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Ambrosoli: “Impariamo dalle città dove l’accoglienza funziona. Ecco i modelli europei”

Il consigliere regionale e l'associazione che porta il suo nome promuovono un convegno il 10 dicembre a Palazzo delle Stelline di Milano con varie voci istituzionali e della società civile a livello di Unione Europea. "Abbiamo bisogno di nuovi cittadini, è inutile negarlo. Si tratta di trovare le vie giuste per rispettare i diritti di tutti"

di Daniele Biella

“L’Europa e le città della buona accoglienza”: questo il titolo del convegno che si tiene giovedì 10 dicembre alle 17.30 al Palazzo delle Stelline di Milano, organizzato dall’associazione Umberto Ambrosoli. Tra gli invitati a intervenire, i tre europarlamentari Monica Frassoni, presidente dei Verdi, ed Elly Schlein, membro della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo, Gianni Pittella, presidente del gruppo S&D, Francesco Billari, Professore di Sociologia e demografia al Nuffield College di Oxford, Filippo Miraglia, vicepresidente di Arci nazionale, e Seble Woldeghiorghis dell’assessorato alle Politiche sociali del Comune di Milano. Modera il giornalista di Radio Popolare Massimo Bacchetta. “Di fronte ai problemi da risolvere relativi all’accoglienza dei profughi in Europa, la prima cosa da fare è prendere a modello le buone prassi. Che ci sono e vanno fatte conoscere il più possibile”, sottolinea proprio Umberto Ambrosoli, consigliere di Regione Lombardia, intervistato da Vita. L’appuntamento, a ingresso libero, è dedicato sia alla cittadinanza che a tutto il tessuto associativo territoriale.


Perché parlare ora delle città e dei loro modi di accogliere chi viene da lontano?
Perché è un tema sempre più centrale nella vita quotidiana dei cittadini europei, che va approfondito a partire dalle buone prassi in atto per poi arrivare ad analizzare anche tutte le criticità. Nel convegno verranno proiettate diverse interviste a sindaci di varie città che spiegheranno il lavoro messo in atto sul tema.

L’Italia che modello ha da offrire?
Sicuramente sarà centrale l’esperienza di Milano, della rete nata attorno al passaggio di migranti dal mezzanino della Stazione Centrale: un’occasione per parlare di come le istituzioni devono e possono attivarsi per trovare soluzioni. Tutti ci dobbiamo sentire coinvolti e capire come avere a che fare con il fenomeno, anche per debellare equiparazioni fuorvianti come quella che punta il dito contro i flussi per il diffondersi del terrorismo: le persone che intraprendono la via del mar Mediterraneo e le strade dell’Est Europa fuggono proprio da quei terroristi.

Quale ruolo deve avere invece l’Unione Europea?
L’Unione ha precise responsabilità nel garantire la giusta accoglienza: le leve da muovere per migliorare la situazione sono senza dubbio a livello europeo e non dei singoli Stati. È un tema che la Ue deve mettere tra le priorità anche perché a conti fatti ha sempre più bisogno di nuovi cittadini, nuove generazioni che abbassino l’età media sempre più elevata. Questo va detto senza timore.

Quale approccio consiglia di tenere verso chi arriva e non conosciamo?
La più grande sfida di oggi a livello di relazioni umane è maturare le capacità basilari per rapportarsi con i problemi degli altri facendoli per quanto possibile propri, ovvero uscire da un approccio egoistico da una parte o indulgente dall’altra per entrare in una visione d’insieme in cui le aspirazioni personali possono essere conciliate con l’aiuto verso chi ha bisogno. Perché a giovarne è la società intera, e quindi anche noi stessi in prima persona. Questo discorso vale per i migranti così come per altre persone in difficoltà.

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