Anche se pochi personaggi – annidati nei media più conservatori come gli ultimi soldati giapponesi dopo la caduta del Tenno – negano ancora i cambiamenti climatici provocati dal global warming , l’ assoluta maggioranza degli scienziati non nutre ormai più dubbi sul rapido mutamento del clima terrestre.
Ma sacche non del tutto trascurabili di divulgatori scientifici ancora esprimono dubbi sul fatto che tali rivolgimenti siano effetto delle attività umane, rifacendosi a possibili influenze solari, a ere geologiche in cui a Terranova si coltivava la vite e ad altri esempi di corsi e ricorsi storico-climatici più o meno attendibili.
Queste posizioni pubbliche, diffuse anche su importanti e autorevoli media, contribuiscono ad abbassare le difese, a tranquillizzare i politici – interessati più che al futuro dell’Umanità agli esiti delle prossime elezioni – e a diluire ogni possibile intervento teso a rallentare il declino.
Declino che tuttavia avanza a tappe forzate. A maggio l’osservatorio posto a 3400 metri d’altezza sul vulcano Mauna Loa nelle Hawaii che tiene sotto controllo lo stato dell’atmosfera, ha certificato che la concentrazione media di anidride carbonica nel sottile strato d’aria che circonda la terra è arrivata 400 parti per milione.
Si è così superata, in poco più di due secoli da quando la concentrazione era di 280 parti per milione, la soglia oltre la quale, stando agli studi più accreditati, i danni potrebbero essere irreversibili.
Già nel Pliocene, più di due milioni di anni fa, le analisi stratigrafiche rivelano che questa concentrazione era stata raggiunta.
La temperatura globale era di 3 o 4 gradi più alta (e il limite dei 4° di aumento sta già paurosamente apparendo su nostro breve orizzonte temporale), i mari erano di molti metri più alti, i primi ominidi percorrevano le terre inseguendo mastodonti e inseguiti da tigri dai denti a sciabola. Gran parte della Penisola era sott’acqua e il mare andava da Venezia a Torino.
Eppure, ancora troppi – nonostante i tanti parossismi climatici degli ultimi anni, dai tornadi alle alluvioni, dalle siccità spaventose alle gelate improvvise – ritengono gli allarmi esagerati: “Niente panico! “ è lo slogan : danni peggiori, se arriveranno, dopo il 2070, saranno contenuti e compensati da tanti vantaggi come l’accesso a ricchezze minerarie consentite dalla dissoluzione dei ghiacci, la possibilità di estendere verso i Poli le aree agricole e altri che l’immaginazione dei negazionisti potrà concepire.
E così, allegramente, si continua a succhiare, con sistemi più o meno devastanti, combustibili fossili dalle viscere della terra per abbeverare milioni di Suv e industrie inquinanti, per alimentare riscaldamenti e condizionatori domestici, a distruggere le foreste tropicali, a inquinare i mari e le terre emerse in una spasmodica corsa verso uno sviluppo che sempre più sta dimostrandosi letale per l’unico Pianeta che presenti il miracolo della vita.
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