Non profit
5 per mille, due terzi dei contribuenti non lo destinano
Secondo i dati della quarta edizione della ricerca sulle scelte degli italiani di Banca Etica, a destinare una quota dell’Irpef ad un’organizzazione impegnata in attività sociali sarebbe un solo italiano su tre. «Serve l'introduzione di una qualche forma di correttivo e di stimolo nella raccolta», sottolinea il direttore generale dell'istituto, Alessandro Messina
di Redazione
Il Terzo Settore ha avuto e avrà un ruolo importante nella ricostruzione post-pandemia. Il 5 per mille è uno strumento di partecipazione diretta che permette ai contribuenti di destinare una quota dell’IRPEF scegliendo liberamente un’organizzazione impegnata in attività sociali cui devolvere, senza costi aggiuntivi, una parte delle tasse dovute.
Le scelte di destinazione del 5 per mille sono uno specchio degli orientamenti culturali e valoriali degli italiani: a quali cause vengono destinate queste risorse? Che tipo di organizzazioni vengono privilegiate? Quali le differenze tra i diversi territori?
Banca Etica – nata 22 anni fa dall'impegno di tante organizzazioni non profit – presenta oggi alle 16.30 con un webinar su Attiviamo Energie Positive la quarta edizione della ricerca sulle scelte degli italiani per il 5 per mille. Intervengono: Alessandro Messina (direttore generale di Banca Etica); Samanta Bernardini (coautrice della ricerca, Ufficio marketing di Banca Etica); Chiara Saraceno (sociologa); Alessandro Lombardi (Direttore Generale Terzo Settore e Responsabilità Sociale d'Impresa del Ministero del Lavoro). Modera Daniela Preziosi, redazione di Domani.
Un contribuente su tre mette la firma per il 5 per mille: c'è spazio per crescere
Sono circa 14 milioni i contribuenti che hanno scelto di destinare il 5 per mille a un'organizzazione non profit, pari a circa un terzo del totale dei contribuenti. Un dato incoraggiante, che mostra però anche gli ampi spazi di crescita dello strumento del 5 per mille, che non ha ancora coinvolto due terzi dei contribuenti.
I fondi erogati dallo Stato grazie a tali scelte saranno pari a 518,5 milioni di euro per il 2021: si sfiora così il tetto fissato dal Governo che di 520 milioni per il 2020 che diventeranno 525 dal 2021, mentre le reti del Terzo settore continuano a chiedere un ulteriore innalzamento del tetto che viene regolarmente superato dalle scelte dei contribuenti. La crescita dell’importo rispetto al 2019 è del 2,6%. Complessivamente tra 2006 (anno di introduzione del 5 per mille) e 2020 l'importo è cresciuto del 53,5%, mentre il numero di persone che ha scelto di devolvere il 5 per mille è cresciuto del 35,7%.
Al fine di sostenere il Terzo settore nel corso della pandemia Covid-19, il contributo del 5 per mille relativo all'anno fiscale 2019 è stato erogato nel corso del 2020, con un anno di anticipo rispetto al solito. Nel 2021 verrà erogato, invece, il contributo del 5 per mille relativo all'anno 2020.
5 Regioni raccolgono il 74% dei fondi
Il 2020 conferma le tendenze sulla ripartizione del 5 per mille nelle Regioni italiane. Le Regioni che raccolgono i contributi maggiori sono, infatti, quelle in cui storicamente si è sviluppato il non profit e in cui hanno sede le organizzazioni più grandi.
Le prime 5 Regioni italiane per importi nel 2020 sono state Lombardia (36,4%), Lazio (18,4%), Emilia Romagna (6,8%), Piemonte (6,4%) e Veneto (5,9%). Le altre 16 Regioni hanno raccolto il restante 26,1%; 8 regioni hanno percentuali di raccolta inferiori all’1% rispetto al totale.
Se le Regioni che raccolgono di più sono sempre le stesse, ci sono comunque delle Regioni che registrano una crescita interessante tra 2019 e 2020, in particolare: Marche (+9,9%), Basilicata (+7,4%) e Campania (+7,2%).
Aumentano i beneficiari, calano gli importi medi, resta la concentrazione su poche organizzazioni
La platea delle organizzazioni beneficiarie è più che raddoppiata (+131,2%) tra il 2006 e il 2020 passando da 29.840 enti beneficiari a 68.976. Tale aumento ha comportato una diminuzione dell'importo medio erogato alle organizzazioni tra il 2006 e il 2020: si passa da 11.325 (nel 2006) a 7.518 (nel 2020), con una riduzione del 33,6%. Ma lo studio evidenzia una forte concentrazione con poche organizzazioni che raccolgono la gran parte dei contributi, a fronte di una galassia polverizzata di piccole organizzazioni che riescono a raccogliere importi molto contenuti. Le prime sono in grado di mettere in campo sostanziosi investimenti nel marketing (spot, mailing, ecc.), le seconde si basano preferibilmente sul radicamento territoriale, le relazioni con gli stakeholders, la fidelizzazione dei simpatizzanti.
Nel 2020 i primi 10 destinatari del 5 per mille raccolgono più di 138,976 milioni di euro, pari al 26,7% di tutte le somme destinate agli enti destinatari. Se prendiamo in considerazione le prime 50 organizzazioni la somma supera i 218,732 milioni di euro. Si tratta di una tendenza fisiologica che potrebbe essere corretta con meccanismi per calmierare e redistribuire, in modo da limitare divaricazioni eccessive. Una soluzione potrebbe essere quella di prevedere – attraverso la modifica del regolamento per DPCM – la devoluzione di una quota parte dei cosiddetti fondi inoptati (oltre 24 milioni di di contribuenti, circa il 60% del totale) a questa finalità. I fondi inoptati sono quelli derivanti dai contribuenti che firmano semplicemente nel riquadro corrispondente senza indicare l’organizzazione prescelta: tali fondi viene oggi distribuito tra tutti gli iscritti in misura proporzionale alle scelte dirette ricevute dalle organizzazioni, finendo con il favorire ancora una volta le organizzazioni più grandi.
Conclusioni
Alcune tendenze emerse negli scorsi anni restano valide anche per il 2020: la progressiva diminuzione dei contributi a fondo perduto degli enti pubblici a fronte della crescita significativa delle donazioni private. In questo contesto il 5 per mille rappresenta una componente di crescente importanza: quasi il 10% delle donazioni complessive e lo 0,7% delle entrate complessive. E in un anno (il 2020) quello della pandemia dove le raccolte di autofinanziamento e di raccolta delle donazioni (ad eccezione di quelle in ambito sanitario) hanno avuto delle evidenti e naturali difficoltà, il 5 per mille ha accresciuto la sua importanza.
«Dalla nostra ricerca emerge con forza l'importanza del 5 per 1000 per il sostegno e lo sviluppo del Terzo settore. È uno strumento che va ulteriormente rafforzato e sviluppato, Negli ultimi anni sono stati introdotti importanti correttivi o miglioramenti alla misura, nella direzione della stabilizzazione, della trasparenza, dell’accountability. Si tratta di passi in avanti significativi», dice Alessandro Messina, direttore generale di Banca Etica. «Un punto di riflessione non può non essere quello dell'introduzione di una qualche forma di correttivo e di stimolo nella raccolta a favore delle organizzazioni medio-piccole: queste sono il vero scheletro della partecipazione sociale e civile del nostro Paese. Anche se meno importanti dal punto di vista dell’importo, queste raccolte modeste hanno un valore cruciale dal punto di vista della creazione di capitale fiduciario, di coesione sociale, di partecipazione civile. Democratizzare la raccolta fondi verso il non profit attraverso il 5 per 1000, allora, può significare anche questo: ampliare, rafforzare, rendere più equilibrati la diffusione e lo sviluppo del Terzo settore nel nostro Paese».
Il web talk "Un 5×1000 tutto da raccontare"
Dopo lo "Speciale 5 per mille" realizzato da Vita, continuiamo il racconto il prossimo 2 luglio in un web talk: vi presenteremo cosa è stato fatto grazie al 5 per mille nel 2020 a sostegno di tante fragilità e faremo il punto sulle ultime novità e le nuove sfide. Appuntamento alle 17 sulla pagina Facebook e sul canale YouTube di Vita, con tanti ospiti. Di seguito, l'editoriale del direttore Stefano Arduini allo "Speciale 5 per mille" allegato a questo numero di VITA e distribuito con lo scorso 4 giugno con Corriere della Sera e Sette.
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