzi alle responsabilità che l’amministratore di sostegno si assume, come si tutela una figura volontaria?
A tutela dell’azione volontaria svolta dagli amministratori di sostegno, l’associazione ha promosso un’apposita polizza assicurativa nazionale che coprirà, chi svolge tale funzione su nomina del Giudice Tutelare, sotto il profilo legale, giuridico, amministrativo e assicurativo dai rischi derivanti dall’amministrazione del patrimonio della persona amministrata. Oggi le assicurazioni che coprono questi rischi – banalizzo, che succede se mi dimentico di pagare l’F24? – costano moltissimo, perché sono quelle dei professionisti. Grazie a una compagnia assicurativa abbiamo creato un’assicurazione specifica, per chi svolge questo ruolo come volontario o per i familiari, con un premio assolutamente sostenibile, diciamo dieci volte meno di quello attuale.
Foto CARLOS RAMIREZ/AFP/Getty Images
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