Formazione

Moni Ovadia: ho due ragioni per digiunare

Gesti di pace. Parla l’attore ebreo "Il 14 dicembre aderisco all’iniziativa del Papa. Lo faccio pensando all’odio che dilania il mondo e alla situazione in Israele."

di Ettore Colombo

L?Eterno ha perdonato Caino, nella sua infinità bontà, ma il mio maestro di Talmud mi ha insegnato che anche Abele aveva problemi di relazione con l?altro. Bisogna capire, senza giustificare né assolvere, sia chiaro, anche la scelta di Caino, ecco. E nessuno deve toccarlo. Perché chiunque uccide, diventa a sua volta assassino». A dire queste parole di fronte al dramma che israeliani e palestinesi stanno vivendo, è Moni Ovadia, attore-regista-cabarettista famoso e amato. Uno che, di solito, non ama rilasciare interviste sull?universo mondo, ma che per Vita fa un?eccezione. E parla, si accalora e discute su questo tema, come della Bibbia, come del dialogo interreligioso. Moni Ovadia, però, è stanco, soprattutto. E non solo perché è in tournée con il suo spettacolo Il banchiere errante, ma per tutto quello che vede e succede. Ovadia ha scelto di aderire alla proposta di Vita di sostenere il digiuno di pace indetto da Giovanni Paolo II il 14 dicembre. Ma la conversazione con lui non può prescindere dalla cultura e umanità di questo ?ebreo errante?, uomo della diaspora e della sinistra («europea, più che italiana…»), da sempre impegnato per la pace. Il 10 dicembre, a Napoli, darà vita al concerto Shair del Essalem, che vuol dire, in ebraico e in arabo, canto della pace: Moni con la sua orchestra, il gruppo marocchino Feesal Taher, e un gruppo che suona repertorio cristiano medioevale, i Teatrum Instrumentorum, daranno vita a una serata che rievocherà un esempio di convivenza civile e pacifica tra le religioni, il regno arabo-spagnolo di Granada (si replica il?1 gennaio 2002 a Roma). Ma ora non dorme la notte, dice, per quello che accade. Vita: Moni, cosa possono fare la cultura e il dialogo di fronte ai massacri e alle guerre? Moni Ovadia: La pace deve essere vera, giusta, e partire dal riconoscimento dell?altro. Quello che è successo, i massacri e la reazione di Sharon, rientra nella logica totalizzante di chi non ascolta l?altro, non ne capisce le ragioni. Voglio sottolineare due cose. La prima riguarda gli europei, e in particolare la sinistra europea, che continua a non voler capire che gli ebrei non sono andati in Palestina per loro piacere, ma perché costretti da secoli di genocidio e antisemitismo. Non hanno mai fatto lo sforzo per capire le ragioni e le speranze del popolo israeliano, vedendo di fatto la loro presenza come illegittima e dannosa. L?altra cosa riguarda invece la rigidità israeliana di chi, come Sharon e altri, non vuole capire le ragioni dei palestinesi. Che secondo me hanno diritto ai Territori e anche a Gerusalemme capitale. Ma non c?è più un Rabin, tra noi, e dall?altra parte c?è un Arafat che ha paura, che non è all?altezza di un Sadat, che ha fatto saltare gli accordi di Camp David. E noi, che votavamo Rabin e Barak, ora ci ritroviamo Sharon, la cui politica è cieca e ha fallito. Ma anche i palestinesi dovrebbero smetterla di vederci come nemici e usurpatori. Siamo lì in pieno diritto e dovremmo imparare a convivere, ma la violenza chiama violenza, la guerra, guerra. Vita: Chi ha iniziato questa corsa all?odio e alla violenza? Chi è Caino e chi è Abele? Ovadia: Entrambi sono insieme Caino e Abele, ma le persecuzioni europee e il colonialismo inglese sono alla base della nostra tragica storia: è ora che gli europei si assumano le loro responsabilità e fermino la spirale di odio. Proprio ora bisogna fare concessioni anche dolorose, fare la pace e fermare questo circuito perverso attentato-rappresaglia-attentato. C?è un salmo che dice: «Com?è bello stare seduti uno accanto all?altro come fratelli». Ecco cosa vorrei. Vita: Che significato dai, in tale contesto, al tentativo di dialogo tra le tre grandi religioni? Ovadia: Che veniamo tutti da un unico padre, Abramo, anche i laici. Tutti indistintamente. Non esiste uomo prima di Abramo, non esiste cioè uomo libero, santo e uguale, prima del Diluvio. È grazie ad Abramo che abbiamo spezzato la catena tribale e fondato l?idea universale e sociale dell?umanità, lo statuto stesso dell?essere umano. Abramo è l?uomo nuovo e noi camminiamo con lui da allora, dopo aver spezzato la non legge della tribalità a favore della legge dell?universalismo. Dobbiamo essere come Abramo: forti e consapevoli. L?uomo forte e consapevole è anche l?uomo coraggioso. È l?uomo debole che ha paura e uccide. Vita: Torniamo alle ragioni della tua adesione al giorno di digiuno di pace indetto dal Papa. Ovadia: La mia adesione deriva dalla ovvia considerazione che solo la cultura del dialogo genera la vita. La guerra genera la morte. Il digiuno è un modo per introdurre una pausa, un momento di riflessione su questo bisogno di pace e sulla condizione di ogni uomo. Digiunare vuol dire sospendere anche biologicamente, e non solo spiritualmente, il proprio corpo: vale la pena farlo. Almeno per un giorno, fare un altro piccolo passo.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA