Mondo
50 anni di Cantona
Il calciatore francese festeggia il compleanno. Da mito calcistico ad artista e poi politico. Tutte le metamorfosi dell'ulitmo eroe romantico.
«Che senso ha scendere in piazza? Per dimostrare? Non è più questa la strada. La rivoluzione è veramente facile oggi: il sistema è costruito sulle banche, quindi deve essere distrutto attraverso le banche. Se i tre milioni di persone che hanno dimostrato andassero in banca e ritirassero i propri soldi le banche collasserebbero».
Questa, nel 2010, è stata l’ultima uscita di un uomo che ormai è leggenda. Eric Cantona, francese idolo in Inghilterra, calciatore, pittore, intellettuale, attore e politico. Oggi compie 50 anni.
La sua caratteristica, prima ancora della tecnica calcistica, è sempre stata la capacità di non essere mai banale. Nei goal come in tutte le altre sue esperienze.
Come il famoso calcio al tifoso. Successe il 25 gennaio 1995, quando Cantona attaccò violentemente un tifoso del Crystal Palace durante una partita di Premier League, tirandogli un calcio e un pugno nel giro di pochi secondi. Anche il tifoso del Crystal Palace fu condannato a una settimana di prigione per avere provocato Cantona con parole e gesti offensivi.
O nel rapporto con i compagni in spogliatoio. «Dovevamo spartirci 15.000 sterline nello spogliatoio per dei diritti su dei video, e dato che non avevamo voglia a dividerci in parti uguali la somma, decidemmo di fare una sorta di lotteria: a chi l'avrebbe vinta sarebbe andata l'intera cifra. I giocatori più giovani però, preferirono ritirare la loro percentuale (800 sterline) senza partecipare, tranne Nicky Butt e Paul Scholes, che invece tentarono la sorte. A vincere fu Cantona, che il giorno dopo si presenta con due assegni con cui girava l'intera cifra a Butt e Scholes. “Era il loro premio per aver avuto il coraggio di scommettere”». Questo era Eric» racconta Roy Keane.
Sono molto orgoglioso che i tifosi cantino ancora il mio nome allo stadio, ma ho paura che un domani loro si fermino. Ho paura perché lo amo. E ogni cosa che ami, hai paura di perderla
Eric Cantona
E con l’allenatore. «La prima volta che parlai con Sir Alex parlavamo con toni western, mancavano giusto le pistole. “Mi chiedo se tu sia abbastanza bravo per giocare a Old Trafford”, mi disse. “Mi chiedo se Manchester sia abbastanza per me” fu la mia risposta».
Naturalmente per i goal in campo
Ma anche per il modo di intendere il calcio. Come quando in “Il mio amico Eric” di Ken Loach, spiega che il momento più bello della sua carriera non è un goal ma un passaggio.
E infine anche nella pubblicità. Prima come giocatore, con la moda del colletto alzato e quel “au revoir” che è diventato leggenda.
Poi come padre nobile della nuova generazione di calciatori, stando sopra la celebre “gabbia”.
Ma in fondo la spiegazione è semplice. «Non sono un uomo. Io sono Cantona»
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