Politica
26 maggio al voto! #stavoltacapisco
Per il direttore generale di Federcasse, Sergio Gatti, «l’Europa deve essere giusta e mutualistica. Capace di non lasciare indietro nessuno, di non annullare le identità, di stimolare talenti ed eccellenze, di non deprimere le fragilità»
di Sergio Gatti
#stavoltavoto è l’iniziativa del Parlamento europeo per convincere i 400 milioni di cittadini aventi diritto a recarsi al seggio sotto casa per scegliere chi guiderà a Bruxelles le istituzioni europee nei prossimi cinque, delicatissimi anni. Accanto a #stavoltavoto, mettiamoci anche #stavoltacapisco.
Mentre ci prepariamo (speriamo…!) per andare a utilizzare l’unica leva politica democratica che possiamo azionare – scegliere candidati e simbolo del Parlamento europeo che insieme alla Commissione scriverà le regole del vivere da europei fino al 2024 — può essere utile dare uno sguardo alle politiche di coesione che abbracceranno i sette anni dal 2021 al 2027.
La prima buona notizia è che le risorse per l’Italia rispetto ai sette anni 2014-2020 crescono del 6% per un totale di oltre 43 miliardi di euro a prezzi correnti. La coesione è il punto debole della vita attuale tra cittadini e tra Stati membri. La coesione che propongono le risorse economiche messe a disposizione dall’Unione europea è invece molto ampia ed abbraccia tutti i grandi temi che hanno a che far con la stessa tenuta del tessuto sociale.
Occorre conoscerle, queste risorse. Sapere come attirarle, renderle un moltiplicatore. Costituiscono una forma basilare di mutualità economica. Mettere insieme un po’ di denari nazionali e regionali per integrarli con quelli europei.
La seconda buona notizia sta nelle novità poste dai cinque obiettivi macro-politici che si pongono le politiche di coesione 2021-2027:
- Una Europa più “intelligente” (innovazione, digitalizzazione dell’attività economica e delle amministrazioni pubbliche, trasformazione dell’economia, sostegno alle piccole e medie imprese);
- Una Europa più verde e priva di emissioni di carbonio attraverso l’attuazione dell’accordo sul clima di Parigi;
- Una Europa più connessa, dotata di reti di trasporto e digitali strategiche;
- Una Europa più sociale, attuando il “pilastro europeo dei diritti sociali”, sostenendo l’occupazione, l’inclusione sociale e un equo accesso alla sanità;
- Una Europa più vicina ai cittadini, che sostenga strategie di sviluppo gestite a livello locale e uno sviluppo sostenibile delle zone urbane, rurali e costiere.
I due grandi silos dai quali attingere risorse sono il Fesr — Fondo europeo per lo sviluppo regionale e il Fse+ (Fondo Sociale Europeo plus).
Ma, soprattutto, il nuovo quadro normativo vede adesso oltre 80 procedure semplificative, proposte dalla Commissione, rispetto a quanto definito per le programmazioni precedenti. Un’opportunità in più per il nostro Paese che, sappiamo, non ha mai brillato per capacità di utilizzare al meglio questa enorme opportunità di sviluppo resa possibile proprio dalla partecipazione al sodalizio europeo.
Sappiamo però che non saranno solo le risorse economiche e il loro uso onesto, intelligente ed efficace (sarebbe comunque già un trionfo) a far rinascere la voglia d’Europa. Servirà capire che non abbiamo alternative: o un’Europa certamente più attraente e capace di quella che ora percepiamo oppure l’inconsapevole scivolamento verso la separazione dei Paesi in un mosaico non sempre trasparente di nuovi Imperi. Le quattro grandi potenze economiche, militari e, in due casi, demografiche — Usa, Urss, Cina e India — hanno di per sé tentazioni imperiali. E più o meno grande capacità di seduzione. Nessuno dei grandi fenomeni (trasformazione del lavoro, clima, disuguaglianze, flussi di popolazione, sicurezza) è gestibile in proprio da nessun Paese. Neanche dal più ricco. La tentazione di fare da soli è effimera.
Europa deve essere anticiclica: proteggere di più quando le crisi economiche mordono maggiormente.
L’Europa (ma va’…!) deve essere fondata sulla civiltà europea. Quel mix inimitabile di protagonismo delle persone, fatte di testa-cuore-sentimenti (non di emozioni e pregiudizi, ma di sentimenti e giudizi) diritti, democrazie, bellezza.
L’Europa deve essere giusta e mutualistica. Capace di non lasciare indietro nessuno, di non annullare le identità, di stimolare talenti ed eccellenze, di non deprimere le fragilità.
Dunque. È vero che le risorse finanziarie delle politiche di coesione non saranno l’unico ingrediente del collante necessario. Ma intanto è un ingrediente indispensabile. A portata di mano per i soggetti dell’economia e della finanza civile.
#Stavoltacapisco. Anche andando, sempre con senso critico ma costruttivo, sul sito What Europe Does For Me.
*Sergio Gatti è direttore generale di Federcasse
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