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Nino Sergi: «La nomina di Frigenti è un passo importante ma è solo l’inizio»
Il presidente emerito di Intersos e policy advisor di Link 2007 commenta la nomina alla direzione dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. «C’è ora da colmare l’importante vuoto, lungo sei mesi, dell’assenza di un viceministro per la Cooperazione senza cui non si può dare attuazione alla legge»
di Nino Sergi
Al ministro Paolo Gentiloni non sarà stato facile proporre al presidente del Consiglio il nome di Laura Frigenti, tra i cinque ottimi candidati selezionati dalla commissione valutante per il ruolo di direttore della nuova Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo. Il fatto che la scelta sia caduta su una donna esprime un valore aggiunto che va apprezzato.
Laura Frigenti è da più di un anno direttrice del dipartimento di sviluppo globale di Interaction, l’autorevole associazione delle Ong americane e ha maturato una ventennale carriera in seno alla Banca mondiale, spaziando dal Gabinetto del presidente alle operazioni in Africa, America latina e Caraibi, America centrale, Asia centrale, Europa, dopo aver contribuito negli anni ’80 alle attività della cooperazione italiana. Un ottimo bagaglio di esperienze e di conoscenze. Auguri e in bocca al lupo. Un grazie va anche a tutti i 131 candidati e candidate che hanno condiviso il desiderio di contribuire a realizzare una cooperazione italiana di qualità. Le Ong e le organizzazioni della società civile continueranno, come durante tutta la fase di definizione della legge, a garantire il proprio contributo per il successo dell’Agenzia nella fase di avvio e di consolidamento.
C’è ora un importante vuoto da colmare, che pesa da ben sei mesi. Il presidente Matteo Renzi dovrà nominare quanto prima il viceministro per la cooperazione alla sviluppo, figura politica centrale per l’attuazione della legge 125/2014 e per gli adempimenti necessari ad attuarla. L’impegno politico ufficialmente assunto di rafforzare la cooperazione allo sviluppo richiede quanto prima questo passaggio istituzionale. Da un lato le relazioni tra stati e popoli richiedono una sempre maggiore e qualificata cooperazione da parte italiana. Dall’altro, i problemi organizzativi per attuare correttamente la legge saranno molti e gravosi e la figura del viceministro è determinante.
La nuova Agenzia e la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (Dgcs) dovranno sapere dialogare e collaborare nel rispetto della legge che definisce i compiti di entrambi, garantendo all’Agenzia quanto il Parlamento le ha attribuito innovando radicalmente rispetto al passato: la funzione propositiva e la piena responsabilità nella gestione e nell’attuazione delle attività di cooperazione, dalla fase istruttoria alla loro realizzazione, nella completa “autonomia organizzativa, regolamentare, amministrativa, patrimoniale, contabile e di bilancio”.
Occorrerà cioè che sia integralmente rispettata la volontà del legislatore che ha voluto istituire un’Agenzia esterna al corpo diplomatico, non subalterna alla Dgcs e le cui modalità di collaborazione con il ministro e il ministero trovano definizione in una specifica convenzione. Non è superfluo ribadirlo, dato che già il primo decreto attuativo del luglio scorso, relativo allo statuto dell’Agenzia, contiene elementi che hanno in parte forzato la volontà del Parlamento, limitando i poteri e l’autonomia dell’Agenzia in favore di una velata riappropriazione della materia da parte della struttura diplomatica della Farnesina. Perfino i due autorevoli pareri critici espressi in merito dalla Camera e dal Senato sono stati ignorati.
Nessuno mette in dubbio il fondamentale e apprezzato ruolo dei diplomatici che andrebbe anzi maggiormente sostenuto e valorizzato nella sua dimensione politico-diplomatica, necessaria più che mai. Un equivalente riconoscimento, teso al sostegno e alla massima valorizzazione dell’Agenzia e del suo direttore, nel severo rispetto dell’autonoma capacità e della piena responsabilità attribuite dal legislatore, occorre ora che sia garantito in modo leale dalla Farnesina, senza ritorni a quel passato che la legge ha voluto modificare.
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