La Chiesa si mobilita per aiutare le vittime vere della crisi: i disoccupati e le loro famiglie. La Conferenza episcopale italiana ha deciso di istituire un Fondo di solidarietà di 30 milioni di euro. I soldi saranno raccolti con una colletta nazionale, in tutte le diocesi, il 31 maggio, festività di Pentecoste. La parte mancante per raggiungere la somma stabilita sarà integrata dalla Cei. A beneficiare dell’intervento una categoria di persone molto precisa: famiglie (non società) con almeno 3 figli e totalmente prive di reddito a causa della perdita del posto di lavoro (subordinato). I 30 milioni della Cei funzioneranno come un Fondo di garanzia, presso le banche, per l’erogazione di un “prestito” di 500 euro mensili a famiglia per un anno. Con la possibilità di una conferma, per il secondo anno, se purtroppo la situazione dei beneficiari non sia mutata. L’Abi si è impegnata a proporre l’iniziativa a tutte le banche associate. Gli uffici tecnici della Cei stimano in 20-30mila le famiglie che potrebbero ricevere questo “prestito” che, per ovvie ragioni, è a rischio. L’Abi si assumerà la copertura fino a 300 milioni di euro. Le famiglie in crisi avranno tempo cinque anni per ripagare il debito a tassi che la Cei sta negoziando al ribasso. Se per ipotesi solo la metà delle famiglie dovesse farcela, l’Abi coprirebbe il mancato credito con 120 milioni e la Cei con l’intero ammontare (30 milioni) del suo Fondo di garanzia.
Pio XI, Enciclica «Quadragesimo anno», 1931
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