Welfare
4 cose da fare quando qualcuno viene attaccato per la propria religione davanti a noi
Per fare fronte alle aggressioni verbali contro le persone di fede musulmana, la città di Boston ha lanciato una campagna per aiutare chi è testimone di un episodio di violenza discriminata ad intervenire, rassicurando la vittima e togliendo potere all’aggressore
Cosa fare quando davanti a noi qualcuno viene attaccato per la propria religione? A Boston nell’ultimo mese si è parlato moltissimo di islamofobia e di come comportarsi davanti alla violenza e alla discriminazione, dopo che un uomo di trentaquattro anni aveva letteralmente assalito una signora di 61, che indossava il chador, accusandola di avere nascosto sotto al vestito una “bomba che ci ucciderà tutti”.
È per questo che l’amministrazione locale ha stilato per i suoi cittadini delle vere e proprie linee guida, così da suggerire cosa fare quando ci si trova davanti a un episodio di questo tipo. 50 poster attaccati nei mezzi pubblici e in giro per la città, per spiegare, in quattro mosse, cosa fare quando si è testimoni di questi attacchi.
- Ignorare la persona violenta, avvicinarsi invece a chi viene offeso, cercando di apparire calmo e casuale.
- Trovare un argomento di conversazione a caso e iniziare a parlare, ignorando la persona violenta. Può essere qualsiasi cosa, dal tempo, all’ultimo film che si è visto, fino ad un complimento su un accessorio indossato.
- Mantenere il contatto visivo con la vittima dell’attacco. Ignorare la persona violenta che, vista la mancanza di attenzione, secondo le linee guida, sarà così spinta ad andarsene.
- Continuare la conversazione fino a quando la persona aggressiva non se ne va. Accompagnare la vittima dell’attacco in un luogo neutrale sicuro e rispettare la sua volontà se invece vuole essere lasciata sola.
Postilla ovvia ma necessaria: nel caso in cui l’aggressore sia armato o si dimostri effettivamente molto violento, è bene chiamare le forze dell’ordine. A fine maggio, a Portland, due persone sono state accoltellate, mentre cercavano di difendere due donne musulmane.
Secondo WBUR, il network che ha dato per primo la notizia dell’iniziativa, la tecnica usata dal poster è basata sul cosiddetto “comportamento non complementare”, che contribuisce a ridimensionare la situazione togliendo attenzione, e quindi potere, all’aggressore.
“Il clima nel Paese è sicuramente molto diverso in questa amministrazione della Casa Bianca”, ha dichiarato a WBUR Yusufi Vali, direttore esecutivo dell’Islamic Society of Boston Cultural Center. “La comunità musulmana di Boston sente ciò che sente il resto della nazione: molta incertezza e un senso di insicurezza”.
I crimini d’odio, specialmente quelli contro le persone di fede musulmana, sono aumentati moltissimo negli due ultimi anni, secondo il Southern Poverty Law Center. Da una ricerca pubblicata dal centro risulta infatti che il numero dei gruppi anti-musulmani negli Stati Uniti è aumentato del 197% da 34 nel 2015 a 101 nell’ultimo anno, ma vengono difficilmente denunciati, anche per questo la raccolta di dati a riguardo e lo sviluppo di misure efficaci contro il fenomeno risulta particolarmente difficile, tanto che il sito di inchieste ProPublica ha lanciato Documenting Hate, un database per raccogliere proprio questi episodi.
Le strategie suggerite dai poster, che rimarranno appesi per sei mesi, potranno essere applicati anche in molti altri casi di discriminazioni.
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