Cultura

«659 km senza meta. Che follia!»

di Redazione

Di un certo modo di viaggiare lentamente «attraverso strade, paesi, bar, gente e dialetti per raccontare un’Italia a bassa velocità», il giornalista e scrittore Claudio Sabelli Fioretti è stato l’antesignano. Nel 2007 è partito a piedi dalla sua casa di Lavarone, in Trentino, per arrivare a Vetralla, nel Lazio, in compagnia del collega Giorgio Lauro. Un’avventura che i due camminatori hanno descritto nel libro A piedi (ed. Chiarelettere), dove raccontano le peripezie e i disagi che sono stati costretti a subire per portare a termine il loro progetto: 32 giorni di cammino per un tragitto di 659 chilometri, una media di 23 km al giorno.
A suo tempo ha definito l’impresa «una cosa insensata». Si è pentito?
No, tutt’altro. Poteva sembrare una pazzia riferita a noi due, ma sono convinto che andare in giro a piedi faccia bene alla salute e soprattutto alla mente. Non c’è nessuna condizione migliore del camminare. È una forma di esercizio filosofico. Non a caso i filosofi Peritatetici discutevano camminando, perché sapevano che aiuta a pensare. Ma quando io e Giorgio siamo partiti non ci abbiamo pensato: ci siamo messi in cammino senza uno scopo preciso, né religioso, né sportivo, né salutista.
E allora, perché?
Semplicemente per fare quello che esprime bene il termine inglese wandering, cioè andare a zonzo, in giro per caso. Ogni giorno era una sorpresa. Il Cammino di Santiago, al confronto, è quasi una forma di turismo organizzato, dove le tappe e le soste sono stabilite. Abbiamo visto anche l’Italia peggiore, i torrenti marroni per l’inquinamento, la maleducazione.
Cosa ha imparato camminando?
Ho imparato il silenzio. Quando uno cammina molto spesso guarda solo i piedi, è quasi un esercizio ipnotico. Poi il non aver programmi, il non saper mai dove avremmo passato la notte, spesso e volentieri ci obbligava ad andare avanti per forza per trovare un alloggio. Il che a volte equivaleva ad altre due ore e mezzo di cammino.
Cosa è cambiato dopo questa avventura?
Chi scopre il cammino a piedi rimane affascinato, fa poi fatica a viaggiare in macchina. L’automobile fa incazzare, aumenta l’antagonismo, perché bisogna superare a tutti i costi chi ci sta davanti, arrivare prima al casello. Non ti permette neppure di “vedere” le cose. Il primo giorno del mio viaggio sono arrivato in fondo alla Valdastico in una gola, un punto magico. C’ero passato centinaia di volte in automobile, ma non me n’ero mai reso conto, mi è sembrato di vederlo per la prima volta. E poi a piedi si incontrano tante persone. Neanche andare in bicicletta ti avvicina così tanto alla gente, che quando ti vede a piedi ha un atteggiamento più aperto, ti parla più volentieri. Altro che la sosta forzata in un autogrill…

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