95 domande e 95 risposte sul dopo di noi

A un anno dall'entrata in vigore della legge, con i finanziamenti erogati e le prime regioni che hanno approvato le delibere attuative, la legge sul dopo di noi entra nel vivo della sua attuazione. Ecco la guida messa a punto da Anffas

di Redazione

È entrata in vigore il 25 giugno 2016 la legge 112/2016, meglio nota come legge sul dopo di noi. A un anno dalla sua entrata in vigore, i passi preliminari sono stati compiuti: le Regioni hanno presentato i piani operativi, le risorse del Fondo nazionale per l’anno 2016 sono state erogate e il decreto di riparto per i 38 milioni del 2017 è in arrivo. Il Fondo Nazionale è di 90 milioni di euro per il 2016, 38,3 milioni di euro per il 2017 e 56,1 milioni di euro a decorrere dal 2018.

Anffas ha messo a punto una guida semplice e completa, che dà chiare indicazioni su come “praticare” la legge n. 112/2016, in particolare per le nuove soluzioni alloggiative di persone con disabilità che decidano di fare un proprio percorso autonomo rispetto al nucleo familiare d’origine. Al tema ha dedicato anche l'intero numero di luglio della sua rivista, "La rosa blu", che trovate in allgato in fondo all'articolo. Al momento della redazione della Guida solo la Regione Emilia Romagna e la Regione Lombardia hanno completato l’intero iter emanando rispettivamente la DGR n. 733 del 31.05.2017 e la DGR 6674 del 07.06.2017. Successivamente, con la delibera n. 753 del 10.07.2017 la Toscana ha approvato anche l’avviso pubblico per selezionare gli interventi a carattere regionale a valere sul fondo ex L. 112/2016, per un totale di 11.250.000 euro, di cui 5.490.000 assegnati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Le regioni e gli enti locali possono integrare il fondo nazionale. Lo stesso possono fare anche gli enti del terzo settore, le famiglie che si associano per le finalità delle legge e altri soggetti di diritto privato, purché abbiano comprovata esperienza nel settore dell’assistenza alle persone con disabilità.

I beneficiari
Il primo fraintendimento “sfatato” riguarda i beneficiari delle misure finanziate con il Fondo per il dopo di noi: non è vero che la legge riguarda solo le persone fra i 18 e i 65 anni. Quello – il numero di persone con certificazioni della condizione di “handicap” di cui alla legge n. 104/92 con connotazione di gravità delle persone con disabilità comprese tra i 18 ed i 64 anni – è stato il parametro scelto per il 2016 per il riparto fra le regioni delle risorse del fondo nazionele (si tratta dell’unico parametro certo disponibile). Ma se una persona è disabile grave dalla nascita o è divenuta disabile grave nel corso della sua vita, prima di compiere i 65 anni o anche dopo, ma non per patologie connesse direttamente all’età avanzata, può rientrare tra i destinatari della legge 112/2016. Non rientra fra i beneficiari invece chi divenuta disabile per il naturale avanzamento dell’età o a causa di patologie connesse alla senilità (per esempio una demenza senile o un Alzheimer). Chi accede alle misure previste dalla legge 112/2016 non perde tutto il resto, in quanto la legge prevede espressamente che restano comunque “salvi i livelli essenziali di assistenza e gli altri interventi di cura e di sostegno previsti dalla legislazione vigente in favore delle persone con disabilità”.

Perché tutto parte dal progetto individuale?
La redazione del progetto individuale previsto dall’art. 14 della legge n. 328/00 è posto come condizione imprescindibile per attivare il percorso di sostegno della Legge n. 112/2016. Il progetto individuale è il documento che, partendo da una valutazione dei bisogni, aspettative e desideri della persona con disabilità (anche in relazione ai contesti dalla stessa vissuti), individua i vari supporti e sostegni, formali (istituzionali) ed informali, che possono permettere alla persona di partecipare alla vita sociale e vivere in condizioni di pari opportunità rispetto agli altri. Questo progetto di vita è un diritto di tutte le persone con disabilità: quello che viene scritto nel progetto deve essere attuato senza nessuna limitazione, neppure di risorse. Dalla legge 328 sono passati diciassette anni, eppure ancora oggi il progetto individuale non è così diffuso. La predisposizione del progetto individuale va richiesta al comune in cui risiede la persona con disabilità, che è tenuto ad avviare il procedimento, coinvolgendo i competenti servizi sanitari del territorio. La vita delle persone è dinamica ed anche la disabilità evolve nel tempo e si modifica: il progetto individuale di conseguenza deve seguire la linea della vita ed essere dinamico. Con particolare riferimento alla legge 112/16, il progetto individuale deve individuare gli specifici sostegni di cui la persona con disabilità grave necessita, a partire dalle prestazioni sociali e socio sanitarie ed elencare gli specifici interventi previsti dalla legge 112 e dal decreto attuativo per il “durante e dopo di noi”. Se la persona con disabilità grave è già in possesso di un progetto individuale, redatto per finalità diverse, deve chiedere l’integrazione del progetto nel rispetto di quanto sopra.

Cosa è finanziato dal Fondo nazionale?

Il Decreto attuativo del 23.11.2016 ha declinato le quattro aree di intervento previste dalla legge in cinque misure di intervento:

  • a) percorsi programmati di accompagnamento per l'uscita dal nucleo familiare di origine ovvero per la deistituzionalizzazione
  • b) interventi di supporto alla domiciliarità in soluzioni alloggiative che rispondono a caratteristiche individuate dal decreto stesso
  • c) programmi di accrescimento alla consapevolezza, di abilitazione e di sviluppo delle competenze per la gestione della vita quotidiana e per il raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile ed, in tale contesto, tirocini finalizzati all’inclusione sociale, all’autonomia delle persone ed alla riabilitazione
  • d) interventi di realizzazione di innovative soluzioni alloggiative, dalle caratteristiche specificate nel decreto, mediante il possibile pagamento degli oneri di acquisto, di locazione, di ristrutturazione e di messa in opera degli impianti e delle attrezzature necessari per il funzionamento degli alloggi medesimi, anche sostenendo forme di mutuo aiuto tra persone con disabilità
  • e) in via residuale, interventi di permanenza temporanea in una soluzione abitativa extra-familiare.

La deistituzionalizzazione vale anche per i gravissimi?
Evitare l'istituzionalizzazione e favorire la deistituzionalizzazione sono espliciti obiettivi della legge. Quindi, coloro che vivono in un istituto (strutture di grandi dimensioni in cui ci sono presenti tante persone con disabilità) hanno la priorità rispetto agli altri. Ci si potrebbe allora chiedere come ci si debba comportare con le persone con gravi disabilità che non possono vivere a casa propria o hanno necessità di supporti medici o vitali intensivi: «la legge 112/2016 non ha fatto differenze ed ha stabilito che tutte le strutture residenziali finanziate con le risorse a valere sul Fondo Nazionale devono riprodurre il più possibile l’ambiente familiare, anche quando i sostegni sono molto elevati. Le soluzioni alloggiative non devono mai superare il numero di 5 posti letto con massimo di 10 nella stessa struttura. Le stanze devono essere prevalentemente singole ed arredate con i mobili e le suppellettili scelte dalle stesse persone; le stesse devono essere ubicate in zona residenziale con il solo requisito della casa di civile abitazione e dotate di adeguati spazi comuni. In presenza di particolari necessità si porranno in essere gli adeguati accorgimenti per rispondere al meglio a tutte le condizioni ed esigenze».

Il co-housing
La legge parla di co-housing ed esistono già esperienze e buone prassi in merito. Un limite della legge è che sembra che questa soluzione alloggiativa sia riservata solo a gruppi di persone con disabilità che, tra di loro, possono anche attivare forme di mutuo aiuto. Vorrebbe dire che il legislatore ha inteso creare “addensati” di sole persone con disabilità, tutte gravi, anche se in piccole case: ciò sarebbe un paradosso. Le esperienze valide e positive che già esistono, anche in Italia, prevedono infatti soluzioni miste: per esempio, due studentesse senza disabilità che convivono in un appartamento con due ragazze con disturbi dello spettro autistico, con risultati veramente significativi e miglioramento esponenziale della loro qualità di vita.

Le palestre per l’autonomia
Le misure mirate al potenziamento delle abilità sono finanziabili proprio in quanto l’avvio di un percorso precoce “molto durante noi” consentirebbe, poi, di affrontare un sereno “dopo di noi”. Con le risorse della legge si possono attivare e finanziare appositi servizi come le “palestre per l’autonomia e per la vita indipendente”, ma forse sarebbe più importante ri-orientare a tal fine l’intera filiera dei servizi, a partire dalla scuola, per passare, poi, ai centri diurni e semiresidenziali, pensando all’adultità delle persone con disabilità, fin da bambini, ed accompagnando lungo questo intero percorso anche le famiglie.

Una volta definiti i progetti globali di vita ed i progetti specifici sostenuti dai fondi della 112/16, si avvierà la fase di implementazione vera e propria: i progetti individuali che riusciranno a perseguire una decrescita nel tempo delle risorse pubbliche a favore di quelle comunitarie e sociali e quelli che riusciranno a prevenire l’istituzionalizzazione o la segregazione di persone con bisogni ad alta intensità di sostegno, costituiranno prassi di eccellenza per orientare la valutazione degli interventi e la riqualificazione delle misure che attuano la legge e per renderle definitive in quanto livello essenziale di prestazione sociale.

Foto Nathan Anderson / Unsplash

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