Non profit

5 per mille/ Ci vuole più equilibrio tra piccoli e grandi

Il mercato delle donazioni è troppo concentrato in poche sigle. Il rischio è quello di perdere il rapporto con i territori...

di Maurizio Regosa

«Un fatto straordinario, che ha dell?incredibile. Vuol dire che la cittadinanza ha ben accolto il principio di sussidiarietà fiscale»: è la reazione a caldo di Stefano Zamagni, presidente dell?Agenzia per le onlus. Il quale, essendo il professore che è, recupera subito il sangue freddo e aggiunge: «Questi dati ci dicono almeno tre cose».

Vita: Quali?
Stefano Zamagni: Primo, che questa adesione è un grande risultato. La seconda indicazione è l?indice di concentrazione. Le prime cinque, sei sigle hanno ottenuto un numero di consensi, chiamiamoli così, eccessivamente elevato.

Vita: Cosa vuol dire?
Zamagni: Che il ?mercato? delle donazioni è non competitivo, ma di tipo oligopolistico. Sono due le interpretazioni. Secondo la prima, le sigle che hanno ottenuto il 70% degli emolumenti sono più brave. Per la seconda, le grosse associazioni hanno una capacità di azione sui potenziali donatori che è più legata alla loro capacità di marketing sociale che al merito. Il problema è vedere quale delle due interpretazioni è più fedele alla realtà.

Vita: La concentrazione non è positiva?.
Zamagni: No, perché l?idea della sussidiarietà fiscale è legare il fisco al territorio, non a grosse realtà nazionali o sovranazionali. È stato tradito o meno lo spirito della sussidiarietà? Se questi soldi vanno a grosse organizzazioni non territoriali, viene meno la ratio del provvedimento.

Vita: Il terzo messaggio dei dati?
Zamagni: Bisogna mettere mano al regolamento d?attuazione. Su questo l?Agenzia è impegnata: per ottobre contiamo di ultimare una proposta di regolamento alternativo a quello esistente, che non funziona come dovrebbe.

Vita: Su quali punti state lavorando?
Zamagni: È necessario stabilire parametri che aiutino il cittadino donatore a calibrare la propria scelta. Questo vuol dire cominciare a mettere mano alla percentuale del budget che ciascuna realtà destina al mantenimento della struttura. Se un?organizzazione destina più del 20% del budget al mantenimento di sé vuol dire che non è una onlus, anche se si chiama tale. Per la struttura si dovrebbe fissare un tetto di spesa al 20%, al massimo al 25% del budget. E le organizzazioni dovrebbero autocertificarlo.

Vita: Il secondo parametro?
Zamagni: Oggi si tende a valutare l?output, cioè la produzione di beni o servizi. Secondo me occorre invece guardare all?outcome, cioè quanto quella produzione è valsa a raggiungere gli obiettivi di utilità sociale. Dobbiamo implementare il bilancio di missione. Su questo l?Agenzia ha creato una squadra di lavoro che fra sei, sette mesi produrrà un risultato. Poi dobbiamo arrivare al rating etico.

Vita: È il terzo pilastro?
Zamagni: Sì: vanno individuati parametri oggettivi per valutare la meritorietà della donazione.

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