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I benefici dell’immigrazione: sei miliardi di euro allo Stato

Tre miliardi di euro di contributi previdenziali stranieri restano all’Inps. Il saldo tra entrate fiscali e spesa pubblica ci dice che l’accoglienza conviene

di Gianluca De Martino

Lavorano sodo, guadagnano e spendono. Poi, un bel giorno, gli immigrati vanno via dall’Italia, ma lasciano in dote allo Stato un tesoretto di contributi versati. Quanti benefici apportino gli stranieri all’economia italiana è calcolato nel Dossier Statistico Immigrazione 2015, realizzato da Idos con la rivista Confronti e la collaborazione dell’Unar, ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio. Il volume, presentato a Roma il 29 ottobre, è stato realizzato grazie ai fondi dell’8×1000 alla Chiesa Valdese.

Dati che si innestano nel dibattito sull’accoglienza, se sia giusto riservarla ai soli migranti forzati, in fuga dalle guerre o dalle persecuzioni razziali e religiose, o se sia un diritto anche per i migranti economici, che scappano dalla fame alla ricerca del benessere.

Una distinzione da abbattere, secondo il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, intervenuto nel corso della presentazione del Dossier, alla vigilia di uno storico vertice a Vienna con i rappresentanti di 17 Paesi, tra cui Iran e Arabia Saudita, sulla situazione siriana e di una nuova strage di migranti nel mar Egeo (almeno 30 dispersi al largo delle coste greche). Gli immigrati non sono un peso, ma una risorsa. Parole ripetute dal rappresentante del governo, a conferma di quanto si legge tra le pagine del documento.

Una risorsa, già. Non solo in termini demografici, per far fronte al calo delle nascite italiane, ma anche in chiave economica e fiscale. Più di tre miliardi di euro sono i contributi non riscattati dagli stranieri nel 2013, andati via dall’Italia prima ancora di aver maturato i requisiti per la pensione. Il frutto di anni di lavoro, talvolta un ventennio, viene lasciato sulla pianta, a disposizione di attuali e future generazioni che lo coglieranno. Le stime sono del presidente dell’Inps Tito Boeri, raccolte nel Dossier a sottolineare il fatto che ci sia bisogno di immigrati anche per sostenere un sistema pensionistico in affanno. Non solo.

Altri tre miliardi sono arrivati dalle tasse versate dagli immigrati: l’Iva, l’Irpef, le imposte locali, le accise sui carburanti. Ogni volta che acquistavano un’auto, ogni volta che mangiavano una pizza o bevevano una birra, gli immigrati sostenevano il fisco sotto varie forme.

Il vantaggio di ospitare oltre 5 milioni di abitanti stranieri si è tradotto nel 2013 in +3,1 miliardi di euro di saldo tra i 16,6 miliardi di imposizione fiscale e contributi previdenziali e i 13,5 spesi dallo Stato per garantire prestazioni sanitarie, la sicurezza, la giustizia, il diritto alla casa e all’assistenza sociali.

In Italia ci sono 2,3 milioni di contribuenti stranieri che dichiarano redditi pari a 26,2 miliardi. Si tratta di un reddito pro capite più basso rispetto agli italiani (11.287 euro contro 20.710), che però ha portato all’Erario 3,2 miliardi di euro di Irpef.

I principali contribuenti Irpef sono i romeni, seguiti da albanesi e filippini.

“A partire da dati del Ministero dell’economia e finanze e Istat è possibile stimare – si legge nel Dossier – che i 2,4 milioni di occupati (dipendenti, autonomi e collaboratori domestici) abbiano versato 4.294 euro ciascuno, per un ammontare complessivo di 10,5 miliardi di euro”.

Attraverso i consumi, poi, lo Stato ha incassato 1,5 miliardi, cui si aggiungono 230 milioni di euro per giochi e scommesse: secondo le stime 3,8 milioni di stranieri maggiorenni hanno speso in media 5 euro l’anno per un gratta&vinci o per tentare la fortuna al lotto. E poi ci sono le entrate per le accise sui carburanti, che sono poco più di 900 milioni, considerando che gli immigrati proprietari di un’auto sono 3 milioni e ipotizzando un gettito pro capite di 300 euro l’anno.

La crisi economica e la disoccupazione stanno modificando i flussi migratori. Nel 2014 gli italiani residenti all’estero sono aumentati di 155mila unità, raggiungendo i 4,6 milioni. Gli stranieri residenti in Italia, invece, sono aumentati di 92mila unità, superando appena i 5 milioni. Di questo passo, si arriverà emigrati e immigrati.

Dal 2008 al 2014 la popolazione straniera è passata da 3,4 milioni (pari al 6,5%) a poco più di 5 milioni (8,2% del totale). Negli ultimi sei anni è cambiata la distribuzione territoriale, con una crescita al sud e una diminuzione al nord.

Un dato preoccupante riguarda i permessi di soggiorno non rinnovati dopo la scadenza, segno di una crisi del mercato del lavoro ma anche di una ricerca del benessere che si orienta verso altre mete.

Nel 2014 sono stati 154.686 i permessi non reiterati, +6,2% rispetto ai 145.670 del 2013.

Esclusi i motivi di studio, di cure mediche e di lavoro stagionale (oppure i minorenni che nel frattempo hanno acquisito la cittadinanza), i due terzi di chi sceglie di non rimanere più in Italia sono rappresentati da lavoratori non stagionali e da migranti arrivati per motivi familiari.

Le regioni più colpite sono Lombardia, Veneto, Lazio ed Emilia Romagna.

“Dal flusso di migranti, se saremo in grado di gestirlo, l’Italia ricaverà fattori positivi sul piano della convivenza e su quello economico, demografico e religioso”, ha aggiunto Gentiloni. “Siamo davanti a un fenomeno di lunga durata. Chi parla di ricette immediate e per certi versi drastiche, semina illusioni, paure e odie. E’ un fenomeno che sarebbe stupido cercare di bloccare e respingere, ma va gestito in base alle nostre esigenze. I paesi europei con un grado elevato di invecchiamento, diminuiranno del 20% la loro popolazione. Non si alza un muro di fronte a questa marea umana che un giorno ci porterà nuovi italiani”.

Nel 2014 sono state 64.625 le richieste di asilo inoltrate all’Italia, di cui 35.180 esaminate (il 58,5%, superiore alla media europea del 44%). Nei primi sei mesi del 2015 sono state 30.535 le richieste. La Nigeria è al primo posto con 4830 richiedenti, a seguire Gambia (3980), Senegal (3105), Pakistan (2800) e Mali (2485). E poi l’Ucraina con 2400 richiedenti, numero superiore a quello registrato in tutto il 2014.

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