Non profit

7 buone ragioni per donare attraverso la filantropia

di Bernardino Casadei

La riscoperta del dono si accompagna con lo sviluppo della filantropia istituzionale. Sono infatti sempre più numerose le persone che si dotano di istituzioni specializzate per gestire al meglio le risorse che intendono destinare a finalità d’utilità sociale. Quando il dono cessa di essere vissuto come mera rinuncia, come un sacrificio con cui conquistare punti paradiso o placare i nostri sensi di colpa, ma si trasforma in una modalità attraverso la quale testimoniare la propria umanità, non è più sufficiente aprire il portafoglio, bisogna imparare a farlo in modo coerente coi propri valori e i propri obiettivi.

L’ambizione della filantropia istituzionale è proprio quella di mettere a disposizione di ciascun donatore gli strumenti e delle competenze necessari per conseguire tale risultato. In realtà, bisogna riconoscerlo, non sempre il settore si è rivelato all’altezza di questo compito. Non è infatti raro trovare fra le fondazioni e gli enti d’erogazione realtà autoreferenziali che si illudono di dare un contributo rilevante nel risolvere i problemi più complessi della nostra società, quando invece le loro erogazioni si rivelano spesso irrilevanti quando non controproducenti. Non di meno sono diverse le ragioni che rendono una simile infrastruttura necessaria per il Paese e utile per un numero crescente di donatori. Essa infatti permette di:

  1. Darsi una struttura che ci obblighi a fare quello che vogliamo;
  2. Operare in un mondo complesso;
  3. Dotarsi di una strategia;
  4. Conoscere gli effetti delle proprie donazioni;
  5. Coinvolgere altre realtà e costruire partnership;
  6. Massimizzare i benefici collegati alle donazioni;
  7. Dare continuità e solidità alle proprie iniziative.

Oggi sono sempre più numerose le persone che si rendono conto di come il dono possa rivelarsi una dimensione fondamentale per dare un senso alla loro esistenza e testimoniare concretamente la propria umanità. Purtroppo noi viviamo in una cultura che negli ultimi secoli ha guardato con sospetto al dono e che soprattutto ci impedisce di concentrarci su ciò che è veramente importante. In un mondo in cui regna incontrastato il divertissement e in cui ciò che ha una scadenza finisce sempre per imporsi rispetto a ciò che non ne ha, indipendentemente dalla sua importanza, senza un’infrastruttura che in qualche modo ci costringa a fare ciò che vogliamo fare, diventa molto difficile vivere le opportunità che solo di dono ci può permettere di sperimentare.

A tutto ciò è necessario aggiungere la consapevolezza di come la società in cui operiamo sia sempre più complessa ed articolata: le norme proliferano, gli adempimenti diventano sempre più numerosi, le risposte ai problemi che si vorrebbero risolvere sono spesso controintuitive. Per poter operare con efficacia diventa necessario dotarsi di competenze specifiche che sono incompatibili con un approccio fondato sulla mera buona volontà. Senza un’infrastruttura competente e professionale è illusorio pensare di conseguire risultati degni di questo nome.

Per operare con efficacia è poi necessario strutturarsi. Non basta la buona volontà occorre anche la sana dottrina. In altri termini, è necessario definire una strategia che permetta di utilizzare con efficacia le risorse di cui si dispone, dar vita ad alleanze senza le quali nessun soggetto può illudersi di ottenere risultati importanti e duraturi, verificare costantemente se l’approccio promosso sia realmente in grado di promuovere i risultati desiderati o se invece si stia rivelando controproducente. Per chi non voglia limitare il suo ruolo a quello di un elemosiniere diventa indispensabile dar vita ad un approccio strategico che è illusorio poter implementare senza un’adeguata struttura.

Per operare con efficacia è indispensabile ottenere un’adeguata rendicontazione di quanto è stato effettivamente realizzato grazie al proprio contributo. Raccogliere una simile rendicontazione è spesso difficile per la singola persona fisica, la quale peraltro difficilmente ha le competenze e le capacità per analizzare criticamente la documentazione prodotta dalle organizzazioni non profit. Un’istituzione può invece svolgere tale compito con efficacia e professionalità.

In una realtà complessa come quella in cui viviamo non è pensabile sperare di conseguire un qualsiasi risultato senza mobilitare le risorse e le competenze da una pluralità di soggetti. Per la costruzione di queste partnership è spesso necessaria la presenza di un soggetto istituzionale che permetta di distinguere in modo chiaro e trasparente il patrimonio personale del donatore dalle risorse che questi vuole destinare per il perseguimento del proprio obiettivo d’utilità sociale.

Benché il nostro ordinamento continui a guardare con sospetto all’istituto della donazione, considerato come un comportamento non naturale, esso comunque permette di collegare all’atto della donazione diversi benefici, specie, ma non solo, di natura fiscale. Per poter massimizzare tali benefici è spesso necessario dotarsi di un’infrastruttura specifica sia perché le norme sono numerose e non di semplicissima interpretazione, sia perché, in alcuni casi, per potere massimizzare tali benefici è necessario dotarsi di un’infrastruttura ad hoc. Per esempio senza la presenza di un intermediario filantropico non è possibile trasformare in donazioni fiscalmente deducibili le risorse che si vogliono destinare per assistere il proprio figlio disabile.

Infine la creazione di un’istituzione è probabilmente l’unica strada percorribile per chi voglia dare continuità alla propria azione filantropica, permettendoci di gestire gli imprevisti che necessariamente contraddistinguono la vita di ogni essere umano. Solo la presenza di un’istituzione può proteggerci contro i nostri sbalzi d’umore o il manifestarsi di esigenze effimere ed eventualmente può consentirci di dare continuità ai nostri valori anche quando non ci saremo più.

Per lungo tempo l’unica modalità per ottenere tutti questi risultati era attraverso la costituzione di una fondazione. In questo modo il fondatore può infatti creare le condizioni affinché una propria volontà possa cristallizzarsi, trasformando così i propri valori ed ideali in una persona giuridica in grado di operare autonomamente. La costituzione e soprattutto la gestione di una fondazione sono però molto costose con la conseguenza che solo i ricchissimi potevano godere di un simile privilegio. L’introduzione avvenuta negli Stati Uniti oltre un secolo fa dell’intermediazione filantropica ha esteso questa opportunità anche a persone con mezzi modesti.

In Italia, la possibilità di poter usufruire ad un costo marginale dei privilegi di una propria fondazione è stata introdotto alla fine degli anni Novanta dalle fondazioni di comunità che però non sono presenti su tutto il territorio nazionale. Oggi, grazie alla Fondazione Italia per il Dono tutti coloro che vivono ed operano nel nostro Paese possono usufruire di questa opportunità e dotarsi degli strumenti e dell’infrastruttura necessari per gestire al meglio le risorse che intendono destinare per il perseguimento di finalità d’utilità sociale e così migliorare la propria vita così come quella degli altri.

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