Non profit
5 per mille (diviso due)
Il limite a 250milioni di euro significa di fatto un dimezzamento delle entrate per il non profit. E guarda con preoccupazione alla gestione di questo ridimensionamento
Una cosa è certa: con un tetto imposto a 250 milioni di euro, il governo farà bene a non chiamare il 5 per mille come tale. Almeno per una questione di dignità lessicale, meglio parlare di 2,5 per mille, visto che il massimale imposto nella nuova Finanziaria dimezza letteralmente le risorse che i contribuenti, con le loro dichiarazioni dei redditi, hanno deciso di destinare nel 2006 al terzo settore.
Resta quello l?anno d?oro per le organizzazioni non profit, il mondo della ricerca e i Comuni, con una destinazione di quasi 500 milioni di euro (pari al 71% delle preferenze espresse nei 730, contro il 41% che era stato preventivato), mentre il 2007 parte con il freno a mano inserito: non importa se le preferenze degli italiani resteranno così alte, il budget del 5 per mille questa volta è stato ben definito dal governo e non potrà superare i 250 milioni.
«Ed è un grave errore», chiarisce senza mezzi termini Maria Guidotti, portavoce del Forum nazionale del terzo settore. «Perché crea una situazione paradossale, un cortocircuito fra il numero di firme espresse a favore del non profit e il limite contro cui queste andranno a scontrarsi», prosegue. «Si arriva a realizzare la ?+Versi -Dai?, cioè una misura in cui più si indica una destinazione al non profit e meno risorse arrivano a buon fine, perché il massimale è già stabilito. Vista la situazione del Paese, i conti difficili, sarebbe stato di certo più opportuno riconfermare la misura stabilendo, in modo transitorio, una percentuale un po? più ridotta, ma con l?obiettivo di riportarla al 5 per mille nei prossimi anni».
«La questione del tetto è davvero assurda», attacca Alberto Bruno, presidente provinciale della Cri a Milano e responsabile della campagna nazionale per il 5 per mille della Croce Rossa italiana. «Mi chiedo con quale criterio il mio 5 per mille sarà stornato, se verrà superato questo massimale».
Preoccupa, in effetti, come il 5 per mille ?calmierato? potrà essere tradotto nella pratica fiscale: dovranno essere ridotte percentualmente tutte le devoluzioni finali, oppure si dovrà procedere sino al traguardo rappresentato dal tetto stabilito, considerando valide le devoluzioni solo fino al raggiungimento della somma limite; le altre, quelle arrivate dopo, verrebbero date per nulle e senza effetto.
Il contribuente che cosa dirà?
«È chiaro che la misura in questo modo viene depotenziata ed è ben al di sotto della volontà manifestata dai contribuenti», commenta Valeriano Canepari, presidente del Caf Cisl, che ha effettuato il monitoraggio più approfondito delle scelte espresse nei 730. «Credo si possa uscire da questa impasse soltanto intervenendo su due fronti», prosegue. «Il novero dei beneficiari, sui quali va stabilito un più rigoroso criterio di selezione. E poi, una definizione dei criteri di gestione di queste risorse, con la richiesta di rendicontare puntualmente i progetti realizzati con i soldi dei contribuenti».
La bozza acquisita dal governo, grazie a un emendamento presentato e strenuamente difeso dai senatori Bobba, Iovene e Ferrante, già procede in questa direzione: sono stati eliminati dal novero delle organizzazioni beneficiarie i soggetti non riconosciuti e non iscritti ai registri, ed è stata concessa una percentuale dello 0,5% sul totale della raccolta a finanziamento dell?Agenzia delle onlus. Molto in bilico, nel momento in cui scriviamo, la situazione dei Comuni: la loro uscita dalla rosa dei destinatari potrebbe dare respiro al non profit: gli enti locali hanno infatti ricevuto quasi il 15% delle preferenze.
Ma sulla loro ingombrante presenza nel 5 per mille alcuni esponenti del governo hanno dato battaglia, chiedendone il mantenimento e forzando la modifica proposta dai senatori.
Polemica sui Comuni
«Mi pare giusto che i Comuni siano estromessi dalla rosa dei beneficiari», commenta Marco Granelli, presidente di Csv.net. «Le attività ?sociali? che gli enti locali sono chiamati a realizzare sono legate ai livelli essenziali di assistenza e alla fiscalità ordinaria, non alla scelta volontaristica dei cittadini».
Sulla stessa lunghezza d?onda, in merito al tetto del 5 per mille, anche Marco De Ponte, segretario generale di Action Aid Italia: «Non è una questione economica, ma politica», dice. «Se lo Stato vuole garantire progetti e servizi che già gli competono, allora deve farlo attraverso la tassazione ordinaria. Ma se deve promuovere servizi che realizzano pienamente la sussidiarietà, allora deve lasciare la scelta ai cittadini».
«O il 5 per mille si stabilizza e si trasforma in una misura strutturale nell?ambito della fiscalità», aggiunge Angelo Ma ramai, direttore amministrativo di Telethon, «oppure, se resta un?iniziativa calata dall?alto – cosa che ha rappresentato un po? il suo difetto all?origine – rischierà sempre di essere stravolta di anno in anno. Speriamo dunque che il tetto possa essere rimosso e che si realizzi una stabilizzazione. E nel frattempo non dimentichiamo quanto importanti e certe sono state altre misure, a cominciare dalle agevolazioni fiscali alle donazioni, sulle quali sarebbe positivo un ampliamento ».
Quanto sarà ridotto il 5 per mille con la finanziaria per il 2007:
A parità di beneficiari –
Tetto raggiunto nel 2006: 468 milioni
Tetto max 2007: 250 milioni
Riduzione percentuale: -53,4%
Escludendo i Comuni dal novero dei beneficiari, riduzione percentuale: -37,18%
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