Welfare

30 milioni di corpi violati

Leggete questi numeri

di Redazione

In Egitto questa pratica tribale riguarda l’84%
delle ragazze, sia musulmane che copte. Ora le autorità delle due religioni hanno deciso di dire bastadi Rassmea Salah
Immaginatevi tre milioni di peni mutilati l’anno. Senza anestesia e con materiali taglienti di fortuna. Assurda fantasia, direte voi, considerato il fatto che persino la medicina si è ingegnata per sostenerli, e non in senso figurato, con la magica pillolina blu.
Immaginatevi ora tre milioni di vagine mutilate l’anno. Senza anestesia e con materiali taglienti di fortuna. Triste e raccapricciante realtà, vi dico io. Tante infatti sono le ragazze che ogni anno nel mondo si vedono tagliare tutto o parte del clitoride attraverso una barbara pratica conosciuta come “mutilazione genitale femminile”. E tenendo conto che l’organo sessuale femminile concentra il doppio delle terminazioni nervose di quello maschile, direi che l’iniziale paragone non è poi così assurdo.
I Paesi nel mondo che praticano questa barbarie sono 28, e in genere siamo portati a pensare che siano solo laggiù, lontani, in Africa, in Medio Oriente e in parte dell’Asia. Ma oggi il problema ci riguarda da vicino, perché con il fenomeno delle migrazioni e dei richiedenti asilo politico, le Mgf si sono diffuse anche negli Stati Uniti, in Europa, in Australia, e in Nuova Zelanda.
L’Organizzazione mondiale della sanità ha recentemente stilato una classificazione delle mutilazioni, presentandone quattro tipi: 1) clitoridectomia: parziale o totale rimozione del clitoride; 2) escissione: rimozione delle piccole (spesso anche grandi) labbra in aggiunta alla clitoridectomia; 3) infibulazione: restringimento vaginale con chiusura ermetica creata tagliando e avvicinando le piccole e/o grandi labbra, con o senza escissione del clitoride; 4) tutte le altre tipologie dannose condotte per scopi non terapeutici: puntura, piercing, raschiatura, ecc.
Secondo la Foundation for Women’s Health, Research and Development, in Gran Bretagna sarebbero 66mila le donne che hanno subìto la mutilazione nel Paese d’origine prima della migrazione, e ben 6.500 le ragazze inglesi di seconda generazione che ogni anno rischiano di essere mandate in vacanza nei Paesi d’origine appositamente per essere mutilate.
Quando nel 2003 è diventato illegale portare le ragazze oltremanica per l’escissione, alcuni gruppi per i diritti delle donne e per la liberazione della donna dalle mutilazioni hanno scoperto che certe comunità, per evadere questa legge, organizzavano addirittura dei “Mgf-parties” invitando fino a 20 inconsapevoli ragazze alla volta, per farle mutilare da una “cutter” fatta arrivare apposta in Gran Bretagna.
Nel mio Paese d’origine, l’Egitto, la percentuale delle ragazze musulmane e copte mutilate, tra i 10 e i 19 anni, si aggira intorno all’84%, una cifra ancora troppo alta se si considera che nel 2007 il gran mufti dell’Azhar, Alì Gomaa, ha lanciato una fatwa contro le Mgf dichiarandole contro la religione islamica. Lo stesso imam, insieme con il Papa della Chiesa cristiana copta, hanno con forza affermato che la Mgf appartiene ad una tradizione tribale che nulla ha a che fare con la religione e che né il Corano né la Bibbia prescrivono né tanto meno citano questa pratica.

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