Salute

Lotta contro l’aids. Banca mondiale a una svolta: c’è da fidarsi?

Come utilizzare le risorse stanziate dai governi del mondo contro la malattie? Interviste a Piero Gheddo, Giuseppe Folloni, Sergio Marelli

di Emanuela Citterio

Un osservatorio per controllare tutte le spese È una delle novità più rilevanti degli ultimi anni nel campo della lotta all?Aids. La Banca mondiale ha deciso di stanziare dei fondi-Paese per la lotta all?Aids in Africa. E addirittura la metà di questi fondi potrebbero essere indirizzati alla società civile e alle organizzazioni non governative. In pratica la Banca mondiale concederà dei prestiti a interessi zero ai governi che hanno piani integrati di lotta all?Aids e che accettano che gran parte dei fondi vadano direttamente alle organizzazioni comunitarie di base o alle ong. «È da un po? di tempo che notiamo segni di apertura da parte della Banca mondiale nei confronti della società civile e del mondo delle ong», osserva Carlo Tassara, presidente del Cisp- Comitato internazionale per lo sviluppo dei popoli. «Non si può parlare di una svolta perché non siamo ancora sicuri che alle dichiarazioni di intenti seguiranno i fatti. Il nostro compito sarà quello di controllare che l?impegno per la lotta all?Aids nei Paesi in via di sviluppo, sia da parte delle istituzioni internazionali che da quella del nostro governo, sia effettivo e costante». Per questo le cinque ong che fanno parte del forum Solint (Coopi, Cisp, Cosv, Intersos e Movimondo) hanno lanciato la proposta di creare un osservatorio permanente delle ong italiane sulla lotta all?Aids nel Sud del mondo. L?osservatorio dovrebbe avere lo scopo di mantenere alta l?attenzione sul dramma dell?Aids e di monitorare le iniziative di governi, istituzioni internazionali e ong. «Sarà un organismo a 360 gradi», dice Marco Pedrazzi, medico del Coopi, «uno strumento della società civile che servirà anche a controllare il modo in cui verrà gestito il Fondo globale per la lotta all?Aids, lanciato lo scorso giugno da Kofi Annan e ripreso durante il G8». Per la metà di dicembre è prevista la seconda fase di strutturazione del Fondo per la lotta all?Aids, cui il governo italiano ha contribuito con 200 milioni di euro. A gestire il fondo sarà, di nuovo, la Banca mondiale. E anche in questo caso è prevista un?ampia partecipazione delle ong. Verrà creato un consiglio di gestione cui parteciperanno rappresentanti dei Paesi ricchi, dei Paesi poveri e della società civile del Nord e del Sud del mondo. Piero Gheddo Coinvolgete la gente comune Padre Gheddo, lei, missionario da moltissimi anni, ha sempre sostenuto che i fondi per lo sviluppo in Africa dovrebbero essere indirizzati alla società civile, ai religiosi, alle ong. Sembra che parte dei fondi per la lotta all?Aids potrebbero seguire questo percorso. Cosa ne pensa? Piero Gheddo: È una scelta ottima. Basti pensare che in alcune zone dell?Africa gli ospedali fondati dai missionari sono le uniche strutture sanitarie per la popolazione. Resta solo da vedere in che misura i governi locali permetteranno che i fondi per la lotta all?Aids raggiungano davvero la società civile. Mi viene in mente un episodio emblematico, di cui sono stato testimone anni fa in Uganda. I Comboniani erano riusciti a ottenere quattro camion di aiuti per i profughi isolati in una regione vicino alla capitale. I missionari sapevano che di quattro camion ne sarebbero arrivati solo tre. Puntualmente i militari hanno fermato i convogli e si sono impossessati di ciò che l?ultimo conteneva. Questo per dire che la corruzione e il potere incontrollato dei militari in molti Paesi africani sono un forte ostacolo allo sviluppo. Vita: Come è possibile ovviare a questo problema in Africa? Gheddo: Naturalmente la corruzione non è un problema solo dell?Africa, basti pensare alle ruberie commesse in Italia nell?era di tangentopoli. Il vero problema non è questo, ma la crescita di una vera democrazia nei Paesi africani. Nei Paesi in cui non c?è pluralità politica, una stampa libera e un governo non in balìa dei militari, mancano gli strumenti di controllo democratico che favoriscono lo sviluppo dei popoli. Il bisogno primario dell?Africa, non mi stancherò mai di dirlo, è di tipo culturale. Non penso alla formazione delle élite, ma alla possibilità di istruzione per la gente comune. Solo la crescita culturale delle persone porterà vero sviluppo. Giuseppe Folloni Le associazioni non pensino di fare da sole Professor Folloni, lei ha più volte sostenuto l?importanza di far passare i fondi per lo sviluppo dalle ong e dalla società civile. Come giudica la svolta in questo senso della Banca mondiale? Giuseppe Folloni: Questa linea di lavoro è molto importante. Creare sviluppo non significa innanzitutto ?produrre? dei beni, ma favorire una dinamica di cambiamento durevole all?interno delle società locali nei Paesi in via di sviluppo, mettere cioè in grado i soggetti locali di diventare attori di sviluppo sul proprio territorio. La società civile locale, con l?aiuto delle ong, deve essere aiutata nel costruire assetti di rapporto con la realtà (sociale, economica, istituzionale) pro sviluppo. Lo sviluppo è il generarsi di soggetti, persone e comunità, in grado di giocare i propri talenti. Vita: Lei insegna economia all?università di Trento. Come economista, non pensa che sostenere la società civile e gli attori privati dello sviluppo possa rischiare di sottrarre risorse alle strutture pubbliche di governi già poveri di risorse? Folloni: Bisogna essere molto chiari: le ong non devono ?fare al posto? dei governi ma tendere a ?fare insieme? alle amministrazioni locali e agli enti pubblici. Deresponsabilizzare i governi è una scelta miope, che va a scapito anche della sostenibilità dei progetti. La posizione assunta dalla Banca mondiale è la conseguenza di un crescente sospetto per il modo con cui i governi gestiscono i fondi per lo sviluppo, ma la scelta di sostenere le ong rischierebbe di essere una falsa svolta se semplicemente alla voce governo si sostituisse ong. A cambiare deve essere il metodo, nella direzione di un intervento, come quello per la lotta all?Aids, in cui i diversi attori diventano partner per lo sviluppo. Se il ruolo del governo viene meno si producono due gravi conseguenze: la prima è che le ong non possono più ?mollare? un progetto perché altrimenti ci sarebbe il nulla, la seconda è che gli abitanti dei Paesi poveri non capirebbero che i progetti si devono trasformare in sviluppo stabile. Le istituzioni locali sono, a regime, punti di riferimentoper la vita della gente e risorse di sviluppo. Vita: Come le ong dovrebbero prepararsi a questo cambiamento? Folloni: Il mondo delle ong dovrebbe essere meno frammentato e dispersivo. Per far sì che i progetti si fondino con la vita naturale della società in cui vengono attuati, occorrono tempo e una certa stabilità di presenza. Chi lavora nel Sud del mondo può raggiungere questo obiettivo nella misura in cui riesce a condividere la vita delle persone fra cui si trova e a fare dei propri interventi un tutt?uno con la sua stessa avventura umana. Senza questo ?fondamento di metodo? i progetti restano una collezione di interventi. Info: www.un.org/ga/aids/coverage www.worldbank.org www.coopi.it Sergio Marelli Non risparmiate sugli aiuti Di fronte alla lotta all?Aids, la Banca mondiale sembra essersi accorta del ruolo delle ong. Come Sergio Marelli, presidente dell?associazione ong italiane, giudica i recenti segnali di apertura? Sergio Marelli: Abbiamo accolto positivamente le recenti dichiarazioni della Banca mondiale. C?è sicuramente un?evoluzione nella direzione di una maggiore collaborazione di questa istituzione con la società civile, forse grazie anche alle campagne di sensibilizzazione condotte in questi anni dalle organizzazioni non governative. Vita: Per quanto riguarda la lotta all?Aids, il compito delle ong sarà quello di controllare che il Fondo globale rimanga un fondo straordinario rispetto all?aiuto normale allo sviluppo nei Paesi poveri. Marelli: Nella sessione straordinaria dell?Onu sull?Aids dello scorso giugno, infatti, i Paesi ricchi avevano dichiarato di voler mantenere l?impegno a destinare lo 0,7 per cento del Pil alla cooperazione per lo sviluppo. In realtà il nostro governo non ha previsto nessun aumento dei fondi destinati a questo scopo per il prossimo anno. Per il 2003 ci sarà un aumento di 100 milioni di euro, esattamente la cifra che il governo italiano si è impegnato a versare per il Fondo globale per la lotta all?Aids, il cui scopo non era di certo quello di ?stornare? gli aiuti destinati agli interventi per lo sviluppo dei Paesi poveri. Vita: Se davvero i fondi per la lotta all?Aids verranno fatti passare dalle ong, come può essere garantita la loro affidabilità? Marelli: Innanzitutto creando coordinamenti fra le ong. A livello europeo, per esempio, ci siamo dotati un Comitato di collegamento delle ong di sviluppo presso l?Unione europea (Clong). E ora esiste anche una carta di identità per ogni organizzazione che si riconosce in questo coordinamento.


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