Formazione

90 mila metri quadri di gratuit

Moderne unità familiari al posto degli antichi stanzoni, computer e fisioterapia. Così il carisma di san Cottolengo si attualizza (di Chiara Sirna).

di Redazione

A guardare il portoncino d?ingresso, in legno, al numero civico 14 in via del Cottolengo, non si direbbe affatto che oltre quella soglia la Casa madre del Cottolengo a Torino si estenda su una superficie di più di 90mila metri quadrati. In realtà, una volta dentro gli spazi si susseguono senza fine, uno dopo l?altro, passando da una famiglia di sordomuti a un?altra di invalidi, anziani, suore malate o disabili psichici. Già. Famiglie. Perché è così che si chiamano i gruppi suddivisi per padiglione e affinità patologiche. Piccoli nuclei che non superano mai le 15 o 20 persone, in modo che il progetto di riabilitazione e assistenza possa essere messo in pratica con particolare attenzione alle specificità di ogni soggetto. Ma anche una scelta per riprodurre uno stile di vita simile a quello familiare. Per fare in modo insomma che ogni ospite riconosca nel proprio vicino di letto un compagno di vita. Un clima normale «L?idea del santo fondatore, Giuseppe Cottolengo», spiega suor Nadia Pierani, una delle assistenti sociali interne, «era creare un clima normale, intimo, che riproducesse il più possibile quello familiare. Ancora oggi ci atteniamo fedelmente a questo principio ispiratore». I padiglioni infatti si suddividono in appartamenti con stanze doppie, attrezzati di tutto il necessario, dai servizi, alla cucina, al salotto. Praticamente spazi comuni e altri privati. Per i disabili, poi, è possibile raggiungere qualsiasi luogo tramite passaggi sotterranei privi di barriere architettoniche. Gli ospiti sono tanti, 500, tutti affaccendati e affiancati da suore cottolenghine, fratelli, sacerdoti, operatori laici, educatori, volontari. C?è chi, menomato di tutti gli arti, superiori e inferiori, riesce comunque a svolgere diverse mansioni, dalla scrittura su computer fino a esercizi ginnici, acquatici o altro. Chiaramente con supporti logistici e tecnologici adeguati. Il motto è riuscire a far fare ad ognuno quel che può, rispettandone i limiti. «L?anima di quanto facciamo», chiarisce suor Nadia, «è la fiducia nella capacità di ogni persona, anche quelle con maggior difficoltà. È importante far sì che tutti possano relazionarsi, essere creativi, sentirsi utili. Bisogna stimolarli e consentire loro di esprimersi al meglio. E per farlo aiuto e assistenza sono fondamentali». Ma se tanta efficienza e complessità lasciano attoniti, si resta ancor più increduli al pensiero che una macchina così enorme e dispendiosa sia in gran parte affidata a carità, Provvidenza e donazioni. A eccezione delle pensioni degli ospiti e dei proventi ricavati dall?ospedale e dalle scuole interne, il management complessivo si sorregge infatti su questi pilastri. «Piccola casa della divina Provvidenza» recita la targa all?ingresso della casa madre del Cottolengo. Ma è mai possibile di fronte alle sfide della modernità? Ecco allora che un alone di mistero, misto a fascino e ammirazione, avvolge inevitabilmente le secolari mura cottolenghine. Se più di cento anni fa, con numeri molto più esigui, strutture e attrezzature meno costose e scarse competenze professionali poteva essere sostenibile un modello di assistenza puramente gratuita, oggi il quadro è mutato. Soltanto la Casa madre, come detto, si estende oggi su 90mila metri quadrati. Le succursali sparse sul territorio nazionale sono arrivate a 100 e altre sono state fondate all?estero: in Svizzera, Kenya, India, Florida ed Ecuador. È quasi naturale che qualche difficoltà di sostentamento sia spuntata all?orizzonte, soprattutto negli ultimi anni, in cui ci si è trovati a dover fare i conti, giorno dopo giorno, con i cambiamenti imposti dalla modernità. Certo il futuro non è privo di interrogativi e da tempo i vertici direttivi stanno cercando soluzioni idonee a sostenere l?impegno verso i più deboli. Senza tralasciare il lavoro in rete con i servizi sociali territoriali, l?ente pubblico, la partecipazione ai Piani di zona e ai Tavoli di vari livelli. Non solo disabili Solo a Torino il Cottolengo ha attivato uno sportello di consulenza, ascolto e segretariato sociale, una comunità per minori, una per tossicodipendenti, un?altra per donne in difficoltà e una mensa per poveri che distribuisce ben 500 pasti caldi al giorno. Il tutto accanto a una partecipazione costante alle centrali di programmazione sociale del territorio. «Abbiamo preferito puntare sulla qualità piuttosto che sulla quantità», precisa suor Nadia. «La riduzione è stata necessaria per motivi finanziari, ma la preoccupazione economica non è e non è mai stata l?unico criterio che condiziona le scelte dei responsabili. La cosa fondamentale è salvaguardare il nostro carisma. Ai principi del nostro santo fondatore non si può e non si deve assolutamente rinunciare. La cura amorosa e amorevole dei più deboli è sempre stata, e sempre resterà, la nostra linea guida».

Chiara Sirna

Info: Formazione in primo piano Cercansi volontari

Da tempo i vertici del Cottolengo investono sulla formazione e il continuo aggiornamento del personale interno. Sono numerosi in ogni Casa i corsi per operatori, dipendenti e per tutti i religiosi. Suddivisi per livelli, da quello relazionale a quello organizzativo, tecnico e anche carismatico, volto a non disperdere il patrimonio spirituale del fondatore, fanno capo alle singole direzioni locali. Come supporto alle attività vengono impiegati invece i volontari. Soltanto la Casa madre ne conta oggi più di mille. Ma prima di passare alla pratica ognuno di loro deve sostenere un corso di formazione preliminare di almeno quindici giorni consecutivi. tel. 011.5225111 cottolengo@alma.it

Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA