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Giocatori d’azzardo: stime, dati o approssimazioni?
Quanti sono i malati di gioco d'azzardo in Italia? Tutti ne parlano, ma nessuno lo sa. Secondo il Ministero della Salute i pazienti affetti da disturbo da gioco d’azzardo in trattamento sono 12.376. Secondo dati Eurispes risalenti al 2009 i giocatori patologici adulti si aggirerebbero tra i 302mila e 1milione e 300mila. A chi credere? Forse la realtà è più complessa, di quanto stime e numeri dicono e non dicono
Dal 1980 è possibile fare diagnosi di gioco d’azzardo patologico, da quando per la prima volta viene inserito del DSM-III tra i “disturbi del controllo degli impulsi, non classificati altrove”, nelle versione successive tale diagnosi viene confermata per poi cambiare collocazione nell’ultima versione del Manuale (DSM-V) che , a seguito di un dibattito scientifico fortemente combattuto, sposta tale patologia nel capitolo delle dipendenze (Substance-Related and Addictive Disorders).
È dunque una patologia che la clinica mondiale riconosce, diagnostica e studia sia per le sue caratteristiche peculiari di dipendenza senza sostanza, sia per la sua incidenza sulla popolazione.
Ma quanti sono, in Italia, i giocatori d’azzardo patologici?
Cartelle cliniche e fotografie sbiadite
“Non vi sono dati statistici completi ed esaurienti sulle persone che soffrono di questo disturbo, anche perché il confine tra il comportamento fisiologico, che viene cioè considerato come attività ricreativa e piacevole ed accettata socialmente e quello francamente patologico, non è sempre ben delineato e passa attraverso uno stato intermedio, il cosiddetto gioco d’azzardo problematico, caratterizzato da un aumento del tempo e delle spese dedicati al gioco con vincite in denaro, con comportamento a rischio per la salute e necessità di diagnosi precoce ed intervento. La dimensione del fenomeno in Italia è difficilmente stimabile in quanto, come anzidetto, ad oggi, non esistono studi accreditati, esaustivi e validamente rappresentativi del fenomeno”
.È quanto si legge nella Relazione Annuale al Parlamento su droga e dipendenze 2015 inviato dal Ministero della Salute.
Ad oggi sono fondamentalmente due le stime nazionali sul fenomeno:
1) il rapporto Eurispes 2009, in Italia il gioco d’azzardo coinvolge fino al 70-80% della popolazione adulta (circa 30 milioni di persone). La popolazione italiana è stimata in circa 60 milioni di persone, di cui il 54% ha giocato d’azzardo con vincite in denaro almeno una volta negli ultimi 12 mesi. La stima però dei giocatori d’azzardo “problematici” (cioè di coloro che giocano frequentemente investendo anche discrete somme di denaro ma che non hanno ancora sviluppato una vera e propria dipendenza patologica pur essendo a forte rischio evolutivo) varia dall’1,3% al 3,8% della popolazione generale (da 767.000 a 2.296.000 italiani adulti) mentre la stima dei giocatori d’azzardo “patologici” varia dallo 0,5% al 2,2%(da 302.000 a 1.329.00 italiani adulti).
2) le affermazioni del Ministero della Salute fatte a Vita. Secondo il Ministero – leggi qui l'articolo – in Italia, i pazienti affetti da disturbo da gioco d’azzardo in trattamento sono 12.376.
In definitiva ad oggi, in Italia, abbiamo una stima del 2009 e le prese in carico dal servizio.
Problemi di metodo e necessità di realtà
È possibile pensare che chi ha un problema di gioco chieda sempre e solo aiuto al Sert?
Rispetto alle richieste di aiuto al servizio ci sono due problemi che i giocatori in difficoltà hanno:
1) L’idea che il Sert sia frequentato solo da tossicodipendenti e alcolisti, quindi non lo riconoscono come luogo “adatto” al loro disagio
2) Il timore per il proprio anonimato
Una realtà importante da tenere in considerazione per quanto riguarda i dati è quella dell’auto-mutuo aiuto. In Italia sono presenti 90 gruppi di Giocatori Anonimi, con più di 100 riunioni a settimana, frequentati da circa 2500 persone (fonte G.A. Italia).
Partendo dal presupposto che non tutti quelli che si ammalano di gioco d’azzardo chiedono aiuto in quanto la consapevolezza di tale malattia è ancora scarsa e condizionata da un forte senso di vergogna, è necessario considerare altre realtà oltre al servizio pubblico per poter avere un quadro un più realistico del fenomeno:
1) I professionisti privati della salute mentale. Psicologi, psicoterapeuti e psichiatri ai quali viene richiesta diagnosi e trattamento sia psicologico sia farmacologico.
2) I medici di base, ai quali alcuni giocatori si rivolgono per sintomi sia fisici che psicologici causati dal gioco
3) Gli assistenti sociali, ai quali vengono fatte richieste di sostegno e contributi economici causati dai debiti di gioco
4) Gli avvocati, che si occupano della gestione del patrimonio, amministrazione di sostegno, separazione e affido dei minori, in cause dove c’è un giocatore patologico coinvolto
5) Le associazioni che si occupano di supporto e che entrano in contatto con giocatori, come ad esempio associazioni coinvolte nella tutela della popolazione anziana (A.D.A., AUSER, …), chi si occupa di malati Parkinsoniani ( che assumono farmaci dopaminergici che possono causare disfunzioni nel controllo degli impulsi), e tutte le realtà del terzo settore che entrano in contatto con questo problema (CARITAS, parrocchie, sportelli comunali, etc).
Se ogni professionista o volontario avesse il “mandato” di rendicontare con quanti casi di disagio legati a situazioni di gioco eccessivo entrano in contatto, basandosi anche semplicemente sulla richiesta di aiuto per tale disturbo, è ragionevole pensare che i numeri della patologia sarebbero diversi, sicuramente più alti, e probabilmente più realistici.
Chiara Pracucci, psicologa ,autrice del libro All-in, il gioco d’azzardo patologico (Alimat, 2010) dal 2009 collabora con l’Associazione Giocatori Anonimi. Ha partecipato al documentario “La repubblica del gioco” ed è autrice insieme ad Annalise Bertasi di All in, documentario che indaga le dinamiche, le caretteristiche e i significati del gioco d'azzardo patologico. Si occupa attivamente di formazione e informazione sulle caratteristiche e i rischi correlati al gioco d’azzardo . Attualmente impegnata in un progetto di ricerca che indaga le caratteristiche personali e sociodemografiche dei giocatori problematici e patologici.
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