Brucia molto. Una sconfitta in casa. Ma non è la serie finale dei play off di basket. Trattasi del punteggio di una gara nazionale per l’assegnazione di un’attività di ricerca su temi molto sociali: inclusione e lavoro in ambito carcerario. Un tema dove l’economia sociale non teme rivali. A vincere è stata però una società di consulenza globale che probabilmente fino a qualche tempo fa un bando simile non lo avrebbe neanche considerato vista anche la scarsa entità economica. E invece ha partecipato e ha vinto, sia sul lato dei contenuti – con un dolorissimo 71 a 80 – sia su quello del prezzo proponendo un ribasso stracciatissimo.

“Abbiamo perso tutti” verrebbe da dire. La classica frase da dopo partita in sala stampa. E in parte veritiera, perché la cordata nonprofit era ben assortita sia come rappresentanza che come competenze ed esperienza. Resta da capire perché è successo, al netto di tutte le dietrologie tipiche del post sconfitta: le entrature, il poco tempo a disposizione, la scarsa chiarezza del bando… come quando gli atleti – rimanendo nella metafora sportiva – danno la colpa al tempo, alla pista, all’arbitro e così via.
Vedo due ragioni: una più contingente l’altra più “sistemica”. Rispetto al contingente direi che è necessario migliorare in tecnica e management progettuale: non solo infarcire i formulari di contenuti spesso ridondanti, ma lavorare meglio sull’architettura del progetto: fasi, ruoli, modelli gestionali, allocazione delle risorse ecc. E poi, in cima a tutto, definire con grande attenzione il problema che si vuole risolvere e le azioni / risorse che si intendono mobilitare, evidenziando l’innovazione da introdurre rispetto alle soluzioni alternative. I prossimi fondi europei rappresenteranno un importante banco di prova su questo punto, perché l’innovazione sociale che li ispira solleciterà i progettisti non solo sui contenuti ma anche sul metodo.
Il secondo motivo, più intuito che verificato, riguarda la preferenza dei finanziatori – non solo pubblici ma soprattutto privati – per soluzioni a problemi sociali che sono “incorporate” in processi economici mainstream e non in attività gestite da soggetti specializzati e con risorse ad hoc come quelli nonprofit. Un passaggio importante e ricco di ambivalenze ma che rappresenta la vera sfida dell’impresa sociale. Perché oggi ciò che è “condiviso” (shared) non è solo il problema – come succedeva nel paradigma del passato con la filantropia risarcitoria – ma anche il valore generato dalle soluzioni a problematiche sociali ed ambientali. Valore che, en panssant, è pure economico. Per ulteriori informazioni non resta che dare la parola all’evangelista dello shared value che in questo speech TED spiega da par suo i termini della questione e, almeno in parte, il perché di questa sconfitta.
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